Il Granata della Porta Accanto

Il disco rotto

Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 
Il presidente si lamenta ciclicamente dei problemi del mondo del calcio, ma è il primo a non agire per provare a porvi rimedio

In un mondo che vive sempre più di fuffa e sempre meno di sostanza, la soluzione più semplice escogitata a livello globale non è stata quella di risolvere i problemi e ridare sostanza alle cose. No, assolutamente. Al contrario, si è scelto di comunicare in maniera accattivante per rendere la fuffa digeribile a chi ostinatamente chiedeva e chiede soluzioni e concretezza. Ciò accade praticamente in ogni attività umana, dalla politica al mondo del lavoro, spaziando per ogni ambito dove l'essere umano può fare danni. La narrazione di una realtà alternativa è ormai la triste prassi un po' dappertutto tranne che al Torino FC. Perbacco, direte voi, benissimo! Questo significa che al Torino si parla schietti e si dicono le cose come stanno. Ottimo! Beh, mi spiace deludervi, ma non è proprio così. Nel senso che la narrazione in casa Toro è inesistente e lo è nel bene, cioè evitando di indorare le pillole come lo è nel male perché non c'è nessuno che si sforzi di farne una valida per le cose per cui varrebbe la pena farla (tipo la nostra storia o i nostri valori). Semplicemente i fatti ci dicono che abbiamo un presidente che ha fatto i milioni di euro nel campo della comunicazione, ma in vent'anni non è riuscito a mettere in piedi, non dico con i fatti, ma almeno con un minimo di facciata per salvaguardare le apparenze, una narrazione efficace che sapesse trasmettere ai tifosi quelle parole di speranza e di empatia per mostrare loro un futuro migliore. E men che meno lo riescono a fare i collaboratori del presidente che, anzi, ultimamente stanno inciampando su parecchie bucce di banana rilasciando dichiarazioni per le quali ci sarebbe da rassegnare le dimissioni seduta stante.

Capisco che la mia dissertazione abbia qualche elemento di apparente contraddizione visto che me la prendo con le narrazioni che tendono a diventare "oppio dei popoli" e poi ne faccio però una colpa a Cairo perché non le usa "contro" i tifosi del Toro. In realtà non è questo il punto che contesto. Io contesto il fatto che Cairo, in buona o in cattiva fede, questo non mi è dato sapere, non ha mai nemmeno provato a creare una narrazione che strizzasse l'occhio ai desiderata dei tifosi granata. Ci ha semplicemente ignorato perseguendo i suoi scopi a livello di immagine personale senza alcuna concessione alle apparenze e senza alcun riguardo per la vulgata che vuole il Toro "appartenere" ai tifosi. Non so se per supponenza o per eccesso di sicumera o semplicemente perché è poco lungimirante, ma in tutti questi anni ha ritenuto superfluo creare una sovrastruttura per nascondere o camuffare i propri scopi, perché ha semplicemente scelto di ometterli.

Se da un lato si è sottoesposto con i tifosi granata, il presidente non perde però occasione per sovraesporsi con l'opinione pubblica nazionale, quella per capirci rivolta a chi non tifa necessariamente Torino e che non ha interesse specifico verso il Torino: grazie anche alla cassa di risonanza delle testate di RCS di cui è editore, Cairo continua a porsi come dispensatore di ricette salvifiche del mondo del calcio, ripetendo come un disco rotto (l'ultima uscita è stata al Festival dello Sport in questi giorni) il mantra secondo il quale il calcio perde un miliardo di euro all'anno e per il quale solo l'opzione di puntare sui giovani e sui vivai è la via per risollevarne le sorti. Affermazioni che alle orecchie distratte della gran parte degli sportivi probabilmente non fanno né caldo né freddo mentre alle orecchie dei tifosi del Toro suonano come una beffa bella e buona. Ma come, il business calcio è in pesante perdita e un imprenditore di successo come Cairo non pensa di vendere la società e lasciare in altre mani la sua società calcistica che non garantisce nessun ritorno economico e anzi produce più buchi di bilancio che crateri sulla Luna?

Ancora più bizzarro è sbandierare a destra e a manca la "cura" per i mali del calcio e non applicarla alla propria realtà: un paradosso che flirta pesantemente con l'incoerenza! Da quanto tempo i tifosi granata protestano per le esigue somme investite dal presidente nel settore giovanile, in istruttori,  allenatori, scout e giocatori, per non menzionare le strutture di cui il Robaldo è l'emblema della palese mancanza di volontà progettuale? Difficile ascoltare Cairo e non pensare che predichi bene e razzoli male... Otto anni per fare un centro sportivo di 4 campi e una palazzina è la riprova che forse nemmeno il presidente crede alle proprie parole altrimenti ci viene il dubbio che si sarebbe buttato a seguire il solco di quanto fatto da Commisso a Firenze con il Viola Park, o sbaglio?

Se il nostro patron ritiene che l'industria calcio sia schiacciata dai costi ed abbia sempre più difficoltà a generare profitti, che cosa lo spinge a non correre a mettere in vendita il Torino da cui, questo è certo, ricaverà la più grande plusvalenza della sua vita? Continuare a sentire questo disco rotto presidenziale che periodicamente si lamenta senza poi mai mettere mano con strategie concrete ai problemi che denuncia è francamente stucchevole. E non fa altro che far venire voglia sempre di più di cambiare musica...

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.

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