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TURIN, ITALY - AUGUST 21: Torino FC president Urbano Cairo looks on during the Serie A TIM match between Torino FC and Cagliari Calcio at Stadio Olimpico di Torino on August 21, 2023 in Turin, Italy. (Photo by Valerio Pennicino/Getty Images)
È sempre spiazzante leggere le dichiarazioni del patron Urbano Cairo sul Torino FC. Da tifoso ti aspetti un presidente orgoglioso e fiero della propria squadra, ti aspetti un presidente ambizioso e trascinatore capace di fare vedere orizzonti di gloria ai tifosi e prospettive di crescita ai propri giocatori e invece, puntualmente, alla fine delle sue interviste hai l'umore di chi becca temporale alle grigliate di Pasquetta.
Nel suo ultimo intervento, infatti, Cairo ha bacchettato Rodriguez, Vlasic e finanche l'ultimo arrivato Zapata per aver sbandierato ai giornali obiettivi dal profumo europeo. "Gli obiettivi non si sbandierano, non se ne parla, si lavora in silenzio per raggiungerli. Anche per scaramanzia… " sono state le sue parole al riguardo. La classica doccia scozzese sul flebile entusiasmo che si stava riaccendendo nella piazza con l'arrivo del bomber colombiano dall'Atalanta e l'eroico e, fortunatamente, anacronistico no di Buongiorno alla Dea stessa. Invece di soffiare sul vento della riscossa, vento ulteriormente alimentato dal gol al 94' di Radonjic contro il Genoa, il nostro presidente ha pensato bene di smorzare quel poco di brio che una piazza "depressa" da 18 anni di mediocrità stava a fatica tornando a provare. Per di più la chiosa sulla scaramanzia è la ciliegina sul provincialismo più puro in cui è stato trascinato il Torino nell'ultimo quarto di secolo: se negli anni Ottanta un presidente folcloristico come Costantino Rozzi gettava il sale in campo al Dal Duca di Ascoli per portare bene alla squadra, pensare oggi, quarant'anni dopo, a Cairo, manager di successo, appellarsi alla scaramanzia è quasi imbarazzante. Mi domando se all'assemblea degli azionisti di RCS il presidente si permetterebbe mai di dire che non svela gli obiettivi economici del gruppo editoriale per scaramanzia: immagino la fiducia degli investitori di RCS alla frase "prima facciamo, poi diciamo"...
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Non pago di tale affermazione, il presidente ha poi continuato nella stessa intervista parlando del mercato estivo, dichiarando: "finanziariamente siamo andati al di là della dimensione del Toro". Ecco, appunto, secondo lei, presidente, qual è la dimensione del Toro? Aver preso Zapata (ottimo acquisto ma giocatore ormai ben oltre la fase matura della sua carriera) senza aver ceduto per un tozzo di pane una bandiera come Buongiorno (giocatore con ulteriori margini di crescita e, soprattutto, con un DNA che più granata di così non si può!) significa "essere andati al di là della dimensione del Toro"? Nella nostra testa di tifosi e nella galleria della storia del Toro l'idea di dimensione di questa società è ben diversa da quella che traspare dalle parole di Cairo. Non si può gestire una squadra di calcio come una concessionaria di pubblicità, né come una qualunque altra azienda "normale". Non si ha a che fare solo con i dipendenti e/o gli investitori. Un club è una comunità di persone immensa e la parte economica è solo un mezzo per ottenere un fine che non è economico. Ribaltare l'ottica di questo ragionamento facendo diventare la parte economica un fine è un peccato mortale agli occhi di questa comunità che vive e pulsa attorno alla società e che ne è in fondo l'alfa e l'omega senza la quale la società non avrebbe ragione di esistere. Sono 18 anni che chiediamo al presidente di rimettere la chiesa al centro del villaggio, cioè di riportare l'obiettivo sportivo al centro dell'agire del club, nella salvaguardia della sua sopravvivenza economica, ça va sans dire.
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Eppure, ancora oggi, il presidente stesso ridimensiona non solo le ambizioni sportive, ma anche le dimensioni potenziali di questo club dicendo che in questo mercato siamo andati oltre le dimensioni del Toro. Ma chi è arrivato? Messi? Mbappè? Quale sarebbe l'azzardo? Perché francamente noi non lo vediamo. E poi le dimensioni di una società le decide l'imprenditore che la gestisce: se il conte Marone di Cinzano avesse ragionato come Cairo non avrebbe mai costruito il Filadelfia e portato in bacheca il primo scudetto della storia del Torino, se Ferruccio Novo avesse ragionato come Cairo non ci sarebbe stata l'epopea del Grande Torino, se Pianelli avesse ragionato come Cairo il decennio Settanta sarebbe stato anonimo e non trionfale e ai vertici del calcio italiano come invece è stato.
Se hai il Toro da 18 anni e lo gestisci come l'Ascoli di Costantino Rozzi sei tu che hai deciso che vuoi un Toro piccolo nelle dimensioni e negli obiettivi. Qualcuno dirà che però il presidente ha preso il dirigente Luca Innocenti dall'Inter per lavorare sugli aumenti dei ricavi dello Stadio Olimpico: bene, infatti, ma chi gli ha impedito di fare questa mossa già diciotto anni fa in modo da avere per tutti questi anni maggiori fatturati e quindi maggiori capacità economiche per finanziare più elevati obiettivi sportivi? E di non aspettare sette anni per ancora non cominciare il Robaldo visto che il centro sportivo delle giovanili è un asset strategico per la crescita sportiva ed economica del club? Si chiede di non essere prevenuti nei giudizi verso Cairo, ma i fatti raccontano sempre un'altra storia rispetto alle sue parole. In fondo se la dimensione del Torino non è gestibile può sempre realizzare la più grande plusvalenza della sua vita vendendo il Torino e dedicandosi alle sue altre innumerevoli aziende di successo. Nessuno lo obbliga a confrontarsi continuamente con la storia di questo club.
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Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.
Disclaimer: gli opinionisti ospitati da Toro News esprimono il loro pensiero indipendentemente dalla linea editoriale seguita dalla Redazione del giornale online, il quale da sempre fa del pluralismo e della libera condivisione delle opinioni un proprio tratto distintivo.
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