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Il granata della porta accanto

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Qualunque discussione che abbia come oggetto il calcio dovrebbe avere come chiara premessa l'enunciazione di due assiomi fondamentali senza i quali nulla di ciò che verrebbe detto avrebbe  davvero senso: il primo è che il calcio...
Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 

Qualunque discussione che abbia come oggetto il calcio dovrebbe avere come chiara premessa l'enunciazione di due assiomi fondamentali senza i quali nulla di ciò che verrebbe detto avrebbe  davvero senso: il primo è che il calcio non è una scienza esatta e il secondo è che ogni valutazione fatta al suo interno è comunque distorta dall'ottica del risultato finale. Appurato ciò, un essere razionale si domanderebbe perchè, dunque, sprecare fiato ed energie a disquisire di football, ma siccome, d'altro canto, si continua a giocare alla lotteria pur conoscendone le scarsissime possibilità di vincita e si fuma pur conoscendone le altissime probabilità di ammalarsi, anche questa domanda perderebbe di significato. Sorrido, pertanto, quando, fra i tanti temi che avvolgono la quotidianità del Toro, sento parlare dei giovani e dell'opportunità o meno di una loro presenza più massiccia in prima squadra. La questione in sé è affascinante per noi tifosi granata, da sempre sensibili alla crescita dei ragazzi del nostro vivaio e oltremodo orgogliosi quando qualcuno di loro riesce a sfondare nel mondo del calcio, ma non è per niente scevra della tipica sterilità che un argomento di tale portata e complessità si trascina inevitabilmente dietro.

 

NESSUNA FORMULA MAGICA - L'amara realtà, e i più sensibili spero mi scuseranno per questa mia crudezza, è che non esiste una ricetta giusta per far crescere giovani campioni, né un metodo sicuro per favorirne l'inserimento in prima squadra. Al più si possono creare le migliori condizioni perchè ciò avvenga, ma sono talmente tanti i fattori in ballo che nulla è certo. Chi produce vino sa che può incidere sul prodotto finale solo fino ad un certo punto, perchè le grandi annate (ma anche quelle scarse) non dipendono certo dalla sola perizia dei viticoltori... Tutti speriamo che Diop sia il centravanti del Torino del domani, che si riveli un campioncino confermando ciò che di buono sta facendo intravedere tra la Primavera e le amichevoli con la prima  squadra, ma nessuno, nemmeno Ventura, ha la certezza di quale sia il percorso che il nostro Abou debba fare perchè ciò avvenga. Buttarlo nella mischia? Mandarlo a farsi le ossa? Farlo crescere con gli allenamenti in prima squadra? Tutte opzioni valide ma quale la migliore?

 

DI CESARE CASO EMBLEMATICO - Valerio Di Cesare alla sua età emigrava al Chelsea e potenzialmente sarebbe potuto diventare il centrale da affiancare a Terry nei Blues. Non è andata così, ha fatto un'onesta carriera in B ed ha esordito a 29 anni in A col Toro. E' andata bene o è andata male? Dal punto di vista degli allenatori che Di Cesare ha avuto nelle giovanili è andata bene perchè il ragazzo è diventato un professionista di livello, secondo i dirigenti del Chelsea invece è andata male perchè il ragazzo non è lì, al fianco di Terry. Giudizi differenti legati a risultati differenti, oltre all'ennesima dimostrazione che nel calcio di oggettivo c'è proprio poco. Se no come si spiegherebbero le tante storie di ragazzi scartati ai provini di una squadra e poi diventati campioni in un'altra? Perchè Pinga non è diventato un grande giocatore come sembrava dai suoi esordi in A? Perchè Ogbonna invece è cresciuto anno dopo anno diventando uno dei giocatori italiani più completi nel suo ruolo? Perché  Acquafresca era più forte a 18 anni e non adesso che dovrebbe essere al top della carriera? Come queste, mille altre domande si potrebbero accavallare e, pur discutendone sino allo sfinimento, non si raggiungerebbe mai, per nessuna di loro, una risposta davvero esauriente. Alla fine, che Ventura lo faccia giocare poco o tanto o anche niente, che l'integrità fisica lo assista o meno, che la volontà e la determinazione lo sorreggano oppure no, che i tifosi lo incoraggino o se ne stufino, che abbia un procuratore “maneggione” o non ce l'abbia affatto, se Diop diventerà un grande giocatore, tutto dipenderà in massima parte solo ed esclusivamente da lui. Perché, in fondo, i Romani non avevano poi tutti i torti: homo faber fortunae suae (ognuno è artefice della propria fortuna).In bocca al lupo, Abou, io, comunque vada, tifo per te.

 

Alessandro CostantinoTwitter: AleCostantino74

 

(foto Fornero)

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