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columnist
Giaccherini, che nervoso mi fai venire, Giak.
Ti aspettavo l’altr’anno al Toro. Mi ha sempre divertita vedere giocare i tuoi pochi chili e la tua scarsa altezza. Ti sai infilare in impercettibili spazi, resisti a chi ti sovrasta di venti centimetri e pronto, gol!
Mi piace il tuo curriculum che conosce bene il calcio di provincia, Forlì, Igea Marina. Mi piace la concretezza di chi si chiede se non sia meglio tornare alla vita reale e smettere di giocare. La fabbrica, un posto fisso. Mi piace chi poi, alla fine, decide di investire tutto il coraggio e la determinazione che ha, ci crede, non molla. E arriva il Cesena, la Juve, il Sunderland. Problemi fisici, poche giocate e fiducia a scalare. La scommessa di ripartire dal Bologna. E poi, nel 2016, il Toro. Ah no mannaggia, al Toro no, non ci sei venuto, perché quando ormai c’era solo da firmare il contratto, si è presentato il Napoli con la mano in tasca, dalla parte del portafoglio. Eppure c’erano degli accordi. Eh be’, ma il Napoli è il Napoli. Il Napoli, è dove verrai pagato tanto, per giocare poco. Perché i giocatori sono precari di lusso, l’agente è interinale, mica sentimentale.
E ora un nuovo giro di giostra, il procuratore che va alla radio a testa bassa, cappello in mano, si scusa con Cairo per aver girato le spalle al Toro quando si era già con la penna in mano, a sorridersi. Cairo che se vede il numero dell’agente interinale sul cellulare, stacca.
Dove finirai Giak?
Non al Toro, mannaggia a te.
Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.
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