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Granata dall'Europa

Meno calcio per tutti

Michele Cercone Columnist 
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Torna un nuovo appuntamento di Granata dall'Europa, la rubrica su Toro News di Michele Cercone: "I vertici mondiali ed europei hanno deciso di affidarsi alla globalizzazione del pallone per fare più soldi..."

Le pause del campionato per le partite della nazionale assomigliano sempre più a quei lunghi e noiosi pomeriggi d'inverno, quando da ragazzi il cattivo tempo impediva di uscire e si restava dietro i vetri di una finestra a guardare fuori sperando che le nuvole si diradassero per poter finalmente andare fuori. Per quanto mi riguarda, è chiaramente al di là della mia scarsa intelligenza capire le ragioni di una pausa per la Nations League. In un mondo del calcio in cui il calendario delle partite è ormai fittissimo e tutti si lamentano costantemente dall'eccessivo numero di gare, non si capisce il motivo di un lungo stop per una competizione che, in realtà, non interessa quasi nessuno. Tra campionato e coppe europee ormai elefantiache, giocatori e club hanno già il loro bel da fare per mantenere il ritmo forsennato. L'introduzione della Conference League e la riforma della Champions hanno allungato a dismisura il numero di partite, e l'eccessiva quantità di incontri va chiaramente a scapito della qualità, aumentando in maniera considerevole anche il rischio di infortuni.

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Voler inserire in questo scenario già pantagruelico anche una kermesse antiquata e polverosa come la Nations League è una forzatura senza senso, che non aiuta certo il calcio a trovare nuovi spazi e nuovi clienti. Lo stesso discorso vale per il prossimo mondiale per club, che sembra più una trovata prettamente pubblicitaria per dare spazio a nuovi sponsor e per rimpinguare le casse dei club più facoltosi, allargando ancor di più la forbice tra le multinazionali di plastica del pallone e le società medio-piccole dei campionati nazionali. L'impressione è che il calcio stia virando sempre più verso la quantità degli eventi per cercare di frenare il declino di uno sport che ha sempre meno presa sui giovani, e che vede con preoccupazione allargarsi il divario tra il progressivo indebitamento delle principali realtà calcistiche e la riduzione delle entrate derivanti da pubblicità, sponsor e ascolti.

Invece di valorizzare la passione dei tifosi e la capacità del calcio di rappresentare un collante socio-culturale anche tra piccole e medie comunità, i vertici mondiali ed europei hanno deciso di affidarsi alla globalizzazione del pallone per fare più soldi e mantenere in piedi un sistema basato sull'ingiusta ripartizione dei ricavi. La logica estrema di questo approccio è la Lega di plastica che alcuni dei principali club europei hanno cercato di creare per sottrarre definitivamente il gioco ai tifosi e costringerli in futuro a scegliere solo tra le poche squadre rimaste. Cercando di vendere l'anima del calcio agli sponsor, ai finanziatori e alle TV, i vertici internazionali ed europei stanno generando disincanto e disinteresse. L’obiettivo non è quello di migliorare il calcio, ma di aggiungere sempre più partite per fare più soldi e mantenere in piedi un carrozzone sempre più bolso e sbilenco, che non sa più attrarre l'interesse e l'attenzione dei tifosi.

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Invece di migliorare il gioco (introducendo regole più oggettive e trasparenti, utilizzando meglio le tecnologie esistenti, e riducendo il più possibile il margine di arbitrarietà nella conduzione delle gare), i vertici del calcio si concentrano su dettagli risibili, come testimonia la novità degli otto secondi con la palla in mano per i portieri. Tra le tante innovazioni possibili (stop al cronometro per infortuni, cambi e check VAR, chiamata al monitor a disposizione degli allenatori, line-technology per stabilire se la palla sia finita fuori dal campo) si è deciso di concentrarsi su come limitare un'astuzia dei portieri che è sì fastidiosa, ma che non è certo la priorità per rendere le partite più giuste e credibili. Nel frattempo, si inondano le TV con valanghe di partite sempre meno interessanti, creando un'inflazione di eventi che non fa altro che diminuire sempre più il valore del prodotto calcio e che lascia anche i più accessi tifosi mezzi addormentati sul divano, con il telecomando pronto a passare ad altro.

Il Toro, il giornalismo e l'Europa da sempre nel cuore. Degli ultimi due ho fatto la mia professione principale; il primo rimane la mia grande passione. Inviato, corrispondente, poi portavoce e manager della comunicazione per Commissione e Parlamento Ue, mi occupo soprattutto di politica e affari europei. Da sempre appassionato di sport, mi sono concesso anche qualche interessante esperienza professionale nel mondo del calcio da responsabile della comunicazione di Casa Azzurri. Osservo con curiosità il mondo da Bruxelles, con il Toro nel cuore. Mi esprimo a titolo esclusivamente personale e totalmente gratuito.

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