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Il granata della porta accanto

Ho avuto la fortuna di viaggiare parecchio in Europa e non solo, di conoscere molte persone di altri Paesi e, non so a voi, ma a me è capitato spesso di trovare nel calcio un argomento di conversazione  davvero “senza...
Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 

Ho avuto la fortuna di viaggiare parecchio in Europa e non solo, di conoscere molte persone di altri Paesi e, non so a voi, ma a me è capitato spesso di trovare nel calcio un argomento di conversazione  davvero “senza frontiere”. In tutte queste situazioni, però, la nota dolente per me giungeva ogni qual volta dicessi che venivo da Torino: implacabile dall'altro lato trovavo lo straniero di turno che con la faccia illuminata neanche avesse avuto l'idea più geniale del mondo mi poneva la classica domanda/affermazione: “Juventus?!”. Quanti fiumi di parole ho dovuto sprecare in inglese per spiegare ogni volta con certosina pazienza che, no, non ero della gobba, ma del Toro, la “vera” squadra di Torino. E che fatica spiegare i motivi della cosa o anche solo in certi anni citare un giocatore del Toro che fosse internazionalmente noto...

 

 

C'E' DEL TORO IN EUROPA? - Sarà per questo motivo che nel corso degli anni mi sono interessato sempre di più al calcio estero, un po' per curiosità, un po' per avere nuovi spunti di discussione calcistica in terre straniere, un po' con il desiderio di chi cerca in una realtà extra italica una situazione analoga a quella del Toro: una città con due (o più) squadre di cui una famosa (e antipatica) a livello planetario e l'altra (o almeno un'altra) genuina, “povera”, ma ricca di storia e tradizione. Il ragionamento fila liscio: se trovo una situazione simile a quella del Toro mi sarà più semplice spiegare con un esempio a chi non è italiano (ma anche chi è italiano spesso non comprende davvero il Toro...) cosa vuol dire essere del Toro. Apparentemente l'Europa pullula di scenari calcisticamente simili a quello della città di Torino. Apparentemente. Perchè è quasi impossibile trovare una squadra come la nostra: per quante analogie ci siano, la nostra realtà è talmente unica e peculiare che non esiste un omologo da un'altra parte. Però resta interessante passare in rassegna alcuni Paesi, a cominciare dalla Spagna.

 

 

A MADRID CON L'”ATLETI” - Prendiamo Madrid. C'è il Real, la Juve di Spagna, e c'è l'Atletico, Atleti com'è comunemente chiamato. La simpatia spontaneamente va ai “colchoneros” (i “materassai”, detti così perchè la divisa a strisce bianca e rossa ricorda la classica trapuntatura dei materassi di una volta), per la passione del tifo, per la subalternità verso il Real, per le disavventure societarie avute con Jesus Gil, per gli anni di segunda divisiòn. Ma poi scavando si scopre una squadra molto più “borghese” del Toro, con un palmares più ricco e dei budget comunque sempre più sostanziosi di quelli granata. Forse a Madrd c'è più Toro nel Rayo Vallecano, la terza squadra della capitale, ma anche lì il paragone non regge.

 

IL CASO SARRIA' - A Barcellona c'è l'Espanyol che subisce l'egemonia del Barcelona e qui la simpatia si eleva maggiormente. Il Davide-Espanyol non ha mai vinto il campionato, ma solo 4 Coppe di Spagna, però ci immedesimiamo totalmente in questo club se pensiamo che ha perso ben due finali di Coppa Uefa ed entrambe ai rigori! La scomparsa del suo capitano Dani Jarque ci accomuna ricordandoci i nostri Meroni e Ferrini, ma la tifoseria non è all'altezza di quella granata e la storia del club è meno “nobile” della nostra. C'è poi la vicenda della stadio Sarrià, il mitico stadio che vide l'Italia battere 3-2 il Brasile ai mondiali dell'82. Impianto di proprietà del club, una specie di Filadelfia per l'Espanyol, era situato in una zona semicentrica della città, ma nel '97 (coincidenza) per sanare i debiti, fu venduto ed abbattuto per farne un centro commerciale. Una storia triste come quella del Filadelfia, con l'enorme differenza che l'Espanyol trasse, al contrario del Toro, enormi benefici  ripianando le sue perdite, non fallendo, trasferendosi per una dozzina di anni allo stadio Olimpico del Montjuic per poi avere da pochi anni un nuovo stadio di proprietà. Invidiosi o disgustati? Visto con gli occhi del tifoso del Toro, è una storia che lascia spazio a molta ambiguità: avremmo sacrificato uno stadio come il Filadelfia per salvare il club dal fallimento? Il lieto fine sembra dare ragione agli allora dirigenti dell'Espanyol, ma io personalmente resto dubbioso: avrei preferito che si vendessero tutti i giocatori e che per un paio di annate si giocasse con i soli Primavera. Un paio di retrocessioni sul campo, spese al minimo, nuovamente i conti in regola e la risalita verso le serie superiori ripartendo però dalla stessa “casa”: sarebbe stato molto più “da Toro”... (continua con la seconda parte nella prossima puntata!)

 

Alessandro CostantinoTwitter: AleCostantino74  

(foto Dreosti)

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