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Hart come Law: una stella britannica che ha brillato troppo poco per il Toro

Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 
Il Granata della Porta Accanto / Torna la rubrica di Alessandro Costantino. Entrambi provenienti dal City, due storie con finali (probabilmente) simili: destino, piazza incapace di pensare in grande o società poco furba?

Chi nella stagione 1961/62 vide giocare Dennis Law, il funambolico scozzese futuro pallone d'oro dell'epoca, probabilmente sospira ancora adesso al ricordo di quel campione. Sospiri di nostalgia per aver visto un fenomeno come pochi se ne sono visti in maglia granata e di rimpianto per ciò che poteva essere se le cose fossero andate diversamente. Law di fatto chiuse la sua avventura al Toro in una notte di febbraio quando ebbe un pauroso incidente stradale col compagno inglese Baker. Il Toro era secondo in classifica e senza i due britannici chiuse con un modesto settimo posto. Lo scozzese fu ceduto nell'estate seguente allo United dove iniziò un ciclo vincente impressionante contribuendo ad aumentare il rammarico per cosa avrebbe potuto dare con la maglia granata.

Cinquantacinque anni dopo a sbarcare a Torino dalla sponda City di Manchester è il portiere della nazionale inglese Joe Hart. Lo scenario è differente, ma la portata in termini qualitativi è molto simile. Il City è una potenza calcistica in mano agli sceicchi, il Toro una nobile decaduta che vive il suo lustro di rilancio. Joe Hart è un portiere come non se ne vedevano dai tempi di Luca Marchegiani. Il suo impatto sul Toro è mediaticamente devastante, sebbene sul campo le sue qualità vengano spesso messe in ombra da una difesa a tratti imbarazzante. Il ragazzo è in prestito (gratuito)  ed il suo ingaggio fuori dalla portata delle ambizioni del presidente Cairo. La tifoseria lo adora anche solo perché succede temporalmente a portieri poco amati e tecnicamente modesti. Hart fa degli errori, come qualunque giocatore commette: la difficoltà di un calcio tatticamente diverso come quello italiano unito alla modestia di parte della rosa non permette all'inglese di emergere completamente come vero valore aggiunto. Gli ultimi errori in ordine temporale (Inter e Crotone) sono cavalcati dalla stampa come requiem della sua permanenza in maglia granata.

Ammettendo che a causa della sua delicata posizione contrattuale una seconda stagione a difendere la porta del Toro sarebbe stata comunque difficile, non posso non chiedermi se questa fretta nel liquidare Joe Hart sia dovuta al sottile piacere di chi è contento che certe ciambelle al Toro non vengano fuori mai col buco o semplicemente alla mentalità provinciale dell'ambiente granata che dal Grande Torino in poi non è mai stato in grado di “ripensare” in grande. Nel primo caso si avvalorerebbe la tesi che un Toro mediocre fa comodo a chi non vuole spartire la torta a livello cittadino e nazionale (ogni riferimento a note squadre è puramente casuale…). Nel secondo caso invece occorrerebbe ammettere, umilmente e tristemente, che siamo noi tifosi il vero freno ad un Toro realmente ambizioso. Attaccarsi agli errori di Hart per essere contenti che a giugno levi le tende e torni in Inghilterra è un atteggiamento facilmente classificabile nella  categoria perdenti e masochisti. Sembra quasi che il tifoso granata abbia paura a considerare il giocatore di talento come un valore aggiunto: invece di esaltarne le caratteristiche peculiari, ne sottolinea sadicamente i difetti principali. Succede anche con Ljiaic criticato per non metterci grinta quando il suo mestiere sarebbe metterci qualità, tanta qualità. Joe Hart forse non varrà il suo stipendio (4,2 milioni netti all'anno), ma una società lungimirante con un progetto di ampio respiro trasformerebbe in oro la presenza di Hart ricavandone molto più degli otto milioni lordi che deve corrispondergli. Il Torino ha scelto di cavalcare l’onda Hart perché era (quasi) gratis sperando di aver trovato un re Mida della porta. La realtà è che nessun giocatore da solo cambia una squadra. Ma una società che programma seriamente avrebbe trasformato Hart in una gallina dalle uova d'oro gettando le basi anche economiche di una sua permanenza. Purtroppo così non è stato e Hart il prossimo anno vestirà un'altra maglia. Noi tifosi rimarremo col rimpianto di cosa sarebbe potuto essere e cosa , di fatto, non sarà. E fra cinquant'anni racconteremo ai nostri nipotini del campione inglese passato dal Toro come una meteora sfortunatamente non troppo brillante…

 

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.