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Ragione e sentimento

Torna la rubrica a cura di Danilo Baccarani: "Per una volta, Gran Torino, anziché parlare del passato, analizza due opinioni dicotomiche, Europa sì o Europa no, interrogando ragione e sentimento"

Dopo venti partite, il Toro ha una differenza reti pari a 0, frutto di 18 gol segnati e 18 subiti. Un risultato salomonico che ha determinato 28 punti, il (solito) decimo posto in una classifica corta con le posizioni europee lì, ad un passo. Se consideriamo la crisi di qualche big (Napoli e Roma) e il rallentamento di qualche sorpresa (Bologna), tutto è ancora possibile con 18 partite da giocare e il mercato di riparazione aperto. Per citare un grande uomo: “C’è un grande fermento, ci sono un sacco di possibilità, un sacco di cose da fare (cit.).” Per una volta, Gran Torino, anziché parlare del passato, analizza due opinioni dicotomiche, Europa sì o Europa no, interrogando ragione e sentimento.

Il Toro in Europa? Perché no.

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Perché il Toro segna poco. Pochissimo (0,9 gol a partita) e anche gli Expected Goals raccontano che il Toro è squadra sterile (1,11 a partita). Gli Expected goals rappresentano il potenziale offensivo prodotto da una squadra in una determinata partita o le occasioni da gol potenzialmente avute da un singolo giocatore. Il numero di xG (come vengono abbreviati) traduce i gol che ci si sarebbe aspettato che quella squadra o quel giocatore segnasse. Il tutto nasce da una fase offensiva davvero complessa. Il Toro tira poco 10,3 a partita e traduce solo 3,15 tiri nello specchio della porta. Pochi tiri, poca precisione, pochi gol, poche vittorie: il Maresciallo Lapalisse non avrebbe saputo spiegarla meglio.
Il Toro vince partite a basso punteggio e se consideriamo che in tre incontri i granata hanno segnato la metà dei loro gol, questa atavica difficoltà nell’andare a rete è ancora più evidente.

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L'attacco. In questo scenario i nostri bomber sono rimasti fermi a numeri simili a quelli di Italia Viva: Zapata (4 gol, 7 punti, meglio addirittura di Lautaro come incidenza reti/punti) e Sanabria (3) nel più roseo degli scenari avrebbero dovuto realizzare un gol in più a testa secondo la statistica degli Expected goals. Robetta di paranza, ma già qualcosa in più del brodino lasco raccolto fino ad ora.

Aggiungiamo anche che la tendenza del Toro 23/24 pare opposta a quella della scorsa stagione, in cui i granata vinsero 9 volte in trasferta, mentre quest’anno sono fermi a 2 e l’ultimo urrà è datato 28 ottobre 2023. Se consideriamo che i 7 goal del duo offensivo sono stati segnati tutti in casa, il quadro appare ancora più cupo. Dai trequartisti sarebbe stato lecito attendersi qualcosa di più. Vlasic (2) pare essersi ripreso dopo le difficoltà iniziali mentre Radonijc (3 gol, 6 punti) è ai margini della sua esperienza granata. Ne abbiamo parlato anche troppo, il serbo ha grandi colpi e lunghe pause e per lui parla una carriera accidentata più di una prova speciale del Rally di Montecarlo. Il cambio di modulo ha sicuramente giovato a Vlasic mentre ha, (quasi?), definitivamente affossato le speranze di Rado, alla ricerca della sua identità perduta. Seck e Karamoh, non pervenuti e danneggiati anche dal cambio modulo non sono certo dei bomber implacabili, anche se il secondo, l’anno scorso è stato inaspettato protagonista con 4 goal pesantissimi.

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Esterni e centrocampisti. All’appello mancano i gol degli esterni (0) che nel gioco di Juric, in passato (soprattutto a Verona) dimostrarono di saper vedere, e bene, la porta: peccato che Vojvoda, Bellanova, Lazaro e Soppy contino la bellezza di 3 gol in serie A in tutta la loro carriera. Numeri che fanno piombare il vostro scriba in uno stato di profonda tristezza. Il reparto nevralgico con Tameze, Ricci e Linetty (0), ha visto l’exploit (sic!) di Ivan Ilic a segno già 2 volte (eguagliato il record stabilito a Verona prima e al Toro l’anno scorso). Il succo del discorso è che tutti i giocatori di questo reparto, non hanno nei piedi, storicamente, grandi quantità di reti.

