Pensi, arriva l’Atalanta, e subito tornano alla memoria partite disgraziate, sconfitte cocenti, ma anche vittorie roboanti, partite che fanno parte della nostra storia recente.
GRAN TORINO
Ancora tu
L’Atalanta è la nostra kryptonite.
Dovrebbe essere modello a cui ispirarsi, ma allo stesso la storia associa i bergamaschi ad una provinciale che solo nell’ultimo periodo ha saputo elevarsi con risultati davvero strepitosi.
Ricordiamolo bene, l’Atalanta, nella Champions covid del 2020, è arrivata ad un minuto dalle semifinali…tanto per gradire.
Nella storia, però i nerazzurri hanno collezionato solo un trofeo, la Coppa Italia del 1963, battendoci in finale, grazie ad una tripletta di Domenghini.
Altri tempi, altro calcio.
Con loro, poco da spartire, una rivalità storica tra le tifoserie, e poi il Mondo, un uomo trasversale prima che un grande allenatore.
Lui ha saputo quantomeno avvicinarci, perché ha lasciato il segno in entrambe le società, diventando simbolo e portatore di valori extracalcistici.
Pochi come il Mondo, davvero pochi, forse nessuno.
Nella recente storia della sfida tra Toro e Atalanta c’è un calciatore che ha saputo ritagliarsi un ruolo importante.
Sgusciante, fantasioso, efficace, mai banale: Iago Falque Silva.
Spagnolo, ex canterano del Barca, mancino naturale, non ha mai esordito nella prima squadra blaugrana allenata ai tempi da Frank Rijkaard.
Dopo un primo approdo in Italia sull’altra sponda del Po con la primavera dei bianconeri, il centrocampista offensivo, ha iniziato un lungo viaggio costellato da promesse quasi mai mantenute.
A Bari, nella primavera, poi all’estero, Villarreal, Tottenham, Southampton, Almeria, Rayo Vallecano e il ritorno in Italia, al Genoa.
LEGGI ANCHE: Essere Nemanja Radonjic
Questa è la stagione che lo lancia, una stagione da tredici goal sotto la guida di Gian Piero Gasperini.
Come potrete vedere, la storia di Iago è legata a doppio filo con la squadra bergamasca.
Primo, perché il mister che lo ha saputo valorizzare è stato proprio il Gasp, uno a cui Bergamo dovrebbe intitolare una piazza.
E poi perché la Dea è la sua vittima preferita: sette partite contro l’Atalanta, sei gol per il galiziano, mai così puntuale con nessuna squadra in carriera.
Tralasciamo, ma ricordiamo, i tre gol segnati con la maglia del Genoa (di cui una doppietta, la prima in Italia) e concentriamoci sugli altri tre segnati con la maglia del Toro.
Dell’illusione.
Atalanta-Toro 2-1, 11 settembre 2016
Non è ancora la miglior Atalanta dell’era Gasperini e il Toro allenato da Sinisa Mihajlovic, sulla carta, parte davanti nella griglia di partenza del campionato.
Dopo un primo tempo a tinte nerazzurre, il Toro si desta.
C’è una punizione dal vertice destro della porta difesa da Sportiello.
Sul punto di battuta vanno Iago Falque e Bovo, uno specialista dei calci piazzati.
Fischio di Mariani, cenno di intesa tra Iago e il difensore, breve rincorsa dello spagnolo, movimento rapido in fase di esecuzione e palla che scavalca la barriera insaccandosi alle spalle dell’estremo difensore, apparso indeciso e colto in fallo, sul primo palo.
Interno sinistro di pregevole fattura, una carezza al pallone che disegna un arcobaleno.
Distanza e angolazione sembrano poter aiutare il numero cinquantasette nerazzurro, forse ingannato da un movimento contemporaneo di Maxi Lopez e Konko che si abbassano dietro la barriera, ma soprattutto dal muro che non salta in maniera collettiva.
Non era ancora epoca di “coccodrilli”, ma le lacrime, questa volta sono tutte per il portiere della Dea.
Vantaggio granata, seppur in maglia bianca, e primo gol con il Toro per Iago, non basterà purtroppo a portare via un risultato positivo.
LEGGI ANCHE: Lecce, Caporetto e Van Gogh
It’s not his strong suit.
Toro-Atalanta 1-1, 29 gennaio 2017
Questa frase traducibile in “non il suo pezzo forte”, racchiude il gol di Iago nella sua interezza.
