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Ivan Juric manager of Torino FC during the Italian Serie A, football match between Torino FC - AC Milan on 18 May 2024 at Stadia Olympic Grande Torino, Turin Italy. Photo Nderim Kaceli
Chiusa l'era Juric senza le soddisfazioni (reciproche) che ci si aspettava, la stagione del Toro resta appesa alla finale dei viola, ai quali naturalmente non si puo' che augurare di portare a casa la Conference. Quando il Toro potrà immaginare di battersi per un trofeo continentale invece non è dato sapersi, visto che ormai da anni si ripetono gli stessi copioni tanto logori quanto logoranti per i tifosi. In linea di massima gli scenari post stagione granata sono ciclici e dipendono dalla posizione temporale lungo una sinusoide di ampiezza decrescente. Per i meno addentro alle definizione matematiche basta immaginare la traiettoria di una palla che rimbalza a ritmo regolare ma che perde mano mano forza e i cui rimbalzi dunque sono sempre meno alti. Il ciclo Toro è molto simile: si parte di solito da un nuovo allenatore in cui si ripongono le speranze della società, al quale ci si impegna ad affidare una rosa il più possibile completa in termini di qualità e quantità. Dopo una ridda di nomi roboanti sul mercato, la realtà comincia a delinearsi in maniera più chiara ed emergono i primi acquisti che variano tra prestiti con diritto ''di non riscatto'', giocatori in esubero di cui società medio-alte sono pronte a disfarsi, giovani promesse (difficili da mantenere) e uno o due colpi milionari che svuotano le già magre casse e che pervicacemente tendono a offrire performance di cui i tifosi farebbero volentieri a meno (Verdi, Niang, Vlasic, Ilic solo per fare qualche nome). Per finanziare questi acquisti naturalmente vengono ceduti i pezzi pregiati della stagione precedente. A volte, ad onor del vero, si registrano acquisti sensati di giovani già in via di affermazione e che si rivelano poi dei buoni investimenti. L'assioma della coperta corta è pero' sempre in agguato, e a fronte dei pochi arrivi destinati a offrire buone performance, la mancanza di giovani talenti a basso prezzo e il drenaggio dovuto ad investimenti onerosi senza ritorno portano a rinfoltire la squadra (in genere all'ultimo momento) con mediocri pedatori a basso costo che compongono una panchina praticamente mai all'altezza delle necessità di un'intera stagione. A quel punto la sinusoide decrescente puo' avviarsi verso la sua naturale conclusione: nel corso della stagione la squadra giochicchia, crea pericolose illusioni nei tifosi se gli infortuni la risparmiano, mette in luce qualche buon talento. Poi piano piano comincia ad arrabattarsi, perde pezzi e titolari, si aprono falle che la panchina non puo' turare, si perdono le energie e le motivazioni e lentamente ci si arena intorno al decimo posto che di straordinario ha solo la capacità di essere centrato costantemente. Questo costante andamento discendente puo' essere turbato ancor più verso il basso se neanche i pochi pezzi pregiati in squadra si incastrano tra di loro, portando a vedere da vicino il baratro degli ultimi posti. Molto più raro invece che la variazione avvenga in senso opposto, come dimostrano le sole due volte in cui si è superato il nono piazzamento in classifica. A voler essere pessimisti, la ripetizione coatta di questa ciclica tendenza al ribasso è lo scenario più plausibile anche per l'estate che ci aspetta. Ma esiste anche un'altra sinusoide, che non ha niente a che vedere con quella improntata alla mediocrità che da trenta anni ci viene propinata. E' la sinusoide che visualizza il battito del cuore. E quello di noi granata è inalterabile dal tempo e dagli incidenti della storia.
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