columnist

Il colore di Parigini

Maria Grazia Nemour
Sotto le granate / Torna la rubrica della nostra Maria Grazia Nemour

Vittorio Parigini. Ogni anno a giugno mi chiedo se sia la volta buona, se lo vedremo maturato della giusta tonalità granata, Vittorio Parigini. Che poi è il colore che ha vestito da bambino fino all’adolescenza, il granata. La mamma lo portò in un campo di calcio a quattro anni, era davvero monello, per provare a farlo stancare un po’, diceva. Anni di formazione nel fisico e nel carattere, quelli. Formazione granata, che per chi nasce nella periferia di Torino ha un significato per nulla scontato. Ventisette reti in ventiquattro partite nei Giovanissimi nazionali, e a chiedergli come c’è riuscito risponde che boh, o era forte, o i portieri erano scarsi. Formazione granata, già, sarà per questo che Parigini mi è sempre piaciuto. Come Barreca, come Edera. Sono di parte io, sì, ma proprio proprio partigiana, sì. Anche a Longo, Vittorio è sempre piaciuto tanto, ma così tanto da fidarsi di lui e schierarlo spesso tra i più grandi. A Parigini non è mai stato il carattere a mancargli, anzi. E poi quando diventi un professionista il rendimento non cambia in funzione del contesto, l’appartenenza è un sentimento che si ferma ai dilettanti, una squadra vale l’altra, giusto? È un contratto da onorare privo di clausole emozionali. E sarebbe così. Se gli uomini non fossero umani, sarebbe sicuramente così.

E poi arriva quel giugno del 2013 per Parigini, quell’estate che lo battezza professionista e giocatore in prestito, guadagna la serie B nella Juve Stabia. Il giugno successivo arriva con una nuova destinazione, Perugia. L’ambiente stimolante di una squadra giovane appena promossa in serie B, un buon posto per crescere per Parigini. E a inizio estate del 2015 Toro e Perugia rinnovano il patto: Parigini rimane in Umbria un altro anno.

Gira il tempo e nell’estate 2016 il granata di Parigini torna a Torino per il ritiro estivo. Io di nuovo  a crederci, dai che ha conquistato il colore giusto, resta. Ma Miha non è del mio avviso e Vittorio il campionato a fine agosto lo inizia a Verona, nel Chievo, il suo primo campionato in serie A. Lo inizia ma non lo finisce, qualcosa non funziona, forse avevano interesse a una punta e non a un’ala, comunque sia, dopo qualche mese di panchina in A, torna a giocare in B, in casa Bari. "Il mister mi ha convinto in dieci minuti” dice Parigini, “Già in estate avevo ricevuto un'offerta dal Bari ma ho voluto tentare il grande salto in A. Durante i mesi a Verona, ho capito che mi serviva fare ancora esperienza tra i cadetti. Non ho esitato ad accettare Bari, è una piazza ambiziosa. Ora penso solo al presente, tra sei mesi valuteremo il da farsi col Torino. Punto a segnare dieci reti con la casacca biancorossa. Non temo la panchina, stare fuori per una partita non è la fine del mondo anzi, sarò pronto a incitare e dare una mano ai miei compagni di squadra".

Però il gol è uno solo, di nuovo qualcosa non va come dovrebbe. Ma avere l’umiltà di ammettere che altri mesi in B sono quello di cui ha bisogno, e saper stare seduto in panchina lavorando sodo per conquistare la possibilità di alzarsi e entrare in campo, sono insegnamenti fondamentali da metabolizzare, per migliorare. È di nuovo estate, quella del 2017. Di nuovo Parigini è uno dei granata del ritiro. Di nuovo resta a casa per poco, la partenza di fine estate ha come destinazione Benevento. Un’altra squadra fresca fresca del salto in serie A. I patti sono di un riscatto definitivo in caso di consolidamento in serie A l’anno successivo, ma già sappiamo che il Benevento non si appiglia con le unghie in A, e scivola giù, in B.

E tra qualche giorno sarà di nuovo giugno, nuovo giro per Parigini. Lo rivedrò in granata per il ritiro? E chi lo sa.Le ciliegie non maturano a marzo, ma ora è fine maggio, chissà se Vittorio si è fatto granata abbastanza per restare a Torino.

Piace ai Viola, piace soprattutto dopo averlo visto segnare e seminar tempesta d’Azzurro vestito nell’Under 21. Al Bologna, piace, al Parma e al Sassuolo piace. E a Mazzarri, a lui piace? E se ce la facessimo crescere in casa la nuova ala? Sotto l’ala adulta di Ljajic, magari. Ecco, volevo solo dire che non avrà importanza, ma a me di Parigini piace il colore. Granata.

Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.