Ad ogni modo ciò che più mi ha colpito della vicenda è stata la doppia lettera di commiato del ragazzo e della moglie. Parole assolutamente non di circostanza, specialmente quelle della signora Benassi. Abituati a lettere composte ad arte da qualche ufficio stampa o a sciocche invettive di chi blaterava di approdi nel calcio che conta, le righe vergate dai Benassi sono intrise di semplicità e di un unico messaggio di fondo sintetizzabile in: “cavolo, è veramente dura lasciare il Toro e Torino”. Noi tifosi granata ci riempiamo spesso la bocca del concetto di “attaccamento alla maglia”, ma poi, non conoscendo i giocatori di persona, facciamo fatica a percepire chi ci tiene davvero e chi no. Questo è in parte dovuto al fatto che il nostro giudizio è formato al 90% dall'atteggiamento che hanno sul campo e solo in piccola parte su ciò che pensano o provano davvero come uomini che giocano per il Toro. Benassi rientra in quella categoria di calciatori poco appariscenti anche fuori dal campo il cui attaccamento è stato molto più genuino di quello di tanti suoi colleghi ben più quotati.
Non mi strappo le vesti per la partenza di Benassi, però con amarezza mi accorgo di aver sottovalutato il suo sincero sentire la maglia granata. Eppure se avessimo una rosa di brocchi ancorché acesissimi tifosi del Toro immagino che non faremmo molta strada! La soluzione dunque è provare a bilanciare qualità tecniche adatte a fare del Toro una grande squadra e atteggiamento positivo ed entusiasta verso il club che noi tifosi amiamo. È importante avere i Moretti, i Vives, i Bianchi e in futuro anche i Barreca o i Parigini, gli Edera e gli Aramu che arrivano dal vivaio e sono cresciuti a pane e Toro. Arriva però un momento dove anche quelli meno “romantici”, ma tecnicamente più forti, sono da integrare nel gruppo per alzare il livello qualitativo complessivo.
La differenza in realtà dovrebbe farla l'ambiente. Se compri giocatori di un certo livello e li cali in un ambiente fortemente connotato di valori e prinicipi in linea con la storia ed il blasone di una squadra come il Torino, è più facile che si scateni una reazione di appartenenza in tali giocatori che potranno, quindi, lentamente imparare ad apprezzare e a ben volere quello che per loro è molto prosaicamente nient'altro che un “ luogo di lavoro”. Nel Torino del passato questo avveniva e sia grandi campioni che giocatori più modesti si sono innamorati del Toro e dai suoi tifosi sono stati amati.
E allora? Non ho personalmente una ricetta da offrire in questo senso. Il caso Benassi mi ha fatto riflettere su quanto spesso diverga il nostro giudizio tecnico da quello umano: amare il Toro ed essergli tecnicamente utili non è così scontato. Il Filadelfia spero ci aiuterà ad aumentare parallelamente il livello tecnico di chi indossa la maglia granata e il sentimento di amore verso i nostri colori che dovrebbe sgorgare dal cuore che pulsa sotto quella maglia.
Da tempo opinionista di Toro News, dò voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita
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