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Il granata dalla porta accanto

1, 10, 100, 1000 Zaccarelli!

Zaccarelli, Rampanti, Filadelfia
Il pareggio di Monza certifica la fine della crisi, ma la nostra “diversità” dov'è andata a finire?

Il pareggio di Monza, seppur condito da fondatissime polemiche sull’arbitraggio di Doveri che, annullando il gol di Rodriguez e non concedendo il penalty a Lazaro nel finale, ha impedito ai granata di conquistare la terza vittoria consecutiva in campionato, certifica che il Torino è, sì, guarito dalla sua crisi post derby, ma è anche avviato a fare il solito campionato da metà classifica. Attenuanti ce ne sono, a partire dagli infortuni che chirurgicamente hanno privato in questa fase iniziale della stagione Juric della possibilità di giocarsi al completo molte partite con tutti gli uomini che dovrebbero formare l'ossatura dell'undici titolare, per finire appunto con alcune decisioni arbitrali a dir poco dubbie. Sull'altro lato, come anche onestamente ammesso dallo stesso mister croato, sul campionato del Toro pesano errori di gestione dello spogliatoio che hanno compromesso gli equilibri creati nei precedenti due anni.

Dopo Monza, e quindi in vista della sosta per le Nazionali, si può dire che il Torino è tornato in carreggiata sebbene, a mio avviso, il tema è comunque un altro. Non si possono, infatti, ignorare le sagge parole che Renato Zaccarelli, che ricordiamo ai più giovani è, con 413 presenze, il terzo giocatore di sempre nella storia granata, dietro a Ferrini e Pulici, per numero di partite giocate con il Toro, ha pronunciato in una recente intervista parlando dell'attuale società:“difficile seminare se si è dato il diserbante”. Quante volte noi semplici tifosi ci siamo lamentati della mancanza di uno spirito granata nell'azione (e spesso nell'immobilismo) del presidente Cairo? Quante volte siamo rimasti amareggiati vedendo che uno ad uno e un pezzo alla volta questa società è stata depauperata dei suoi valori tradizionali che l'hanno resa nel tempo diversa da tutte le altre nel panorama calcistico italiano e mondiale? “Sembra una squadra come le altre, e questo è imperdonabile” il toccante e amaro j'accuse del nostro Zac. E se lo dice uno che dal ‘70 al 2005 ha vissuto nel Toro prima da giocatore e poi da dirigente e perfino allenatore non si può non dare un peso a queste parole! Perché finché le dico io possono sembrare le lamentele esagerate di un innamorato deluso, ma se a sostenere gli stessi concetti e le stesse angosce che da 18 anni permeano le menti e i cuori di un esercito di tifosi granata, beh, chi di dovere non può non ignorarle! Perché alla fine è questo che fa più male a tutti noi: il Toro è diventato una squadra “normale” e non è una questione di classifica, di successi o di insuccessi, di bilanci o di plusvalenze,  di allenatori o di giocatori più o meno bravi.

È la mancanza di un ideale dietro al modo di portare avanti la quotidianità del Toro che annulla tutta la poesia e la passione che c'è nel tifare questa squadra. È nella mancanza di ragazzi che crescano con il sogno di giocare nel Toro piuttosto che nel Real Madrid o nel PSG che uccide “in culla” ogni diversità che meticolosamente era stata creata nel corso della storia impiantando migliaia di semi di tremendismo in chi faceva il percorso delle giovanili, così come tramandando milioni di sequenze di DNA granata nel sangue di tutte le generazioni di tifosi che dagli anni Venti del secolo scorso passando per l'epopea del Grande Torino fino al Torino del ‘76 e a quello del ‘92 avevano alimentato e si erano alimentati dell'unicità di un club che sapeva trasmettere emozioni spesso contrastanti, ma sempre uniche. Cos'è rimasto di tutto questo nel nuovo millennio? Cosa si è fatto per proseguire su questo solco da fine anni Novanta ad oggi? Spesso si dice che non tutte le colpe siano di Cairo perché da Calleri in avanti il declino del Toro era già cominciato prima che arrivasse il patron alessandrino: vero, ma 18 anni su 27 sono due terzi di questo periodo “buio” e soprattutto il peccato originale della presidenza Cairo è stato proprio quello di aver scelto volutamente di tagliare i ponti con il passato ignorando le vecchie glorie ed eliminando qualsiasi elemento “sentimentale” nella gestione della società a partire dal settore giovanile.

Ho scritto mille volte che se Cairo avesse fatto delle cose “da Toro” gli si sarebbero perdonati molti degli errori che ha fatto, ma da questo orecchio il presidente non ha mai voluto sentirci, tirando dritto con le sue convenzioni e “distaccandosi” completamente da quello che la stragrande maggioranza dei tifosi gli ha sempre chiesto: non successi, ma un Toro che fosse Toro. Avesse almeno portato i primi probabilmente qualcuno avrebbe anche fatto buon viso a cattivo gioco (il mondo gira così, purtroppo…), ma oggi, dopo 18 anni, non abbiamo né gli uni né l'altro: né un Toro senz'anima, ma vincente e neppure un Toro “perdente”, ma con un'anima. Abbiamo il Toro visto a Monza. Una squadra che di “Toro” ha pochissimo, che naviga a vista tra alti e bassi e che vivacchia in quel mare magnum impersonale che è la medio bassa serie A, un mondo dove se si cambiano le magliette ai giocatori si fa fatica a capire qual era la loro precedente squadra perché è tutto così uguale e massificato che non vi è più alcun tratto distintivo in chi scende in campo in associazione alla maglia che indossa. La favoletta che è colpa del calcio che è cambiato regge fino ad un certo punto: ditelo a quelli dell'Athletic Bilbao che fedeli alla loro storia hanno oggi la propria squadra orgogliosamente quinta nella Liga senza un giocatore che arrivi da fuori del proprio territorio.

1, 10, 100, 1000 Zaccarelli ci vorrebbero in questo momento per scuotere le coscienze e non accettare che ci venga tolto un sogno: pareggiare a Monza, ma con un Toro che sia davvero Toro…

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.

Disclaimer: gli opinionisti ospitati da Toro News esprimono il loro pensiero indipendentemente dalla linea editoriale seguita dalla Redazione del giornale online, il quale da sempre fa del pluralismo e della libera condivisione delle opinioni un proprio tratto distintivo.

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