Buon compleanno, Toro! 116 anni di glorie e batoste, gioie e delusioni, esultanze e lacrime. 116 anni vissuti insieme al tuo popolo che anche nei momenti peggiori non ti ha mai abbandonato. Perché il Toro è più del semplice tifo calcistico: è una fede, è un modo di intendere lo sport e soprattutto è un modo di intendere la vita a tutto tondo. Chi guida il Toro inteso come società dovrebbe sapere che oltre a gestire il patrimonio economico del club ha anche l'onore e l'onere di custodire le tradizioni ed i valori in cui si è sempre identificata la sua gente. Non è un compito semplice perché spesso il lato pratico della gestione prende il sopravvento sull'aspetto sociale e romantico che però è parte fondante ed inscindibile del Toro stesso. Credo che la rabbia di molti tifosi verso il presidente Cairo nasca proprio da questo aspetto. Economicamente il Torino FC è sempre stato gestito in maniera quasi impeccabile: bilanci in ordine, debiti sempre sotto il livello di guardia se non inesistenti, stipendi e pendenze sempre onorate. Però oltre alla contabilità ci sono gli investimenti (e già qui il discorso si fa un po' più teso) e soprattutto gli aspetti "intangibili" di una gestione, aspetti che non sono sempre numericamente quantificabili, ma che spesso hanno un grande impatto sui tifosi e sul loro umore.
Il Granata della Porta Accanto
Da 116 anni noi non siamo gobbi…
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Il Filadelfia aperto, ad esempio, è uno di quei casi recenti in cui la sensibilità del presidente verso la tifoseria ed i suoi desideri e bisogni è risultata praticamente inesistente. Aprire il Fila ha un costo economico ed una responsabilità giuridica, certamente, ed immagino che il Torino FC non abbia di sicuro fatto i salti di gioia per tali aspetti, ma tenere aperto il tempio del tifo granata ha anche un ritorno in termini di soddisfazione sulla sua gente tale che l'impatto dei costi sul bilancio appaia irrisorio in confronto ai benefici "intangibili" che esso genera. È su questi aspetti che il presidente in questi lunghi anni ha sempre dimostrato di non cogliere l'importanza del suo ruolo. Dobbiamo essere grati a Cairo? Certamente sì quantomeno su di un aspetto fondamentale: in un mondo del calcio assolutamente sregolato e poco "serio" ha sempre cercato di mantenere la barra a dritta sul tema dei costi e dell'indebitamento, permettendoci di godere di stabilità economica perpetua. Un risultato non da poco, che però, non mi stancherò mai di ripetere, non è sufficiente per fargli guadagnare vera stima tra i tifosi giacché è mancato tutto il resto. È mancato anche un po' di coraggio, soprattutto agli inizi, quando con la Juve in B per la vicenda Calciopoli e l'entusiasmo della piazza alle stelle per la ritrovata serie A post fallimento, il presidente ha sperperato un'occasione più unica che rara che la storia gli stava presentando su di un piatto d'argento. 16 anni dopo quegli eventi la Juve si ritrova coinvolta in un altro scandalo legato alla gestione sportivo-economica del club: all'epoca erano le pressioni di Moggi Giraudo e Bettega su arbitri e procuratori, oggi sono gli stipendi omessi dal bilancio e le plusvalenze gonfiate ma la sostanza non cambia.
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Il tentativo di falsare la competizione (chi si ricorda del Dottor Agricola, a proposito…) è una costante dell'altra sponda della città e per fortuna non appartiene alla nostra cultura sportiva. Non per niente uno dei cori più gettonati in Curva Maratona è proprio quello che rivendica che "noi non siamo gobbi di…". Non lo siamo da 116 anni perché l'identità di un popolo, in questo caso quello di fede granata, non solo si basa sui valori condivisi di lealtà, sacrificio, dedizione e "tremendismo", ma al tempo stesso si cementa anche attorno a ciò che questo popolo non vorrebbe essere mai. Cioè come quelli della Juve. L'antijuventinità da molti esternamente criticata come un limite della tifoseria granata è in realtà uno dei collanti più forti di questo popolo: non sempre c'è accordo anche tra gli stessi tifosi su come dovremmo fare le nostre cose, vedi ad esempio il dibattito su Cairo, ma al contrario c'è sempre unanimità sul come non vorremmo che fossero fatte e questa unanimità converge inevitabilmente sulla repulsione verso la filosofia juventina. Nel giorno del compleanno del Toro e guardando cosa sta succedendo in casa Juve in questo periodo, a maggior ragione e con ancora più orgoglio possiamo affermare che, no, noi non siamo gobbi e che non lo saremo mai…
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Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.
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