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Il granata della porta accanto

Il granata della porta accanto - immagine 1
Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 

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La scorsa settimana abbiamo cominciato un viaggio per l'Europa alla ricerca di “tracce” di Toro in alcune squadre europee che vivono una situazione cittadina simile a quella granata: partendo dalla Spagna abbiamo parlato di Atletico Madrid ed Espanyol che dividono il palcoscenico calcistico delle proprie città rispettivamente con “cugini ingombranti” come Real e Barcellona.

 

I LEONI DI MONACO - Volando in Germania, invece, è inevitabile puntare l'obbiettivo sul Monaco 1860, cugino povero del potente e piuttosto antipatico Bayern. L'aggettivo povero tra l'altro calza a pennello per il club più antico della capitale bavarese perchè negli ultimi decenni (ma anche negli anni 70) i “leoni” (così detti perchè hanno un leone come simbolo) sono sopravvissuti a stento a continue crisi finanziarie. Le similitudini col Toro si sprecano: una finale di Coppa Coppe, l'unica finale europea giocata, ovviamente persa, una continua altalena tra Bundesliga e Zweite Liga (la B tedesca) negli ultimi vent’anni, un presidente potenzialmente ricco ma non troppo amato, e, soprattutto, la grana stadio. E già perchè il Monaco 1860 in occasione dei mondiali tedeschi (vi ricorda per caso una certa Olimpiade invernale?) formò una società al 50% col Bayern per costruire l'Allianz Arena, accollandosi a metà coi cugini i 340 milioni di euro del costo totale dello stadio. Per il ricco Bayern fu semplice reperire quei fondi ed avere gli introiti necessari per sostenere i successivi costi di gestione di una struttura del genere mentre il 1860, in poco tempo, si ritrovò sull'orlo della bancarotta. Il risultato fu che per non fallire la società dovette cedere il proprio 50% dell'Allianz  Arena e, guarda caso, fu proprio il Bayern che, a prezzo di saldo, venne in soccorso degli sfortunati cugini rilevandone la metà. Un affare piovuto dal cielo. Pur ammettendo di non conoscere tutti i retroscena della vicenda, non mi sentirei di escludere che i “leoni” siano finiti, in maniera eufemisticamente definibile ingenua, in bocca al vero leone di Monaco, il Bayern,. E se a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca, non escluderei neppure che la “torta stadi” bavarese abbia avuto una preparazione più teutonica, ma sia stata spartita, in definitiva, alla maniera torinese...

 

AD AMBURGO SVENTOLA IL JOLLY ROGER - Spostandosi a nord, esattamente ad Amburgo, c'è un piccolo club che è una sorta di culto in Germania (ma non solo visto che vanta fans club in mezzo mondo) e che penso non possa non attirare la simpatia della totalità dei tifosi granata. Si tratta del Sankt Pauli, piccola società amburghese che a partire dagli anni Ottanta ha adottato la bandiera col teschio e le ossa incrociate come proprio simbolo e ha iniziato a giocare i propri match casalinghi in uno stadio situato nel quartiere a luci rosse della città anseatica. Il risultato è stato qualche apparizione in più in Bundesliga e una permanenza più costante in Zweite Liga, dopo una storia prevalentemente scritta sui campi della terza serie tedesca. Ovviamente il paragone con il Toro non regge a livello di pedigree, ma si può non parteggiare per una squadra che ha vinto due soli derby con il forte Amburgo in cent'anni di storia?? Ed è possibile non invidiare una squadra che pur avendo avuto come miglior risultato di sempre una semifinale di Coppa di Germania, ha una media di 20.000 tifosi allo stadio? Un certo modo di intendere il calcio come filosofia di vita: ecco la traccia di granatismo  in questo piccolo grande club!

 

UN CASO OLANDESE - Analoga, ma con meno poesia, è la situazione in Olanda dello Sparta Rotterdam, squadra che vive all'ombra del Feyenoord. Sebbene nei Paesi Bassi Ajax, Psv e Feyenoord siano le squadre più titolate, lo Sparta è la più antica per fondazione, anno 1888, e ha sempre stazionato dignitosamente in Eredivisie, la serie A olandese, vincendo anche sei titoli di cui cinque però negli anni antecedenti il 1915. Nel 1916 la società costruì il proprio stadio chiamato Het Kastell, Il Castello, e da allora, sebbene ristrutturato nel 1999, è ancora il campo da gioco dello Sparta. Non si può certo dire che i tifosi e i dirigenti dello Sparta siano superstiziosi se no avrebbero già fatto traslocare la squadra dall’ Het Kastell visto che da quando hanno casa lì il palmares del club è stato incrementato con un solo scudetto per di più datato 1958. Un effetto decisamente diverso sulle vicende sportive rispetto a quanto lo ebbe il Filadelfia per il Toro, ma un immenso patrimonio in quanto a senso di appartenenza: 96 anni nello stesso stadio sono un record che ha visto generazioni e generazioni di tifosi frequentare gli stessi spalti. E un sospiro di malinconia per chi, come noi granata, una “casa” ancora non l'ha ritrovata....

 

Alessandro Costantino (Twitter: AleCostantino74)

 

(foto Campo)

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