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Foto: Nderim Kaceli
In una delle settimane più intense della stagione granata, incominciata con la sconfitta interna contro l'Atalanta, passata per la vittoria di Genova e le emozioni forti della commemorazione a Superga il 4 maggio, è difficile trovare un tema prevalente da cui partire per delle riflessioni sul mondo Toro. Di sicuro, e già mi ero soffermato su questo poco tempo fa, una delle cose che mi ha colpito di più è stato vedere il differente grado di maturità di due quasi coetanei come Buongiorno e Pellegri, due giovani con un impatto molto diverso al momento sul Toro. Il primo ha segnato il suo primo gol in Serie A contro la Samp proprio il giorno prima di salire insieme ai compagni a Superga e avere l'onore e l'onere di leggere, in qualità di capitano, i nomi riportati sulla lapide commemorativa dedicata ai 31 caduti della tragedia del 4 maggio 1949. Una "coincidenza", questa capitata a Buongiorno, che non poteva essere più di buon auspicio per un futuro maggiormente granata per questo Torino: il giovane difensore cresciuto nel vivaio che una volta era il più prolifico d'Italia diventa così una delle ultime speranze rimaste ai tifosi seriamente preoccupati della perdita di identità che, anno dopo anno, sta intaccando inesorabilmente il mondo granata. Senza un'anima davvero "torinista" il Torino non sarà più Toro e Buongiorno diventerà il panda granata, cioè un esemplare più unico che raro appartenente ad una specie in via d'estinzione. L'attaccamento ai colori ed alla maglia sono sicuramente uno dei valori che più manca al calcio moderno, ma che, a volte, non sono purtroppo una molla positiva: è il caso a riguardo di quanto ha combinato Pietro Pellegri sempre a Genova nella partita con la Samp. Lui genovese e genoano, entrato a dieci minuti dalla fine, ha siglato in pieno recupero il gol del raddoppio che ha chiuso la partita in favore del Toro e, di fatto, ha dato una grossa spallata alla caduta in B dei blucerchiati. Peccato che, pur non essendo stato provocato in alcun modo, il nostro Pellegri abbia esultato in maniera irridente nei confronti dei sampdoriani che, ovviamente, non l'hanno presa bene. Se a priori è condivisibile la gioia di un giocatore che tifando per il Genoa riesce a dare un dispiacere ai rivali di sempre, dall'altro lato è stato totalmente privo di buon senso il gesto provocatorio dello stesso Pellegri. C'è da dire che il ragazzo ha chiesto pubblicamente scusa per il suo comportamento, un comportamento che secondo me non è da censurare a priori (le rivalità e gli sfottò devono essere il sale del calcio), ma che nei fatti è stato completamente fuori luogo. Un gesto inoltre molto poco "da Toro", se vogliamo, perché irridente di un avversario che non si è mostrato strafottente o superbo, ma che al contrario sta vivendo un momento che noi granata, ahimè, conosciamo bene, tra retrocessione praticamente certa e rischio concreto di fallimento societario. Pellegri ha ancora una volta dimostrato che il suo problema ad oggi non è solo puramente fisico, ma ha radici anche in un atteggiamento di fondo sbagliato che non permette al ragazzo di trovare quell'umiltà necessaria per far decollare una carriera, la sua, che potrebbe essere ottima se sfruttasse appieno le sue potenzialità.
Da Buongiorno e Pellegri ad un altro giovane, infine, che entrerà in orbita Toro: è notizia fresca, infatti, l'acquisto del portiere Popa, attualmente in forza al Voluntari, squadra di media classifica della serie A rumena. Un "colpo" di Vagnati che si assicura a parametro zero un elemento che speriamo possa diventare un ottimo portiere e che giustamente al momento non può che essere inserito nella casella delle scommesse. Non conoscendo il giocatore non ci possiamo infatti esprireme sul suo effettivo valore, ma una riflessione nasce però spontanea sulla strategia adottata: qual è il modus operandi del Torino? Nel senso che i tifosi vorrebbero una società che punta sul vivaio e sul crescere una buona parte dei giocatori della rosa della Prima Squadra in modo da avere ragazzi con un forte senso di appartenenza, a prescindere dalla loro nazionalità, mentre, a sensazione, ci pare che la strada che si percorre oggi sia diametralmente opposta a questa. Si sfruttano infatti "occasioni" di mercato pescando prevalentemente all'estero in una sorta di roulette russa al contrario dove ogni "colpo sparato", se a salve, è un danno il cui obbiettivo è impattare poco sul bilancio societario. Un intento lodevole da un lato, ma molto carente di visione dall'altro. E le idee del mister? E la programmazione? E la costruzione di un'identità di squadra? Ripeto, sarò il primo a gioire quando scopriremo che Popa sarà il nuovo Castellini (a proposito, ma il promettente Gemello, prodotto del nostro vivaio, è stato quindi ritenuto non idoneo a giocarsela con Milinkovic Savic?), però mi piacerebbe vedere più che un Torino vincente, usando questo termine nel senso più lato possibile, un Torino Toro, cioè un Torino con le stimmate granata. E sono certo che se davvero costruissimo nel tempo un Torino imbottito di gente che è cresciuta secondo i valori granata non tarderemmo molto a vedere un Torino vincente (sempre in senso lato) cioè un Torino capace davvero di lottare per qualcosa di importante. Il segno che lassù qualcuno ancora ci ama si è palesato questa settimana in ciò che ha fatto Alessandro Buongiorno: aiutiamoci allora a farci aiutare ancora. Abbiamo un estremo bisogno di un futuro a tinte granata…
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