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I capitani del Torino

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Nel Segno del Toro / Torna l’appuntamento con la rubrica di Stefano Budicin: "In origine i capitani non si riuscivano a distinguere per via di ornamenti esterni, come le fasce sul braccio che caratterizzano quelli attuali"
Stefano Budicin

Quali sono le figure granata che si sono distinte di più in qualità di capitani? Quanti di loro sono rimasti nella memoria collettiva? In origine i capitani non si riuscivano a distinguere per via di ornamenti esterni, come le fasce sul braccio che caratterizzano quelli attuali. Li si poteva comunque notare per via del loro essere gli elementi più autorevoli della squadra. Forti, atletici e carismatici, avevano il compito illustre di rappresentare il team e di porsi come guide in grado di ispirare, coinvolgere e motivare i compagni.

Franco Ossola, nel suo “Il Toro dalla A alla Z,” riprende un passo tratto dall’articolo 15 di un antico statuto calcistico granata, il quale identifica il capitano con le seguenti parole: Il Capitano ha il carico del comando della sua squadra sul terreno e dovrà conservarla nella formazione fissata dalla Commissione Sportiva, salvo casi speciali. Egli farà svolgere ai suoi compagni di squadra il miglior gioco possibile nelle diverse contingenze, secondo le istruzioni avute dal trainer; egli avrà autorità assoluta sui componenti della squadra, dovrà sorvegliare affinché si comportino decorosamente e senza violenze, in ogni partita, su qualsiasi terreno di gioco; in altre città curerà che i giocatori si tengano sempre tutti riuniti a lui, in vigilando che non commettano alcun disordine. Ha diritto di scacciare dal terreno il giocatore che non obbedisca ai suoi ordini. Curerà che tutte le divise dei giocatori siano uniformi e linde. Potrà proporre alla Commissione Sportiva, per punizioni, come pure per elogi, quei giocatori che ritenga meritevoli delle une o degli altri. I Capitani devono avere una tecnica di gioco sufficiente e tenersi al corrente di tutte le modificazioni al regolamento di gioco.

Il primo capitano granata che si ricordi è lo svizzero Friedrich Bollinger. Difensore, è un campione di eleganza e di rispetto delle regole. Di conseguenza, è la figura ideale per ricoprire un simile ruolo. Una volta smesso di giocare cede il posto a Enrico Bachmann, altro personaggio che occupa una posizione di preminenza nel cuore granata. Successivamente è la volta di Valentino Mazzola, il cardine del Grande Torino. Cinque scudetti consecutivi vinti e 118 gol segnati demarcano il percorso atletico dl Capitano per eccellenza. Dopo di lui, la palla passa a Riccardo Carapellese, per poi andare a Enzo Bearzot e quindi a Giorgio Ferrini.

Ferrini resterà per quindici anni il capitano della squadra, ed è ancora al primo posto nella storia del club per numero di presenze: 566 per 42 gol segnati. Quando arriva l’ora di ritirarsi, Ferrini consegna l’eredità a Claudio Sala, che porta i suoi compagni a conquistare l’ultimo scudetto (annata ‘75-’76). Negli anni si sono quindi succeduti Renato Zaccarelli, Giuseppe Dessena, Roberto Cravero, Luca Fusi, Gianluigi Lentini e Marco Ferrante. Per tacere di Federico Balzaretti, Alessandro Rosina, Danilo D’Ambrosio, Giuseppe Vives, Kamil Glik. Negli ultimi tempi abbiamo avuto Marco Benassi, Emiliano Moretti e Andrea Belotti. Tutti capitani meritevoli di ricoprire la posizione, pur non potendo ambire al podio degli eccelsi: Mazzola, Sala e Ferrini.

Laureato in Lingue Straniere, scrivo dall’età di undici anni. Adoro viaggiare e ricercare l’eccellenza nelle cose di tutti i giorni. Capricorno ascendente Toro, calmo e paziente e orientato all’ottimismo, scrivo nel segno di una curiosità che non conosce confini.

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