La difesa. Il reparto difensivo orfano di Perr Schuurs (1) e con un Alessandro Buongiorno sempre più caldo sotto rete (3) non ha potuto sfruttare per ragioni fisiche Zima e Djidji, mentre Sazonov appare davvero indietro nelle gerarchie di Juric: stando così le cose, è difficile immaginare un grande apporto realizzativo dei cinque centrali, considerando che sugli sviluppi dei calci piazzati sono arrivati 4 goal (22% del totale). Un capitolo a parte va dedicato a Capitan Rodriguez. Lo svizzero nella sua carriera ha dimostrato capacità balistiche di buon livello, sviluppando il feeling con il gol al Wolfsburg in Bundesliga (15 reti in 5 stagioni). Niente di che stropicciarsi gli occhi, considerando che Ricardo era anche rigorista, ma ricordiamo diverse punizioni mancine, merce rarissima alle nostre latitudini. Rodriguez da quando è arrivato al Toro è ancora a quota 0 e di punizioni ne ricordiamo solo due con destino finale traversa (Milan e Udinese, durante l’interregno di Marco Giampaolo).

Uno sguardo al recentepassato. Per trovare stagioni così avare di realizzazioni, bisogna tornare indietro al 1980/81 in cui il Toro segnò 26 gol in 30 partite (16 squadre), con un record negativo di 0 gol all’attivo nelle ultime 7 di campionato (2 pareggi e 5 sconfitte) che diedero il colpo di grazia alle ambizioni europee della squadra granata. Peggio andò nella stagione 1981/82 con 25 gol in 30 gare di campionato, ma mai come nella maledetta annata 2002/03 (18 squadre) nella quale il Toro realizzò 23 reti in 34 partite. Altra annata balorda sotto porta fu quella del 1995/96 con il Toro capace di andare in goal soltanto 28 volte in 34 partite (peggior attacco del campionato con il Napoli). In entrambe le ultime due stagioni citate, il Toro retrocesse in Serie B. Chiudiamo la lista dei recenti orrori con la stagione 2006/07, in cui il Toro seppe capitalizzare al meglio i 27 goal all’attivo (peggior attacco del campionato), raccogliendo 40 punti e una salvezza che ha tutt’oggi del miracoloso. Con Juric al comando, il Toro non è mai stato una macchina da gol, realizzando 46 reti nel primo anno e 42 nel secondo (subendone sempre 41). Con queste premesse, nel girone di ritorno, per attestarsi in media Juric (44) i granata dovrebbero realizzare almeno 26 reti.

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Il Toro in Europa? Perché sì.

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Partiamo dall’ultima affermazione. Difficile realizzare 26 reti per stare in media con le altre stagioni di Juric…ma non impossibile.
E obiettivamente, bisognerebbe alzare l’asticella e non solo quella. Tutto è relativo, s’intende. Si potrebbero (per assurdo) vincere tutte le partite con il minimo scarto (vedi Genoa, Empoli, Lecce, Sassuolo) ma gli obiettivi si raggiungono soprattutto segnando tante reti. La squadra continua a prediligere il possesso palla e il pressing uno contro uno a tutto campo. A spanne, la manovra offensiva appare lenta e la necessità principale sarebbe quella di far viaggiare più velocemente il pallone, cercando di innescare altrettanto rapidamente le punte. Raramente il Toro sfrutta il contropiede, altrettanto raramente prova il lancio lungo: anche queste soluzioni appaiono necessarie per evitare che gli attaccanti si sfianchino nei movimenti, al fine di essere più lucidi e pronti sotto porta.

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Sugli esterni. La soluzione vista nelle ultime settimane con la catena di destra Bellanova-Vlasic e un terzo uomo (Sanabria o Ilic) pronto a interagire con i primi due, sta dando i suoi frutti. Il terzino vola in fascia, piovono più cross e, con il nuovo modulo, il Toro riempie maggiormente l’area di rigore. Questo fa ben sperare soprattutto perché sia Zapata che Sanabria sono abili nel gioco aereo ed è lecito attendersi qualche marcatura in più. Da sinistra, purtroppo, calma piatta. Appare evidente (e necessario) l’acquisto di un nuovo innesto poiché Lazaro e Soppy (o Vojvoda) non sono mancini e non stanno rendendo secondo le aspettative. Per questo urge un calciatore di piede mancino, di gamba e piede educato che sforni qualche cross e possibilmente qualche assist. Nei giorni scorsi, parlando con amici ci siamo ritrovati a parlare di Ansaldi, uno dei migliori interpreti del ruolo passati da Torino nell’ultimo periodo.
Servirebbe un Ansaldi giovane - diceva Juric la scorsa estate- e non possiamo far altro che immaginare quanto sarebbe utile al nostro gioco un calciatore con quelle caratteristiche. Allo stesso tempo, dagli esterni ci si attende qualche gol.

