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Un blitz a Roma
L’Olimpico a tinte giallorosse per il Toro è storicamente campo avaro di soddisfazioni e quando i granata vincono lo fanno sempre in maniera epica, con partite lottate sino all’ultimo minuto.
Siamo stati in grado di tramutare una sconfitta, anche ampia, in una vittoria memorabile.
Parlo ovviamente della finale di Coppa Italia 1993 contro la Roma che nonostante il roboante 5-2 (raggiunto con i buoni uffici dell’ottimo Sguizzato di Verona - alla sua ultima direzione in carriera), significò trofeo ai granata e romanisti a bocca asciutta.
Quindi capite anche voi che per vincere a Roma bisogna fare dei veri e propri miracoli…
Pertanto i match contro i giallorossi sono spesso indice di vittorie rare (e sudate) e delusioni cocenti.
Alzi la mano chi non sta ancora smoccolando per il 3-2 di Calvaresiana memoria, aprile 2016, con doppietta di Totti sotto la Sud.
Una sceneggiatura hollywoodiana con il Capitano che si vendica del suo perfido allenatore e quando entra in campo dalla panchina, ribalta la partita da par suo.
Come recitava l’articolo online de La Repubblica:
…poi su rigore inesistente (il tocco con un braccio di Maksimovic sul cross di Perotti era chiaramente involontario e attaccato al corpo) ma poco importa. Tra qualche anno, probabilmente, ringrazieremo tutti Calvarese. Ha reso questo capitolo della storia di Totti ancora più bello.
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Ma poco importa. Proprio così.
Cito: “Ecco, penso ma chi scrive queste cose non è che la sera, magari prima di addormentarsi ha un momento di rimorso…”.
(Nanni Moretti)
Ah, e grazie tante, ancora oggi a Calvarese.
Oppure, come non ricordare il blitz granata in Coppa Italia, negli ottavi pre natalizio del 20 dicembre 2017?
Indizio.
Il Toro sta vincendo e l'arbitro inventa un calcio di rigore per i giallorossi.
Avete detto Calvarese?
Ai gol di De Silvestri e Edera risponde parzialmente Schick, dopo il rigore parato da Milinkovic-Savic a Dzeko e ad una serie di azioni lacoontiche che hanno visto la Roma colpire due pali.
Insomma, a Roma è difficile. Lo sappiamo, ne siamo consapevoli.
La squadra giallorossa negli ultimi trent’anni è stata più forte di noi, l’ambiente di Roma fa la sua parte e quando non è l’ambiente... insomma ci siamo capiti.
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Ma c’è una partita che ricordo sempre con grande stupore, forse perché sovverte questo canovaccio di difficoltà ataviche, di forze del Male che provano in tutti i modi a sovvertire il risultato.
Forse la ricordo per via dei miei allora tredici anni, forse perché in quell’annata così infausta, il Torello che retrocederà in quel di Lecce, batterà per ben due volte i giallorossi, prima a domicilio e poi in casa, con lo stesso punteggio, 3-1.
Per introdurre Roma-Toro di oggi (tra l’altro, ottimo orario, davvero) raccontiamo Roma-Toro del novembre 1988.
C’è un allenatore, forse il più amato di sempre alle nostre latitudini, che rischia l’esonero.
Lui è Luigi Radice, il Mister dello Scudetto e dello Scudetto sfiorato, uno che avrebbe meritato di raccogliere più successi in carriera ma soprattutto un grande della panchina, forse uno dei più grandi in Italia.
In questo momento storico, però, il suo Toro, proprio non va e quando atterriamo a Roma, le voci di un suo esonero aleggiano e rimbalzano da più parti.
In panchina a fianco a Radice si siede Luis Muller, brasiliano bizzoso e talentuoso ma allergico alla disciplina.
Rinunciare al più talentoso della rosa può apparire un azzardo ma quel giorno, la mossa paga.
