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È un Toro che non sa violare la legge di Murphy…

Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 
Il Granata Della Porta Accanto / Segnali di risveglio, ma il cuore (quando c'è) non va mai oltre l'ostacolo. E non solo nei derby

Dopo un derby così, perso come troppe volte lo abbiamo perso, si può parlare di numeri ed elencare quelli negativi (ad esempio 17 derby persi su 21 giocati nell'era Cairo, 2 punti nelle ultime 6 partite di campionato) oppure guardare alle sensazioni e timidamente parlare di quelle positive uscite da una partita dove, pur non attaccando all'arma bianca, abbiamo giocato senza paura contro una squadra che da otto anni, purtroppo, domina in Italia e a malapena lascia le briciole a qualunque avversario. Si chiedeva una reazione dopo la bruttissima sconfitta con la Lazio e onestamente c'è stata. Si chiedeva di giocare con voglia e convinzione e per lunghi tratti così è stato.

Il problema, gira e rigira, però, è sempre quello. Perché se è vero che l'arbitraggio è stato tanto scadente nel non voler vedere un lampante fallo di mano in area bianconera quanto chirurgico nell'ammonire i giocatori granata nell'ultima mezz'ora di gioco, spostando il metro di valutazione dei contatti a netto vantaggio della Juve, dall'altra parte non si può non notare che per l'ennesima volta, e non solo in un derby, il Toro non è riuscito ad andare oltre i propri limiti.

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Tutti conoscerete le simpatiche leggi di Murphy, quelle sullo stile "se una cosa può andar male, lo farà" e tutti saprete che, pur essendo sarcastiche e amaramente ironiche, spesso fotografano alla perfezione situazioni che tutti abbiamo vissuto nella nostra vita. Nel caso del Torino credo si possano perfettamente applicare alle molteplici vicende granata che purtroppo non hanno avuto buon fine lungo la secolare e gloriosa storia granata. La dea bendata, si sa, è parecchio bendata quando si tratta di fare un favore al Toro, mentre la sua "sorellastra", sfiga, ci vede sempre  benissimo quando deve prendere di mira il club granata. Eppure, per quanto le congiunzione astrali siano nostre nemiche, è la nostra storia che ci insegna che spesso siamo riusciti a trionfare (che fosse in un derby o in qualsiasi altra competizione) piegando a nostro favore, con voglia, ardore, abnegazione e talento, i destini che sembravano segnati o impossibili da trasformare in favorevoli. A memoria, e credo di non sbagliare, l'unica volta che ciò è avvenuto nell'era Cairo è stato nella finale playoff di ritorno contro il Mantova: da allora, pur con una lenta e anche proficua crescita di risultati sportivi, non è mai più successo che si sia riuscito a ribaltare un pronostico che ci vedeva sfavoriti o conquistare un obiettivo che stava una spanna sopra la nostra testa. Nel senso che abbiamo sempre e solo ottenuto risultati alla nostra portata (vedi la promozione dalla B o le salvezze), ma mai siamo stati in grado di raggiungere qualcosa in più gettando il cuore oltre l'ostacolo. Di cuore, come un pochino nel derby di ieri, ne abbiamo anche messo, ma di rado, se non sporadicamente, (e parlo di qualche vittoria, tipo quella con l'Inter della scorsa stagione) siamo riusciti a gettarlo, questo benedetto cuore, oltre l'ostacolo.

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La famosa asticella è sempre lì, impietosa, a tararci per ciò che siamo e non siamo stati capaci di diventare. Perché gli arbitraggi avversi esistono, non sono un'invenzione paranoica di noi tifosi, le leggi di Murphy esistono e tendono a far sentire i propri effetti, gli alibi spesso sono credibili (gli infortuni, le squalifiche, il mercato, il calendario, ecc), ma poi arriva un momento in cui bisogna saper andare oltre tutte queste piccole e grandi ingiustizie e prendersi i risultati ed il conseguimento degli obiettivi. È questo che manca al Toro quest'anno e, più in generale, negli ultimi quindici anni: la capacità di influenzare il proprio destino. Le imprese non si realizzano solo perché ci sono tutte le condizioni favorevoli perché si compiano. Spesso, al contrario, avvengono perché si è capaci di andare oltre alle difficoltà previste e, soprattutto, a quelle impreviste. Ieri, come col Lecce in casa, come ad Empoli nella scorsa stagione, come a Firenze l'anno dell'Europa League conquistata per la defezione del Parma, come a Carpi e come tante altre volte non si è saputo prendere in mano il proprio destino e indirizzarlo verso l'obiettivo prefissato. Come mai? Problema di giocatori? Anche, ma non solo. Problema di allenatori? Sicuramente, ma non è l'unica spiegazione. La madre di tutti gli insuccessi resta l'assenza di vera ambizione di questa società e del suo proprietario. Se l'input vincente arrivasse dall'alto, a cascata si declinerebbe in tutte le sue componenti societarie: dirigenti attenti, allenatori ambiziosi, giocatori smaniosi di essere al top. I fatti continuano a dire che ciò sistematicamente non avviene. Per colpa degli arbitri, degli infortuni, del calendario, del tempo e delle leggi di Murphy. Ma, ammettiamolo, non solo per quello...

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.

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