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Gli anni ottanta del calcio granata
Gli anni Ottanta accolgono un Torino reduce dai fasti dello scudetto del '76. Un risultato eccellente frutto di una ricostruzione decennale del club che va dai giocatori ai dirigenti. Dati i fasti del decennio appena trascorso, le aspettative si mantengono altissime, e c'è chi predice una versione moderna degli Invincibili.
La prima stagione si apre sotto il segno dell'eccellenza. Il girone d'andata produce grandi emozioni, e l'avvento dell'olandese Van de Korput, prelevato dai nostri dal Feyenoord, si rivela vincente ed entusiasmante. Ma le frecce all'arco cominciano a esaurirsi e il Toro si classifica con un deludente nono posto. Arriva comunque a disputare la finale di Coppa Italia, perdendola contro la Roma ai calci di rigore. La stagione successiva è segnata dall'abbandono di Pecci e Graziani, e si conclude con un altro nono posto. Anche in questa occasione i granata riescono ad accedere alla finale di Coppa Italia, perdendola però contro l'Inter di Bersellini.
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Orfeo Pianelli, malgrado una brillantissima carriera, si vede costretto dalla situazione di precarietà finanziaria della società a cedere il club. La sua dipartita è un duro colpo per i tifosi e la storia stessa di una squadra alla quale ha dedicato tutte le sue energie. Subentra al suo posto Sergio Rossi, incaricato di ripartire da capo con una squadra tutta nuova. Altro colpo di cannone è l'abbandono di Paolo Pulici, una ferita che fatica a rimarginarsi. La sua assenza pesa sul morale dei compagni ma l'arrivo di atleti come Selvaggi, Galbiati, Borghi, Torrisi, Corradini e Hernandez è il segnale di un percorso di rinnovamento che guarda al futuro.
I tifosi reagiscono amplificando il loro sostegno e gli abbonamenti raddoppiano. Il campionato '82-'83 si conclude con un ottavo posto. Ma è l'anno successivo che i frutti della ricostruzione cominciano a farsi vedere: stagione soddisfacente e un quinto posto di tutto rispetto. Il ritorno di Gigi Radice viene salutato nella stagione ‘84-’85 con un’ovazione quasi fanatica. La consapevolezza che con la sua guida il Toro possa ambire al primo posto è così alta che per tutta la durata del campionato si sarà sorretti da questa convinzione. Ed è solo per via di un olimpico Verona, guidato da Osvaldo Bagnoli, che i nostri si piazzeranno secondi, risultato che lascia l’amaro in bocca. Vincere lo scudetto avrebbe significato per Radice compiere lo stesso miracolo che conseguì nel ‘76. Ma il piazzamento è comunque un ottimo segnale di salute per il club, e le aspettative per l’anno successivo sono molto alte.
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Le attese, però, si rivelano infruttuose. Le stagioni successive smorzano sempre di più ogni facile ottimismo, i piazzamenti sono sempre più bassi e al campionato ‘88-’89 il Toro subisce l’onta della retrocessione. A farlo emergere dalle acque paludose della serie B è il lavoro di Eugenio Fascetti, trainer di comprovata esperienza soprattutto nei circuiti minori. Grazie alla sua guida i granata riescono a tornare in serie A. Nonostante il suo operato, Fascetti non sarà riconfermato come allenatore, e il suo posto verrà preso da Emiliano Mondonico.
Una curiosità: in una graduatoria stilata dal Guerin Sportivo sui migliori 100 stemmi delle squadre di calcio a livello mondiale, il logo del Torino degli anni ‘80 è arrivato al primo posto. E di fatto si tratta di un disegno che si appaia a meraviglia con il simbolo della nostra squadra del cuore: un toro forte, tenace, rampante, aggressivo, pronto a tutto pur di mostrare ciò di cui è capace.
Laureato in Lingue Straniere, scrivo dall’età di undici anni. Adoro viaggiare e ricercare l’eccellenza nelle cose di tutti i giorni. Capricorno ascendente Toro, calmo e paziente e orientato all’ottimismo, scrivo nel segno di una curiosità che non conosce confini.
Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.
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