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Fratelli di sangue, di fede e di passione: il Derby della Mole visto con il #CuoreGranata

Fratelli di sangue, di fede e di passione: il Derby della Mole visto con il #CuoreGranata - immagine 1
Nuovo appuntamento con "#CuoreGranata", la rubrica di Andrea Arena
Andrea Arena Columnist 

Quando mi ha chiamato Enzo, mio fratello di sangue e non solo di tifo, ho capito subito che non potevo dire di no. Enzo vive in Sicilia, lontano dal cuore pulsante del nostro Toro, ma la distanza non gli ha mai impedito di sentire il richiamo di quel granata che scorre nelle vene. Stavolta, la sua richiesta era chiara: “Voglio venire a vedere il Derby della Mole”. Per un attimo ho pensato al momento nero della squadra, al caos che sembra avvolgere ogni aspetto della società. Ma come si fa a dire di no a chi ti ha trasmesso questa fede o, per molti, questa malattia?

Per organizzare tutto, ho chiamato Graziano. Lui non è mio fratello di sangue, ma è come se lo fosse. Con Graziano ho vissuto una delle pagine più belle della mia storia di tifoso: lo spareggio contro il Mantova. Quel viaggio da Milano a Torino, quell’ingresso nel campo Filadelfia che era ancora in rovina. L’ingresso da un buco nella recinzione solo per vedere quel cumulo di macerie che era rimasto del campo da gioco del Grande Torino, quelle due porte dai legni consunti, quel luogo abbandonato ma che, non solo per noi, era più importante di una cattedrale. Quel gol di Davide Nicola, quei 75mila granata al Delle Alpi: ricordi che ci hanno unito per sempre. Graziano, manager con mille impegni, non ci pensa due volte: “Va bene, faccio tre biglietti: due adulti e uno per Tiziano, tuo figlio”. Eh sì, Tiziano viene sempre con me.

Parlando con Graziano, emerge un’idea: portare anche suo fratello Massimo. Lui è un artista con una vita movimentata. Ha suonato la tromba con Roy Paci, ha calcato palchi con Moni Ovadia. Noi, sempre incastrati tra numeri e scadenze, lo invidiamo un po’. Portare con noi quello spirito libero sarebbe un valore aggiunto. “Va bene, vediamo se ci sta”, mi dice Graziano. E così, il nostro gruppo si allarga. Poi c’è Alessio. Che personaggio, Alessio! Dalle Marche, non manca mai, figurarsi il derby. Ogni volta, parte da Osimo con la sua numerosa truppa tra cui suo papà Riccardo, suo figlio Riky e il piccolo Valerio, chiamato così in onore di Bacigalupo. Alessio ha una destinazione precisa: il Bar Sweet, davanti al Filadelfia. Da lì, punta dritto verso la Maratona, il cuore pulsante del tifo. Io, invece, sarò nei distinti con Enzo, Graziano e gli altri amici di ToroMio. Massimiliano, uno degli instancabili di ToroMio, ci aspetta ed è una enciclopedia vivente sul Toro. Poi c’è Paolone, che gestisce la Biblioteca Granata: oltre 400 testi sul Toro, raccolti in 14 categorie e messi a consultazione di tutti. Questi sono i veri gesti granata, quelli che uniscono e fanno vivere il Toro oltre il campo.

Maratona o distinti? Sì, lo so: molti mi criticheranno perché scelgo sempre i distinti. Lo capisco, il cuore del tifo batte in Maratona. Ma io sono un romantico. Mi piace osservare quel muro umano granata da una prospettiva esterna. Dai distinti, vedo i colori, le bandiere, i volti. Vedo quel mare granata che mi fa battere il petto. Da lì, osservo e mi emoziono, come il professor Keating nel film "L’Attimo Fuggente" che sale sulla cattedra per guardare il mondo con occhi diversi. Quante volte ho pianto guardando quel muro di passione.

Un derby segnato, ma non per noi Eppure, ogni volta che penso al derby, il cuore si stringe. Con Cairo, questa sfida è diventata una ferita aperta: una sola vittoria in quasi vent’anni. Il nostro destino calcistico sembra segnato, ma noi tifosi non molliamo. Lo sappiamo: il nostro derby l’abbiamo già vinto. Lo vinciamo ogni volta che ci ritroviamo, che ci uniamo, che cantiamo più forte delle delusioni. Ora tocca a Vanoli e ai suoi ragazzi, a questa armata brancaleone che deve provare a scrivere qualcosa di diverso.

Nei giorni scorsi mi ha richiamato Enzo. Questa volta aveva un’altra richiesta: “Riusciamo a trovare un biglietto anche per Bryan?” Bryan è suo figlio, nato a El Salvador e arrivato in Italia da piccolo ma non troppo. Oggi è un giovane uomo che, dopo la scuola, ha trovato la sua strada e lavora a Valeggio sul Mincio. Noi Arena siamo orgogliosi di lui. Anche se non glielo diciamo mai, anzi, gli rompiamo pure le scatole perché come prima squadra ha deciso di tifare Roma. E come dargli torto dopo aver visto le magie di Totti? Ma Bryan ha un debole per il granata, e chissà che non ci porti un po’ di fortuna.

Nella mia testa risuona Fabrizio De Andrè: Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori. Questo Toro deve lottare, deve muoversi, deve credere. Per una volta, fate qualcosa di eccezionale. Qualcosa che non avete mai pensato di poter fare. Noi ci saremo, come sempre. E voi? Carpe diem, Toro.

Sono business partner di uno dei principali player internazionali nella formazione aziendale dove promuovo il cambiamento e il miglioramento delle prestazioni individuali e di squadra all’interno delle organizzazioni. Lo sviluppo delle competenze, la ricerca dell’empatia e la comprensione delle persone mi portano a vivere la vita e l’innovazione come fattori positivi e distintivi delle relazioni.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.

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