- Calciomercato
- Prima Squadra
- Giovanili
- TN Radio
- Interviste
- Mondo Granata
- Italia Granata
- Campionato
- Altre News
- Forum
- Redazione TORONEWS
Foto: Nderim Kaceli
L'avvio dell'iter per trasferire il Museo del Grande Torino e della Leggenda granata al Filadelfia è un passo di importanza straordinaria per il Toro e per tutti i suoi tifosi. Tutti noi abbiamo un debito di riconoscenza incolmabile con i volontari dell'Associazione Memoria Storica Granata che in silenzio e con un lavoro certosino hanno raccolto, protetto e salvaguardato cimeli e ricordi dal valore inestimabile. In un'epoca in cui tanti di noi sono tifosi dietro una tastiera o sui social, un pugno di benemeriti si è rimboccato le maniche per conservare schegge che raccontano una storia irripetibile. Il loro lavoro ci insegna ogni giorno che la nostra forza sono le nostre radici, e che questo per i tifosi del Toro vale più che per qualsiasi altra squadra. Dal giorno in cui abbiamo scelto e deciso di sostenere questi colori siamo diventati custodi di una leggenda che va celebrata e trasmessa. Non si tratta di retorica o di stanca proposopea, ma dell'unico modo possibile di mantenere viva la nostra identità e costruire un futuro all'altezza del Toro. Sbaglia, e di molto, chi crede che guardare alla nostra storia sia solo un modo di lenire le ferite di un presente mediocre, un consolarsi a vicenda raccontandoci un passato ormai fatto cenere. La zavorra del nostro presente, e purtroppo probabilmente del nostro futuro, non é un passato ingombrante che ci frastorna, ma il non saper riconoscere e accettare che siamo nani sulle spalle di giganti. La nostra vera forza viene dal passato ed è solo quella che può proiettarci verso il futuro. Basta una breve visita a Villa Claretta per spazzare via ogni dubbio in proposito. E si esce dal Museo con la consapevolezza che l'errore drammatico degli ultimi decenni è stato quello di allontanarsene, di viverle come un peso, di non sapere e volere raccontare e celebrare la nostra immensa storia, non proteggerne il ricordo. Il Toro è il Barone Cinzano, il Grande Torino, il Filadelfia, Erbstein, Pozzo, Superga, il Barone Rosso, Meroni, Ferrini, Pulici, Radice e tutte quelle persone e quegli episodi che ne hanno segnato a fuoco vivo la storia. Senza di loro siamo niente; nel loro ricordo siamo i templari di quello che di più grande e vero c'è nella storia del calcio. Non insegnare questo alle nuove generazioni, non aiutarle a vivere e capire la profondità del nostro passato e dei nostri valori è stato un errore che paghiamo adesso a caro prezzo. Da decenni i presidenti che si sono succeduti hanno cercato la scorciatoia più semplice: fingere di guardare avanti, ignorare un passato che stato visto solo come un ostacolo verso il futuro. A parte le celebrazioni di Superga e del centenario, la scelta è sempre stata di lasciarsi alle spalle ''l'ingombrante'' serie di eventi, personaggi e momenti che sono il Toro. Chi arriva al Toro, giocatori allenatori e dirigenti, spesso non sa nulla dell'immenso patrimonio su cui è fondato il concetto stesso di Toro. Il torneo internazionale dedicato ad Egri Erbstein è sconosciuto. Anche il Fila ha sofferto di questo atteggiamento superficiale, di questa mancanza di passione. Arrivare ai giorni nostri per ricostruire il Fila, per cambiare il nome dello stadio, per trovare (almeno sulla carta) al nostro Museo il posto che gli spetta è un'onta di cui tutti dobbiamo andare poco fieri. Ma i volontari di Villa Claretta no. Loro possono davvero essere orgogliosi di tutto il tempo, le fatiche e le contrarietà che hanno sperimentato. Se la fiamma granata continua a vivere, molto del merito lo dobbiamo a loro. E sono convinto che sia anche tempo di smettere di parlare e di aiutarli concretamente nei loro sforzi. Già al momento è possibile finanziare il Museo con donazioni (basta andare sul sito). Ma si potrebbe fare di più. E' per questo che vorrei lanciare dal sito di Toro News l'idea di una campagna di sostegno che potrebbe chiamarsi ''adotta il Museo''. Tramite quote, anche piccole, tutti i tifosi che lo volessero potrebbero ''adottare'' un trofeo, un cimelio, un reperto del Museo. Ne diverrebbero così i custodi virtuali e potrebbero legare i loro nomi (magari con una piccola targa) all'oggetto del loro sostegno. L'insieme delle quote contribuirebbe a finanziare il mantenimento del Museo e poi il suo trasferimento al Fila. Un'idea semplice e forse velleitaria, ma di certo un modo concreto di mostrare amore e rispetto per le nostre profonde radici e per la nostra meravigliosa storia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA