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Il granata dalla porta accanto

Il Grande Torino, un immenso patrimonio da non sprecare

Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 
Torna un nuovo episodio della rubrica di Alessandro Costantino: "La Storia non deve essere vissuta come una tara di inadeguatezza del presente, ma come una stella polare che guidi verso un futuro migliore..."

La vigilia del 4 maggio sulla città di Torino si è abbattuta una perturbazione particolarmente intensa con una fortissima pioggia: in concomitanza con l'inizio della gara contro il Bologna, sia la città che la collina di Superga erano sovrastate da immensi nuvoloni neri che tra copiosi scrosci di pioggia e ripetute scariche di fulmini sembravano quasi riportare a quel maledetto giorno di 75 anni fa. Non ho potuto fare a meno di pensare che il destino cinico e barbaro che ci portò via in un attimo la squadra più forte di tutti tempi consegnandola alla leggenda, ma lasciando nella disperazione, oltre, come è naturale, i familiari delle vittime, anche un intero Paese che in essa si rispecchiava, avesse voluto, scatenando la furia degli elementi, ribadire dopo tre quarti di secolo che nessuno è invincibile al suo cospetto. La frase più iconica sul Grande Torino è da sempre questa: “solo il fato li vinse”.

Ma non è vero! Quei ragazzi, quei giocatori sono diventati dei miti proprio perché neanche il destino ha potuto seppellire le loro gesta ed oscurare la loro grandezza. Se io che sono nato 25 anni dopo la tragedia di Superga e pertanto non ho potuto, se non leggendone e sentendone tramandate le gesta, entrare in contatto diretto o essere testimone di ciò che quella squadra fu capace di fare, ma ancora oggi non manco di alzare gli occhi verso Superga e lanciare quasi quotidianamente un pensiero a quel fantastico gruppo di giocatori, allora vuol dire che il fato non vinse proprio nulla quel 4 maggio 1949. Il Grande Torino è un patrimonio talmente grande che occorre fare molta attenzione a non disperderlo per quel che riguarda l'aspetto sportivo. Chiaramente ciò che rappresenta ed ha rappresentato il Grande Torino per l'Italia del Dopoguerra è stato,  ed è tutt'ora, un lascito storico che appartiene al Paese intero e ad ogni singolo italiano, ma ciò che hanno rappresentato Valentino Mazzola e compagni a livello calcistico è un patrimonio che fa parte del Torino inteso come società di calcio e dei suoi tifosi da 75 anni a questa parte. Superga, il Filadelfia, il Tremendismo e il Vivaio sono i quattro pilastri su cui si basano i valori che da sempre caratterizzano l’essere granata e il DNA di club e tifosi. Premesso che trovo da sempre naturale e più che corretta l'idea che il 4 maggio sia un giorno della memoria, un giorno cioè dedicato al rispetto e al silenzio commemorativo di una parte fondamentale se non la più importante della storia granata, trovo però che durante il resto dell'anno il Grande Torino non sia una cosa “viva” nella vita del club, ma un’entità troppo astratta per la quale avere solo rispetto e devozione.

La sua aurea quasi non viene “sfruttata” (nel senso buono del termine, ovviamente!) per dare un contributo concreto nella gestione quotidiana della società. Ci si pone di fronte al Grande Torino come ad una pagina unica ed irripetibile della storia del Toro: è palese che sia così, certamente, ma trovo che in generale l'atteggiamento che abbiamo sia quasi contradditorio. Ammesso che sia improbabile e irrealistico poter ambire a replicare ciò che Ferruccio Novo realizzò a cavallo della Seconda Guerra Mondiale, avere una fonte di ispirazione così alta e nobile dovrebbe essere, a mio parere, un faro costante nel guidare le scelte della società: se non ci si confronta con qualcuno o qualcosa di livello superiore come si potrà sperare di migliorare e ottenere il massimo di quanto si può dare? Il Torino di Pulici, Sala, Graziani e Zaccarelli che arrivò a vincere lo scudetto del ‘76 e i cui tifosi erano composti per una buona percentuale da gente che il Grande Torino lo aveva visto giocare coi propri occhi, non erano intimoriti da quel paragone costante e nemmeno troppo latente che la tifoseria perennemente e inevitabilmente metteva in atto. Al contrario, quei continui riferimenti a mostri sacri come Mazzola e compagni erano uno stimolo in più per dare il 110% per una maglia che, sì, pesava tanto, ma tanto trasmetteva.

Tralasciando quindi l'aspetto legato al marketing che sarebbe comunque un'arma efficacissima per fare conoscere il brand Toro in Europa e nel Mondo attraverso il Grande Torino, spesso ho la sensazione che questo patrimonio unico sia poco “usato”, permettetemi il termine rozzo, dalla società, un po' per timore di “scomodare” un tale mito, un po' per paura di non essere all'altezza. Ma è proprio questo il punto: la Storia non deve essere vissuta come una tara di inadeguatezza del presente, ma come una stella polare che guidi verso un futuro migliore. E una storia, anzi una leggenda come la nostra, quasi nessuna squadra ce l'ha. Fa bene Juric a chiedere che ogni giocatore sia vicino alla lapide quando il capitano legge i nomi degli Invincibili perché è un momento che ti entra nel cuore e ti segna indelebilmente se lo vivi nel modo giusto. E per fortuna anche nel vivaio si stanno tornando ad impiantare semi di granatismo: ci sono ragazzi che vivono il Torino a 360 gradi, vanno allo stadio in Curva Maratona, baciano la maglia quando fanno gol perché genuinamente la amano, non come falsamente fanno certi calciatori in Serie A. Il Robaldo sarà il luogo che dovrà fare da incubatore ai Buongiorno di domani, ragazzi a cui non occorrerà spiegare cos'era il Grande Torino perché lo avranno vissuto costantemente sulla propria pelle sin da bambini. È questo che si sta provando a fare ed è questo quello che si deve fare. Siamo nani sulle spalle dei giganti e questi giganti nella storia del Toro sono gli Invincibili: se scendiamo dalle loro spalle perdiamo un patrimonio inestimabile e diventiamo ancora più piccoli…

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.

Disclaimer: gli opinionisti ospitati da Toro News esprimono il loro pensiero indipendentemente dalla linea editoriale seguita dalla Redazione del giornale online, il quale da sempre fa del pluralismo e della libera condivisione delle opinioni un proprio tratto distintivo.


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