Non il suo pezzo forte, perché Iago stavolta lo fa di testa, sicuramente non la specialità della casa (quattro gol in carriera sugli ottantanove siglati dallo spagnolo), vista anche l’altezza non propriamente da corazziere, 174 centimetri (Ehi, Iago, siamo alti uguale!).
Eppure il gol in questione è paradigmatico del gioco di Iago, abilissimo nei tempi di inserimento in area.
Colpisce il fatto che quel giorno l’Atalanta schieri tre difensori centrali alti, di media, 187 centimetri: Toloi (185), Caldara (187) e Zukanovic (189).
Ma come spesso capita, queste incursioni a sorpresa, risultano vincenti: la mossa del cavallo, lo spariglio a scopa, la toccata e fuga di un novello Bach.
Andate a ripescare il video di questo piccolo gioiello.
L’azione è semplice ed essenziale.
Barreca guadagna un pallone a centrocampo, nell’insolita posizione centrale, poi va a cercare la sua zona di comfort, la fascia sinistra.
Il ragazzo è in grande forma perché prima sprinta su Petagna che prova a sportellarlo, poi supera Conti a doppia velocità.
Il terzino granata ha messo la freccia e adesso è in fascia, pronto a crossare.
Potrebbe farlo dal vertice, ma non gli basta, così raggiunge il fondo dove peraltro, un generosissimo Petagna è andato a chiudergli lo spazio.
Oramai è troppo tardi.
LEGGI ANCHE: The players – I protagonisti
Il cross mancino è un gianduiotto prelibato per la cabeza di Iaguito nostro che non solo colpisce, ma indirizza nell’angolo alla sinistra di Berisha.
Un gol bellissimo, in anticipo sui tre difensori centrali schiacciati davanti al portiere, infilandosi con perfetta scelta di tempo tra Caldara e Zukanovic.
Quasi non ci crede, mentre esulta sotto lo spicchio dei tifosi bergamaschi…
Palla in buca d’angolo.
Toro-Atalanta 2-0, 19 febbraio 2023
Raffinato come un colpo di Gustavo Enrique Torregiani, rigoroso come un assolo di Segovia, tagliente come una volée di McEnroe.
Il gol, nel più classico dei risultati all’inglese, nel 2-0 dello scontro per l’Europa, nasce da un passaggio preciso di Ola Aina che sulla sinistra punta il suo avversario e scarica saggiamente per Meité.
Il centrocampista francese addomestica il pallone, lo difende con il corpo e poi, girandosi, si butta in fascia, schiacciandosi verso Aina, che invece di creargli spazio, intasa la corsia mancina, tirandosi dietro due avversari.
Meité porta la palla avanti di esterno destro, giochicchia con la suola e, di sinistro, centra un pallone lento e arretrato verso il limite dell’area dove sono appostati Belotti e Iago.
Il centravanti granata si sposta, quasi come se Iago gli chiamasse il pallone, consentendogli di controllarlo.
Lo stop è contraddittorio, forse gli rimbalza anche sul destro ma Iago la addomestica con il mancino e nonostante la palla gli rimanga un po’ sotto, ha, sempre con il mancino, la freddezza di colpire con l’interno, angolando la traiettoria quel tanto che basta per ingannare Berisha. Ancora tu? Ma non dovevamo vederci più?
LEGGI ANCHE: Il mondo alla rovescia
A novembre 2018 il galiziano firma l’estensione del suo contratto con il Toro.
Reduce da due stagione consecutive a quota 12 reti, Iago accusa prima un problema al ginocchio sul finire del campionato e un infortunio alla caviglia durante il preliminare di Europa League contro gli ungheresi del Debrecen.
Infine, a novembre, accusa un infortunio alla coscia alla vigilia del derby.
Un calvario che non ha fine e segna ’inizio di una serie di cessioni in prestito, dal sapore davvero amarissimo.
La sua esperienza al Toro si conclude con un addio tra mille rimpianti per ciò che avrebbe potuto essere e non è stato e con una rescissione dolorosa per un giocatore generoso, di talento, incapace di ritornare ai suoi livelli dopo una serie di gravi infortuni.
L’addio all’Italia, il trasferimento all’America di Calì, in Colombia, poi ancora la sfortuna con la frattura della tibia e il finale, amaro, con gli spari alla sua macchina, per un tentativo di rapina.
No, Iago non si meritava un triste, solitario y final di carriera come questo.
Iago avrebbe meritato di giocare sempre contro l’Atalanta, in un eterno loop fatto di gol belli e decisivi, e, in fondo, anche noi avremmo potuto godercelo di più.
© RIPRODUZIONE RISERVATA