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Più qualità, più gol. Seguendo la logica dell’innalzamento della qualità, un altro innesto da valutare potrebbe essere quello di un trequartista di ruolo, abile nel creare la superiorità numerica. Al Toro manca un po’ di fantasia e un po’ di verticalità nel liberare le punte.
La soluzione potrebbe essere quella di avanzare Vlasic a ridosso degli attaccanti, liberandolo da eventuali compiti di copertura anche se il croato sembra essere più a suo agio nel ruolo cucitogli addosso da Juric, piuttosto che in quello di trequartista tout-court. Inevitabilmente, per segnare più goal, Zapata, Sanabria e Pellegri (ammesso che resti) dovranno essere assistiti di più e meglio.
Il reparto offensivo è lo specchio della squadra: indice di pericolosità bassissimo, pochi tiri per Zapata 2,3 a partita, Sanabria 1,4 e Pellegri (con basso minutaggio, 0,5).

Si badi, tiri…non tiri in porta. Pertanto, la ricetta è piuttosto facile da individuare: tirare di più, meglio e da posizione più ravvicinata. Hai detto niente… C’è da augurarselo ma il discorso non vale solo per gli attaccanti ma anche per i centrocampisti: Ilic (0,8 a partita) e Ricci (0,9) sono buoni stoccatori ma raramente riescono a liberarsi al tiro.
Sfruttare maggiormente le loro capacità, anche con soluzioni estemporanee, potrebbe portare qualche goal in più. Pescare il jolly significa quantomeno provarci: al momento il Toro, da fuori area, lascia partire 3.8 tiri a partita (penultima squadra in serie A). Troppo poco.

La fase difensiva. La statistica che conforta di più è sicuramente quella sulla tenuta difensiva. Il Toro ha subito 18 reti in 20 partite, ha collezionato 10 clean sheet (porta inviolata) e la maggior parte dei goal subiti sono racchiusi in cinque partite (Milan, Inter, derby, Lazio e Bologna). Il reparto, nonostante l’assenza del suo miglior difensore, tiene, e se è vero che soprattutto in Italia le fortune delle squadre si basano sulla difesa, Juric e i suoi sono sulla strada giusta. Consideriamo anche che per un periodo, il reparto è stato ridotto all’osso da parecchi infortuni (Buongiorno, Djidji, Zima e anche Sazonov hanno avuto problemi fisici) e che Tameze ha giocato fuori ruolo, riciclandosi a destra, sulla linea dei tre.

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Soffrire poco, concedere nulla. Milinkovic-Savic, che sarà sempre e comunque sulla graticola, sta disputando una stagione decisamente positiva (derby a parte). Dalla sua crescita e dalla continuità della difesa, passano molte delle nostre fortune. Con 16 gol subiti in 19 partite e l’81.9% di parate, Vanja è al terzo posto in serie A dietro a Sommer (Inter) e Terracciano (Fiorentina), avendo parato 56 dei 72 tiri ricevuti (3 rigori). Il Toro può pensare di vincere molte partite di misura, esasperando il gioco difensivo, pensando più a distruggere le trame avversarie, impedendo agli avversari di avvicinarsi alla propria area. In realtà questo sta già avvenendo perché Il Toro concede davvero poco. Statisticamente, nei 90 minuti, 10,4 tiri a partita e solo 3,5 di questi finiscono in porta. Se escludiamo dalla statistica i tre rigori subiti, il Toro è secondo nella graduatoria gol concessi/tiri con il lusinghiero valore di 0,21 (solo l’Inter ha concesso meno con 0,15). Anche per  la distanza media dei tiri concessi, i granata sono quarti con 18,7 metri di media: ciò significa che i tiri arrivano da lontano, abbassando notevolmente le speranze avversarie.

Se la solidità difensiva si confermasse, potremmo davvero pensare in grande ma solo se, contemporaneamente, si alzeranno le statistiche legate alla fase offensiva. L’equazione è presto fatta: segnare di più, continuando a mantenere inviolato il suo bunker difensivo. Sarà necessario fare molti punti ma non dipenderà solo dai goal fatti o dai goal
subiti: il Toro dovrà invertire una tendenza consolidata nel tempo. La quota Europa, sesto-settimo posto, da qualche anno è fissata a 62-63 punti e stando così le cose, al Toro ne mancherebbero 34-35. Il discorso è che il Toro dovrà vincere molte partite, magari vincerle difendendosi e se non sarà un unicum, poco ci manca. Al Milan 1993/94 bastarono 36 reti in 34 partite per vincere lo scudetto ma il segreto fu la difesa, battuta appena 15 volte. Pertanto, urliamo a squarciagola: la difesa è il miglior attacco!

Ad un anno campione d’Italia, cresciuto a pane e racconti di Invincibili e Tremendisti. Laureato in storia del Cinema, innamorato di Caterina e Francesco, sposato con il Toro. Ho vissuto Bilbao e Licata e così, su due piedi, rivivrei volentieri solo la prima. Se rinascessi vorrei la voleé di McEnroe, il cappotto di Bogart e la fantasia di Ljajic. Ché non si sa mai.

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