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columnist
“Sono come Gesù che ha cacciato
i mercanti dal tempio”
Claudio Lotito
In nome del nostro amore per il calcio, e della nostra conseguente voglia di calcio, capita si accetti di tutto. Ma davvero di tutto. Capita, addirittura, che si giunga a rimuovere il concetto di coscienza, pur di continuare a vedere indisturbati lo scorrere delle giornate di un campionato, innamorati e rapiti dalle vicende della squadra del cuore. E con il tempo si diventa cinici, senza nemmeno rendersene conto. Assurge ad unica cosa che conta la vittoria di una partita più degli altri o l’avere una posizione di classifica migliore di quella dell’anno precedente. Non importa come ci si riesce, e non importa in che modo la proprietà mette in scena la tua squadra del cuore. Conta avere una posizione in classifica in più, al fine di cercare di monetizzarla il più possibile. “La gente non ha capito che dalla metà degli anni 90 le squadre di calcio sono diventate società per azioni, quindi devono fare utili”, ha detto Aurelio De Laurentis nella surreale conferenza stampa di presentazione del suo Bari, davanti alla stampa del capoluogo pugliese. Spero possa perdonare, il presidentissimo del Napoli, il riferimento alla sua persona parlando del possesso del Calcio Bari. Sono giorni che l’imprenditore cinematografico va dicendo a destra e a manca che il presidente del Bari è il suo figlio primogenito Luigi. Il quale primogenito, a malapena e grazie all’insistente curiosità della stampa barese, ha avuto il permesso di informare “urbi et orbi” il suo prossimo trasferimento da Londra a Bari per occuparsi h24 delle vicende della squadra di calcio appena acquisita dalla famiglia De Laurentis.
Per il resto è stato uno show torrenziale dai caratteri egocentrici e aggressivi di un genitore preoccupato di far sapere al tifoso medio la sua idea di ristrutturazione del calcio italiano, per farlo entrare finalmente nel futuro. Ovviamente un futuro prefigurato da lui e da qualche suo sodale in visioni e relativi affari. Allora vediamo un po’ di descrivere questo futuro prefigurato dall’Aurelio nazionale. In primo luogo bisogna togliersi dai piedi quell’inutile orpello novecentesco recante il nome di Federazione Italiana Gioco Calcio, colpevole di non capire le necessarie esigenze mercantilistiche delle società calcistiche contemporanee. “Bisogna azzerare i poteri della Federcalcio, così come promesso dal mio amico Giovannino Malagò(da notare il vezzeggiativo usato per il nome, ad indicare ostentatamente grande sodalità), il quale è uomo politico di grandi ambizioni. E siccome si trova al suo ultimo mandato come presidente del Coni, in futuro dovrà trovarsi una nuova collocazione politica e i voti della Campania e della Puglia sarebbero per lui necessari. Chiaramente questa non è una minaccia, ma un dato oggettivo”. Lascio al lettore giudicare se queste parole siano una minaccia, un avvertimento, un consiglio d’amico o quant’altro, quel che preme in questa sede è analizzare la sostanza del De Laurentis pensiero, gravido di concetti che definire mercantilistici temo sia un eufemismo. Infatti, proseguendo nel suo disegno per un futuro del calcio italiano, il patron napoletano ha ricordato, veramente con molta eleganza, come sia “la Serie A a mantenere tutte le serie minori, e che se nella riforma della Federcalcio questo dato di fatto non si tramuterà in più potere per Lei(tradotto:più voti decisionali), allora forse decideremo, sulla scorta della Premier League, di staccarci dalla Federazione per associarci all’Eca”(European Club Association).
Ovviamente anche questa non è una minaccia, ma solo un far contare un legittimo potere detenuto dai presidenti della massima serie. Ovviamente per De Laurentis. Non si hanno notizie di una reazione di Giovannino(ma sì, chiamiamolo così anche noi) Malagò, il quale probabilmente non sa ancora quanto deve stare attento per le sue ambizioni politiche. Ma De Laurentis non si è fermato qui nelle sue visioni futuristiche, e ha candidamente ammesso quanto per lui l’evento da stadio non conti più, visto che vuole raggiungere i suoi tifosi(da lui chiamati, senza mezzi termini, clienti. Almeno ha il pregio di non essere ipocrita) direttamente nelle comode poltrone di casa. Ecco perché vuole progettare uno stadio di massimo ventimila posti, uno spazio dalla funzione di semplice cornice minimalista ai restanti trentanove milioni e novecentoottantamila “clienti” da televisione. E’ una vera volpe il fu cinematografaro romano(ormai il cinema rimarrà sempre più ai margini della sua attività imprenditoriale. Ecco perché il figlio Luigi si occuperà del Bari), e ha ben capito come ben mettere all’incasso la”droga” calcio, come quando fa pagare l’evento televisivo delle amichevoli precampionato dieci euro l’una. Non voglio definire con nessun aggettivo la vendita di un’anonima e insignificante amichevole estiva, non volendo correre il rischio di ritrovarmi circondato dagli avvocati del buon Aurelio, sempre pronti a sporgere querele a volontà. Registro solo che il Napoli è l’unica società in Italia a farsi pagare l’evento amichevole estivo via tv. Cairo, tanto per fare un paragone, la prestigiosa amichevole contro il Liverpool l’ha fatta trasmettere in chiaro attraverso La7. I tifosi del Napoli, sempre contro il Liverpool, non hanno avuto la stessa fortuna e hanno dovuto pagare i soliti dieci euro.
