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columnist
C’erano due ragazzi che non ascoltavano i Beatles e i Rolling Stones, ma avevano un’assidua e proficua frequentazione con l’Avvocato Giovanni Agnelli. Questi due ragazzi, frequentatori da sempre del bel mondo e delle belle donne, hanno sempre ricevuto incarichi prestigiosi sia nel mondo dello sport che fuori dal mondo dello sport. Sono finiti persino per essere soci al 50% in un società di partecipazioni nel settore nautico. Definiamoli ragazzi poliedrici, perché se si volesse maliziosamente pensar male sulla prodigalità degli incarichi da essi ricevuti(si passa da vendita ad auto di lusso, a posti in consigli di amministrazioni bancari, a compagnie ferroviarie, a membro di fondazioni culturali e di circoli sportivi importanti, a membro della giuria del David di Donatello, ecc.), qualcuno potrebbe scomodare il noto concetto psicanalitico dell’invidia sociale e definirebbe gli autori della malizia dei mediocri “rosiconi”. Soffermiamoci, per ora, su quello situato al momento nel centro di un vero occhio del ciclone.
Giovanni Malagò è protagonista, in queste ore, di un vero scontro frontale con Giancarlo Giorgetti, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Il tema dello scontro è ormai a conoscenza dell’opinione pubblica, e riguarda, sostanzialmente, le gestione dei 400 milioni di euro e passa, ogni anno messo a disposizione dal Governo Italiano allo sport nazionale per tutte le proprie incombenze. E’ inutile, e sarebbe alquanto noioso, descrivere qui in modo analitico la riforma Giorgetti, anche perché ormai tutta la pubblica opinione ne avrà avuti ampi riassunti e stralci. Quel che è necessario tornare a sottolineare è la volontà dell’attuale governo di ridisegnare le modalità con cui i finanziamenti dello stato allo sport, che non è mai troppo noioso e banale ricordare essere soldi di tutti i contribuenti, vengono utilizzati. Tra queste nuove modalità c’è quella di lasciare al Coni solo la gestione dei soldi per le attività olimpiche, mentre il restante del finanziamento statale dovrà essere gestito direttamente da un nuovo ente alle dirette dipendenze del ministro con delega allo sport, attualmente Giancarlo Giorgetti. Malagò ha subito gridato all’attentato della politica all’indipendenza dello sport, giungendo a sostenere che “nemmeno il fascismo aveva osato tanto”. A parte che il leit motiv, riferito all’attuale governo, del “ritorna il fascismo” ormai sta raggiungendo livelli surreali e comici (il fascismo è stata una cosa tragicamente seria. Bisognerebbe stare molto attenti nell’abusare suoi riferimenti), non si comprende davvero quale sarebbe la natura dell’attacco governativo all’indipendenza dello sport. Sempre non si voglia sostenere che l’indipendenza dipenda dai soldi gestiti.
Ma se si parla di un discorso giuridico/filosofico, è bene ricordare che lo sport non fa parte dei tre poteri dello Stato Italiano(potere legislativo, potere esecutivo, potere giudiziario), che giustamente e necessariamente i padri costituenti avevano stabilito dovessero essere indipendenti. Lo sport, per sua natura, è un bene comune della nazione, ed è, come già abbiamo rilevato infinite volte in altre occasioni, un bene comune dei cittadini; un bene comune strettamente legato al processo educativo e aggregativo di ogni giovane generazione susseguente alle altre. E lo stato, ogni stato, non solo ha il diritto di occuparsi di sport, ma ha il dovere di farlo. E per “occuparsi” non si può “paraculatamante” (perdonate il francesismo) intendere lo faccia solo aprendo il portafoglio del suo bilancio annuale. Citazione da manuale di pedagogia (nobile materia spesso colpevolmente trascurata) sul concetto d’indipendenza: “arrivare a sentirsi capaci di fare da sé, di compiere un’azione utile, importante, senza l’aiuto di altri. Riuscire ad un fine difficile col proprio sforzo”.
