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La strage delle illusioni

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Torna "Granata dall'Europa", la rubrica a cura di Michele Cercone con un nuovo appuntamento: "Siamo arrivati alla fine di questa stagione completamente stremati e sfiduciati. E non si tratta solo della delusione per il mancato obiettivo"
Michele Cercone Columnist 

So di non poter parlare a nome di tutti i tifosi del Toro, ma il solito giro di chiacchiere e telefonate con i fratelli granata dopo l'ennesima delusione europea conferma che in tanti siamo arrivati alla fine di questa stagione completamente stremati e sfiduciati. Non si tratta solo della delusione per il mancato obiettivo, ma anche e soprattutto della constatazione che per il Toro ormai siamo alla strage delle illusioni.

Non solo non ci è dato vivere emozioni e gioie per traguardi raggiunti (piccoli o grandi che siano), ma anno dopo anno ci viene anche sottratta la speranza che le cose possano cambiare e che ci aspetti un futuro migliore. Anche nei più ottimisti, si è ormai consolidata la certezza che dopo venti anni di mediocrità l'andazzo della società è destinato a non mutare, e noi tifosi saremo ancora a lungo costretti a digerire che il Toro faccia da comparsa in serie A, limitandosi a offrire lo sfondo per imprese di altre squadre.

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La mancata qualificazione in Conference brucia non solo perchè sarebbe stata un'utile vetrina e un divertente diversivo, ma soprattutto perchè certifica che per quanto possa aumentare il contingente italiano in Europa, il Toro non è destinato a farne parte stabilmente. L'attuale società gestisce da venti anni il Torino (squadra di calcio che milita in un campionato professionistico) in modo paradossale: l'obiettivo non è vincere, ma sopravvivere al meglio possibile. Applicando lo stesso principio ad una normale tipologia di azienda si capisce meglio il paradosso: non è importante che la società produca utili (successi sportivi nel caso di una squadra di calcio); è sufficiente che resti sul mercato con le minori perdite possibili. Sfugge ai più il motivo per cui un imprenditore debba prendersi la briga di occuparsi di una società del genere, dato che la somma di tutte le parti porta ad un solo risultato possibile: l'insoddisfazione di tutti.

Juric non sarà certo un allenatore di prima fascia (lo certifica lo scarso appeal che ha ora sul mercato), ma almeno ha certificato che per il Toro la parte sinistra della classifica non basta. Messaggio che tutti hanno recepito, tranne la società, che ha invece deciso di continuare su una rotta quanto meno curiosa. Il trasferimento in blocco al Toro dell'organigramma dirigenziale dalla Spal è ormai completato, mentre per il prossimo allenatore si sta virando su un profilo ancor meno convincente (per esperienza e per risultati) del mister uscente.

Come al solito, invece di cercare di avviare un circolo virtuoso, scegliendo profili che arrivino da dimensioni e esperienze vincenti, ci si sta avvitando nell'ennesimo circolo vizioso scommettendo su profili provenienti da serie inferiori e che non hanno mai vinto nulla. La strage delle illusioni negli scorsi anni è partita da premesse simili, e sembra destinata a continuare, con buona pace dei tanti sostenitori granata che pur non sognando più un Toro all'altezza della sua storia, sperano almeno in un Toro all'altezza dei suoi tifosi.

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Il Toro, il giornalismo e l'Europa da sempre nel cuore. Degli ultimi due ho fatto la mia professione principale; il primo rimane la mia grande passione. Inviato, corrispondente, poi portavoce e manager della comunicazione per Commissione e Parlamento Ue, mi occupo soprattutto di politica e affari europei. Da sempre appassionato di sport, mi sono concesso anche qualche interessante esperienza professionale nel mondo del calcio da responsabile della comunicazione di Casa Azzurri. Osservo con curiosità il mondo da Bruxelles, con il Toro nel cuore.

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