Approfitto della sosta per ringraziarvi dell’accoglienza che avete riservato alla mia rubrica: tantissimi commenti, mail private, attestati di stima. Sono passati vent’anni (ahimé…) dalla prima edizione di “Belli e dannati” e molti di voi ancora mi ringraziano per quel libro citandone interi paragrafi a memoria, non esiste onore più grande per un granata come me.
columnist
Gallo, Zaza, Baselli: l’azzurro dipende solo da voi
Mi preme spiegare il senso della mia collaborazione con Toronews, nata da un’idea mia e del direttore Gianluca Sartori. Scrivo su queste colonne in una doppia veste: quella di giornalista tifoso e quella di esperto in psicologia sportiva. In ordine alla prima, ho la fortuna di non essere a libro paga di nessun editore per cui posso permettermi di scrivere quello che penso. In ordine alla seconda, provo a dare un piccolo contributo facendo luce su un tema di cui si sa ancora poco: quello dell’allenamento mentale e della psicologia nello sport. Al proposito, volevo rassicurare alcuni fratelli granata che ipotizzano voglia farmi pubblicità o cercare lavoro attraverso Toronews. Tranquilli, sono a posto. Da anni vivo facendo lo scrittore e collaborando con diversi giornali e istituti di ricerca psicosociale. Dal 2013, con grande soddisfazione, la mia attività principale è diventata quella di mental coach degli sportivi professionisti.
Un’ultima precisazione, visto appunto che quello del coaching è un argomento di cui si sa quasi nulla: alcuni amici del sito credono che il valore di un mental coach, come quello di un’azienda, si misuri dal “portfolio clienti”. Non è cosi: 1) C’è ancora molto “machismo” negli spogliatoi delle squadre di calcio; l’idea dominante è che farsi aiutare non sia una cosa da “veri uomini”, indi per cui un buon 50 per cento dei giocatori non desidera far sapere che si avvale della collaborazione di un mental coach o di uno psicologo sportivo. Il desiderio di privacy, ovviamente, cresce proporzionalmente alla notorietà 2) E’ molto più gratificante e professionalmente rilevante prendere un giocatore in Primavera o in Serie D e aiutarlo ad arrivare in Serie B che assistere un giocatore già affermato.
Scusate il preambolo e veniamo a noi. Ci sono tre giocatori granata che, pur essendo nel giro della Nazionale, sono stati lasciati a casa da Mancini in occasione dell’ultima convocazione: Belotti, Zaza e Baselli.
Il caso più eclatante è ovviamente quello del Gallo, titolare pressoché indiscusso negli ultimi due anni ma per la seconda volta consecutiva bocciato dal ct.
Cosa può fare Belotti per riconquistare la Nazionale? Penso che il Gallo debba focalizzarsi esclusivamente su due aspetti: da una parte il lavoro quotidiano e il miglioramento dei fondamentali (un po’ quello che fece Pulici con Giagnoni); dall’altra la focalizzazione sul presente, sul cosiddetto “qui e ora”. Andrea è incatenato dal peso del recente passato (i 26 gol di due anni fa, la clausola da 100 milioni) e dalle aspettative legate al futuro (tornerà a fare 26 gol? Chi è veramente Belotti?). Ribalti la prospettiva: il passato è… passato e il futuro è un’ipotesi: esiste solo il presente. Per ritrovare sé stesso il Gallo deve entrare nella prospettiva che ogni giornata di allenamento è il più grande tesoro a sua disposizione. Anche in partita non esistono né passato né futuro, esiste soltanto il singolo attimo da vivere al meglio delle proprie possibilità, esistono la generosità, la corsa, la grinta, tutte quelle qualità che lo hanno reso un nostro beniamino.
Diverso il discorso per Zaza, il cui arrivo e il cui passato bianconero hanno fatto storcere il naso a molti tifosi. Zaza era motivatissimo a venire giocare nel Toro, ci ha atteso mesi, ci ha preferito alla Samp e ha sempre dichiarato che il Toro è la squadra che più rispecchia il suo carattere. Bene, ora dimostri con i fatti la sua motivazione. Per fatti non intendo solo i gol, ma intendo l’atteggiamento, la postura, il linguaggio del corpo. Contro il Parma è entrato saltabeccando per il campo, mai uno scatto che bruciasse l’erba, sempre il volto un po’ intontito, qualche dribbling velleitario da amichevole infrasettimanale. Credo che per Zaza il ritorno in Nazionale passi esclusivamente dall’approccio motivazionale e dall’investimento emotivo con cui vivrà la sua avventura in granata. E’ giunto il momento che capisca che non conta quanto gioca, ma conta come gioca (in questo senso è esemplare l’atteggiamento di Parigini). Meglio trenta minuti da leone che novanta a ciondolare per il campo. Simone ha qualità e quantità, non deve fare altro che mettere in campo i suoi punti di forza.
Infine Baselli. A mio avviso Daniele ha carattere, non sono d’accordo con chi ritiene sia un giocatore senza attributi. Lo ha dimostrato con il Parma, quando ha preso in mano la squadra ed è stato di gran lunga il migliore in una giornata in cui quasi tutti i suoi compagni si sono dati alla macchia. Baselli inganna perché ha la faccia triste e sta con le spalle basse. Molte persone camminano a testa bassa perché sono depresse, ma capita anche il contrario: molte persone sono depresse perché camminano a testa bassa. Sono vere entrambe le cose, un circuito vizioso di fisiologia e neurologia. La postura e i gesti aiutano a controllare lo stato d’animo. L’uso che un calciatore fa della propria fisiologia è uno degli elementi che più determinano la sua prestazione. Cosa intendiamo per fisiologia? Il modo di muoversi, i gesti, il respiro, il modo di correre, la posizione della testa e delle spalle, tutte le rappresentazioni che il corpo dà di sé stesso prima e durante la performance. Baselli potrà fare il definitivo salto di qualità quando limerà i suoi limiti atletici, quando in campo non avrà più paura di tentare giocare difficili e quando, finalmente, alzerà il livello del suo stato d’animo giocando a petto in fuori e testa alta.
Marco Cassardo, esperto in psicologia dello sport e mental coach professionista. E’ l’autore di “Belli e dannati”, best seller della letteratura granata.
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