Se questo concetto pedagogico ha una sua verità, allora l’indipendenza non è solo una cosa da conquistare, ma prevede, una volta raggiunta, anche delle responsabilità. L’esperienza di Malagò come presidente del Comitato Organizzatore dei Mondiali di Roma 2009, è proprio il caso di una richiesta d’indipendenza ottenuta, con relativo disastro finanziario compiuto e senza nessuna responsabilità affrontata e pagata. Centinaia di milioni di euro (dello stato e stanziati a vario titolo) buttati al vento, nessuna struttura rimasta funzionante e utile per la capitale. Solo rimpianti e code giudiziarie: questo è stato il lascito dei mondiali di nuoto del 2009. Ma in Italia, non si sa perché, solitamente chi combina disastri del genere dopo un po’, sotto il plauso entusiasta del sistema di potere “mainstream”, viene elevato ad altri e prestigiosi incarichi. Ecco quindi che nel 2013 Giovanni Malagò diventa presidente del Coni, acronimo di Comitato Olimpico Nazionale Italiano. E se l’acronimo ha un suo senso, e sarebbe assurdo pensare non l’abbia, il significato è chiaramente quello di un ente preposto ad occuparsi degli sport olimpici. Si fa fatica, quindi, a pensare cosa c’entrino la Pesca Sportiva e il Motociclismo (rispettivamente 1.276.863 e 1.903.861 milioni di euro assegnati dalla giunta presieduta da Malagò) nella gestione dell’ente olimpico nazionale. E’ evidente come al Coni siano state assegnati e ampliati, nel tempo, compiti palesemente non propriamente suoi. E la cosa andava anche bene, visto che si sta parlando di un ente pubblico non economico, giuridicamente posto sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Quindi sicuramente indipendenza dalla politica (e soprattutto partitica) nella gestione delle attività sportive olimpiche, ma soggetto a doverose verifiche da parte di una delle principali istituzioni politiche italiane, ovvero il governo in carica. Se negl’ultimi quarant’anni nessun governo si è premurato di chiedere conto come venissero spesi i soldi dei contribuenti, e se nessun governo ha chiesto conto ai vari presidenti del Coni(sia chiaro che le colpe del disastro strutturale dello sport italiano non sono solo del presidente onorario dell’Aniene) del perché lo sport amatoriale sia stato completamente lasciato allo sbando, e se nessun governo si è posto il problema dell’agonia che da anni sta vivendo l’atletica leggera, cioè la regina degli sport olimpici, ciò non vuol dire che ogni governo che verrà debba porsi nella stessa posizione omissiva. Bisognerebbe qualcuno consigli moderazione a Giovanni Malagò, e anche una qualche capacità diplomatica. Magari non sarebbe male se leggesse qualche libro di storia in più. Potrebbe addirittura scoprire, leggendo, che dal 1933 al 1939 fu Achille Starace presidente del comitato da lui oggi presieduto. Questo per non incorrere più in farneticanti slogan da “nemmeno il fascismo aveva”, perché qualcuno potrebbe ricordare al nostro ex ragazzo dei Parioli di un Achille Starace segretario del Partito Fascista.
Se lo sport vuole tornare ad essere amministrativamente più indipendente, mostri di meritarselo. Comincino, i loro dirigenti, a fugare dubbi sui loro conflitti d’interesse, per evitare un Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio rilevi come “un’anomalia l’appartenenza al Circolo Aniene delle prime cariche del Coni”. La smettano di voltarsi dall’altra parte, quando da commissari della Federcalcio consentono ad una società, la Juventus, non solo di fare il bello e cattivo tempo a livello finanziario (prima o poi qualcuno aprirà un’inchiesta sulla montagna di soldi avuti dal Credito Sportivo? Soldi che lo stesso ente sembrerebbe non aver concesso per la ricostruzione dello stadio “Filadelfia”, monumento storico del Grande Torino), ma anche di imporre in Lega A un nome, quello di Miccichè, vero ginepraio di conflitti d’interessi. Malagò cerchi, nel tempo in cui occuperà la massima poltrona dello sport italiano, di fugare i dubbi che hanno sempre accompagnato l’altro ragazzo poliedrico di Gianni Agnelli. Quel Luca Cordero di Montezemolo, che da presidente del Comitato Organizzatore di Italia 90 ha lasciato traccia di sprechi di denaro pubblico e di stadi a distanza di soli 28 anni ridotti a manifesto della fatiscenza e degli errori tecnici di progettazione(è quasi paradossale come l’Italia abbia avuto una grande occasione di fare stadi nuovi, e di come oggi si ritrovi con il problema degli stadi vecchi). “In Italia abbiamo la necessità di dirigenti sportivi, anche all’interno delle Federazioni. Dirigenti che facciano uscire lo sport dall’arte di arrangiarsi”, ha dichiarato recentemente Giorgetti.
Chi scrive non è un elettore della Lega, né un suo simpatizzante, ma era ora che la politica battesse un colpo riguardo i problemi dello sport. Dispiace che la risposta di Giovanni Malagò siano state ventilate dimissioni (“che non do per senso di responsabilità”), perché non sarebbe davvero una buona idea un suo eventuale abbandono. Visto lo spirito del tempo, dopo l’elezione alla vicepresidenza della LegaPro dell’attrice Cristiana Capotondi, il rischio concreto potrebbe essere quello di ritrovarsi Raoul Bova alla presidenza del Coni. No, meglio tenersi ancora un po’ Malagò, perché finché non si trova il meglio è saggio tenersi il peggio a noi noto. Almeno sai cosa aspettarti. Fanno tenerezza quegli atleti prodighi nel difenderlo, evidentemente non conoscono il giudizio fulminante che Franco Carraro diede di lui:”un fenomeno. Come quei giocatori che alla roulette russa capiscono il colore sul quale puntare. E passano dal rosso al nero e viceversa. Sempre al momento giusto”.
(ha collaborato Carmelo Pennisi)
Anthony Weatherhill, originario di Manchester e nipote dello storico coach Matt Busby, si occupa da tempo di politica sportiva. E’ il vero ideatore della Tessera del Tifoso, poi arrivata in Italia sulla base di tutt’altri presupposti e intendimenti.
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