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columnist
“Ricordo quand'ero bambino, sognavo una maglia e un pallon, ed ora che sono cresciuto, il Toro è il mio unico amor”: quante volte l'abbiamo cantata in curva Maratona! Ed in effetti per la stragrande maggioranza di noi tifosi granata il sogno di quando bambini giocavamo a calcio ai giardinetti era di diventare un giocatore del Torino. Poi siamo cresciuti, e questo sogno, irrealizzato per i più, ha lasciato spazio ad uno nuovo: diventare l'allenatore del Torino (c'è poi anche una sua variante molto più megalomane, diventare presidente/proprietario del Torino, ma su questa è meglio soprassedere). E già, perchè se qualcuno sosteneva che in Italia ci sono 60 milioni di commissari tecnici, allora almeno un milione di questi hanno il doppio incarico e sono anche allenatori del Torino. Io confesso di aver ufficialmente smesso, di essermi affrancato da questa insana, ma al tempo stesso irrefrenabile voglia di guidare anche solo virtualmente il Toro. E l'ho fatto per una serie di ragioni che qui di seguito vi illustrerò. E SE FACESSI LA FINE DI LERDA O NOVELLINO? - Non sono un “figlio del Filadelfia”, ma il Toro ce l'ho nel sangue anch'io e non potrei sopportare anche solo il pensiero di poter incappare in una stagione simile a quelle che hanno vissuto loro. Non mi potrei mai perdonare di aver trascinato a fondo la mia squadra del cuore. Figuriamoci poi se dovessi essere esonerato: una tragedia! E poi dopo mica potrei andare ad allenare un'altra squadra. No, non se ne parla proprio, c’è solo il Toro! GLI EPISODI SONO DETERMINANTI - Guardi le classifiche a fine campionato e scopri che tra una salvezza in scioltezza ed una tragica retrocessione ballano magari appena 3-4 punti. E ti chiedi come si fa a valutare onestamente ed oggettivamente il lavoro di un allenatore in base ai risultati. Quanti episodi nell'arco di un campionato possono far pendere la bilancia da una parte o dall'altra? Troppi francamente. E quanto incide il calendario nell'economia di una stagione? Incontrare tutte le squadre prima o poi è inevitabile, vero, ma incontrarle nel loro miglior momento di forma o quando sono falcidiate da infortuni, squalifiche o contestazioni dei tifosi, può essere più che determinante ai fini del risultato. Troppe variabili fuori controllo. Se ti dicessero di attraversare l'oceano atlantico con una barca, un equipaggio di undici persone ed una bussola, accetteresti? Più o meno fare l'allenatore è questo, con la differenza che, a seconda delle società, ad alcuni danno dei superyacht e ad altri delle zattere... HO PARLATO CON ANDREA ARDITO E MI HA FATTO CAMBIARE IDEA - Verso la fine del campionato 2007-2008, dopo una partita casalinga, incontrai Ardito. Il Toro stava lottando per salvarsi, era tornato De Biasi dopo la fallimentare gestione Zaccheroni, e i cosiddetti “vecchi” (tipo Brivio e Ardito stesso) erano di nuovo titolari a riformare l'ossatura della squadra che l'anno prima aveva fatto il miracolo della promozione. Complimentandomi con lui per la prestazione del pomeriggio, ricordo che gli dissi: “Eh, Andrea, ce ne vorrebbero undici come te in campo”. E lui mi rispose serafico: “Se ci fossero undici come me in campo, le partite finirebbero sempre 0-0”. Lì capii che la mia idea di gioco del calcio, in cui il cuore era preponderante sulla tecnica, non poteva funzionare. NON FACCIO NEANCHE IL FANTACALCIO - Non riesco a seguire il resto del calcio con un occhio così attento. Sono maniacale e super informato sul Toro, ma il resto mi lascia abbastanza indifferente: guardo qualche partita, leggo abbastanza, ma ho sempre cercato di evitare di farmi coinvolgere più di tanto. Se facessi il fantallenatore, dovrei iniziare a concentrarmi anche sui “miei” giocatori di altre squadre e pertanto inizierei ad avere un morboso interesse per i risultati di questa o quella squadra. Non mi va di esultare per un gol di Di Natale solo perchè ce l'ho al fantacalcio. Preferisco ogni maledetta domenica fremere per il Toro e tifare, in seconda battuta, per l'avversario di turno della Juve. Per queste ragioni io sto in curva Maratona e Ventura sta seduto in panchina. E la prossima volta che non sarò d'accordo con lui per una sostituzione o per il modulo, mi morderò le labbra invece di dire qualcosa: in fondo è giusto così, non sono mica matto da voler fare a cambio con lui!
Alessandro Costantino
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