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MILAN, ITALY - APRIL 28: Marcus Thuram of FC Internazionale competes for the ball with Alessandro Buongiorno of Torino FC during the Serie A TIM match between FC Internazionale and Torino FC at Stadio Giuseppe Meazza on April 28, 2024 in Milan, Italy. (Photo by Mattia Pistoia - Inter/Inter via Getty Images) (Photo by Mattia Pistoia - Inter/Inter via Getty Images)
Il trend tendente alla mediocrità è ormai un marchio di fabbrica di questa società.
La fragile barca guidata da Ivan Juric si è arenata alla fine negli scogli del vorrei ma non posso. Detto delle responsabilità del mister che di recente ha zavorrato una possible rincorsa all'Europa con formazioni pavide e atteggiamenti rinunciatari, va anche riconosciuto che il trend tendente alla mediocrità è ormai un marchio di fabbrica di questa società, al di là del malcapitato allenatore di turno. Un ottavo di finale di Europa League non puo' riscattare venti anni di nulla mischiato con il niente, di scelte strategiche marchiane nei ruoli chiave, di approssimazione nella gestione dei mercati e della squadra, di dilettantismo nell'individuare talenti. A turno, società dai bilanci limitati hanno saputo imboccare la strada della programmazione ritagliandosi un ruolo da protagonisti. Atalanta e Bologna sono due esempi lampanti. Anche le squadre storiche che, come il Toro, hanno sperimentato l'amara realtà del fallimento, hanno saputo ritrovare la loro strada verso la dignità, come testimoniano Napoli e Fiorentina.
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Per i tifosi granata invece, gli ultimi venti anni sono stati segnati da una lenta agonia, in cui a tenerci in vita sono solo l'estrema passione per la leggenda e la speranza che un cambio radicale possa trarci fuori da questa palude di vane illusioni. Il calcio non è una scienza esatta, ma nemmeno è un giro alla ruota della fortuna. In venti anni – anche contando gli inevitabili errori di percorso e le ripartenze faticose - ci sarebbero state tutte le opportunità di selezionare professionisti capaci, di investire in infrastrutture, di disegnare un vero percorso di crescita sportiva e finanziaria. Niente di tutto questo è stato davvero fatto. Si è preferito vivere alla giornata, cercando di trovare soluzioni estemporanee, privilegiando sempre le scelte più semplici e meno costose nell'immediato. Ma il vero errore che spiega il naufragio di quest'anno, e i tanti degli ultimi venti, è non sapere e non volere comprendere che il Toro è fatto dalla passione, dai valori e dalla storia che i suoi tifosi rappresentano. Lo scollamento tra gli obiettivi della società e quelli dei sostenitori granata è ormai evidente.
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Da un lato l'ossessione per lo scudetto del bilancio, l'approccio ragioneristico e la mancanza di vera passione. Dall'altro la rivendicazione di un'appartenenza che non puo' essere ridotta a bilanci e transazioni, e che non vuole essere un business a somma zero, ma un movimento basato su storia, tradizione e valori. Basta un solo esempio: la squadra più leggendaria d'Italia non ha un suo museo gestito dalla società che racconti la sua storia e onori i suoi simboli: serve altro? Cosi', chiuso mestamente un altro campionato di occasioni gettate al vento, per i naufraghi rimasti sugli spalti resta poca speranza di vedere al prossimo orizzonte una vela salvifica. Si ripartirà per un altro giro di giostra con un nuovo allenatore, probabilmente un nuovo DS, ma con gli stessi problemi strutturali che da venti anni zavorrano ogni speranza di successo. Pur essendo affondato anche lui in questo mare di incertezza e difficoltà, Juric merita un plauso. Ha saputo capire che per sopravvivere serviva la sciabola e non il fioretto, e se ne è servito per ottenere cambiamenti concreti. Ha fatto il meglio – o quasi – con quello che aveva, tirandoci fuori da un biennio di orrore che visto oggi sembra lontanissimo. Ha saputo anche creare una squadra dall'ossatura solida e valorizzare giocatori, anche se vedremo a settembre quanti sopravvivranno all'esigenza di fare cassa. Ha cercato tardi di capire cosa è il Toro, e ci è riuscito solo in parte, ma nel suo lavoro ci ha messo anima e sudore senza smettere mai di provare a migliorare e a migliorarsi. Alla fine lui la sua maglia del Toro l'ha sudata ed onorata.
Il Toro, il giornalismo e l'Europa da sempre nel cuore. Degli ultimi due ho fatto la mia professione principale; il primo rimane la mia grande passione. Inviato, corrispondente, poi portavoce e manager della comunicazione per Commissione e Parlamento Ue, mi occupo soprattutto di politica e affari europei. Da sempre appassionato di sport, mi sono concesso anche qualche interessante esperienza professionale nel mondo del calcio da responsabile della comunicazione di Casa Azzurri. Osservo con curiosità il mondo da Bruxelles, con il Toro nel cuore.
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