“Se fate un sondaggio tra i quaranta milioni tifosi del Napoli(ma saranno davvero quaranta milioni poi?), scoprirete che la maggior parte stanno con me”, ha continuato nella conferenza stampa di Bari, dove, a suo dire, si sarebbe dovuto parlare solo del Calcio Bari. Invece si è dilungato sulla Federcalcio, su Malagò, su come il sindaco di Bari sia infinitamente migliore di De Magistris, e non poteva certo mancare un omaggio al presidente della Lega Calcio Serie A, Gaetano Miccichè: “un signor presidente, oltre che banchiere”. Miccichè è quel genio d’uomo che sta costringendo i tifosi italiani a sottoscrivere due abbonamenti tv, se vogliono seguire tutte le partite della loro squadra del cuore. Per la serie: non abbiate dubbi, io sono proprio un banchiere. Proseguendo nel suo viaggio nel futuro, il presidente del Napoli ha chiarito ai presenti che molti presidenti della Serie A non hanno ancora capito(chiaramente è solo lui a capire. Lui e tutti quelli che concepiscono il calcio come un affare) come i club “siano a scopo di lucro, e che presto il campionato cambierà pelle”, giungendo a prefigurare un campionato ridotto a quattordici squadre, “perché il Frosinone proprio non ce la fa a giocare nemmeno contro l’Atalanta. Vedevo la differenza proprio mentre giocavano”. Cosa vuoi dire ad uno che si esprime così? Cosa vuoi dire ad uno che vorrebbe una torta sempre meno condivisibile con altri? Meglio non dirgli niente, altrimenti si rischia di finire come il povero Umberto Chiariello, giornalista di Canale21, minacciato di querela con relativo consiglio all’editore(“che è una brava persona”) di licenziarlo, perché mestatore di tifosi anti De Laurentis e propagatore di bufale. La bufala, secondo il presidente del Napoli, sarebbe stata la notizia diffusa da Chiariello di un contatto tra Luigi De Laurentis e Cavani, per convincere il giocatore uruguagio a sbarcare a Napoli. L’arroganza e la violenza di Aurelio De Laurentis(è incredibile come si possa fare pressioni per far perdere il posto di lavoro ad una persona) non hanno trovato nessuna reazione da parte dell’Ordine dei Giornalisti, rimasto in silenzio di fronte a questa inaudita aggressione. Oltre a Chiariello, solidarietà va data ai tifosi del Napoli, definiti dal loro presidente “chiacchieratori da bar”, per cui non all’altezza di professionisti del calcio come lui.
Sicuramente un grande professionista è Luigi De Laurentis, basti vedere il curriculum(sic) maturato nel mondo del calcio. Ricapitoliamo sinteticamente il futuro prefigurato dal presidente del Napoli: tifosi trasformati in clienti, la Serie A ridotta a quattordici squadre, il massimo campionato italiano che si stacca dalla Federcalcio, uno stadio da ventimila persone, le squadre della massima serie che si legano all’Eca. E’ davvero un bel futuro, uno di quelli dove i mercanti fanno quello che vogliono e dove i clienti devono sottostare alle loro leggi, senza nessun organo terzo a sovrintendere e proteggere gli interessi generali. Ci sono tifosi che si augurano un presidente come De Laurentis, tifosi a cui voglio dedicare un interessante detto: “quando Dio vuole punire, realizza i nostri desideri”.
Di Anthony Weatherill
(ha collaborato Carmelo Pennisi)
Anthony Weatherhill, originario di Manchester e nipote dello storico coach Matt Busby, si occupa da tempo di politica sportiva. E’ il vero ideatore della Tessera del Tifoso, poi arrivata in Italia sulla base di tutt’altri presupposti e intendimenti.
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