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Il Toro scende in campo con Lorieri, Brambati, Ferri, Rossi, Benedetti, Cravero, Zago, Sabato, Skoro, Comi, Edu.
La Roma di Liedholm è in fase di transizione, c’è una commistione di calciatori giovani ed esperti, ai quali sono stati affiancati tre stranieri di grande nome.
Il primo è Rudi Voller, centravanti tedesco, arrivato l’anno prima e in cerca della sua dimensione di goleador, che a Roma però non è ancora stato capace di mostrare.
Dal Brasile sono arrivati Renato, sciupafemmine dalla lunga chioma, innamorato più delle belle donne e della Dolce vita romana che del campo da calcio, e Andrade arrivato con il soprannome di Marajà e presto ribattezzato dai tifosi romanisti Er Moviola.
A Renato dopo l’ennesima prestazione deludente, i romanisti, con il loro tipico senso dell’umorismo dedicarono uno striscione che resta scolpito nella mente, a imperitura memoria: “ ‘A Renato, ridacce Cochi.
Non è una Roma irresistibile, ma il Toro non scherza. Una vittoria nelle prime sei partite di campionato, classifica che piange miseria, una trasferta difficile da affrontare, società, spogliatoio e allenatore che ballano sulle note dell’orchestrina del Titanic.
Eppure la partita, che si prospetta difficile, è una piacevole passeggiata in una soleggiata domenica novembrina.
Il Toro viaggia leggero sulle ali di un ritrovato Skoro, sulla giovane vena di Alvise Zago mentre in difesa sono eccellenti le prestazioni di Brambati e Benedetti che annullano Rizzi-gol e Voeller.
A centrocampo il Toro maramaldeggia anche perché Andrade è ancora più lento del solito e i suoi compagni di reparto si adeguano allo spartito di un samba triste.
Così, negli spazi ampi che la Roma concede, il Toro va a nozze.
Prima con Skoro, gol solo sfiorato, e poi con il gracile Edu, mistero gaudioso del calcio che in contropiede conclude battendo Tancredi per l’1-0.
Il brasiliano esile come un giunco battuto dal vento, può mettere il punto esclamativo sulla sua partita ma inciampa comicamente davanti al portiere, riscrivendo il concetto di ferocia agonistica e incisività.
Qualche minuto prima il Toro deve rinunciare a Cravero che esce per infortunio: al suo posto entra il giovane Fuser.
All’inizio della ripresa, Lorieri vola su tiro di Giannini e mentre la pressione romanista si riaccende pericolosamente, il Toro cinico e spietato come Clint Eastwood colpisce ancora una volta in contropiede.
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Zago per Fuser che entra in area dal lato corto. Destro che passa sotto le gambe di Tancredi.
2-0 per noi. In una sorta di ottovolante, la Roma si riporta sotto con una gran sventola su punizione di Rambo Policano sulla quale Lorieri non appare irreprensibile, forse ingannato dalla sua barriera.
Rinasce in Liedholm la speranza che, lo sanno gli utopisti, ha il vizio di deludere e così, il Toro, con una fulminea azione di contropiede e un assist cla-mo-ro-so di Zago per Fuser, chiude la partita.
Zago ai venticinque metri, circondato da maglie giallorosse scava un pallone che salta tutta la difesa romanista e mette in porta Fuser.
L’assist maradoniano, il pallone un cioccolatino che il venariese deve solo scartare.
Fuser entra in area e con un diagonale destro batte Tancredi per il 3-1.
Vittoria più facile, cinica e chirurgica non ricordo.
Un blitz a Roma.
Ad un anno campione d’Italia, cresciuto a pane e racconti di Invincibili e Tremendisti. Laureato in storia del Cinema, innamorato di Caterina e Francesco, sposato con il Toro. Ho vissuto Bilbao e Licata e così, su due piedi, rivivrei volentieri solo la prima. Se rinascessi vorrei la voleé di McEnroe, il cappotto di Bogart e la fantasia di Ljajic. Ché non si sa mai.
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