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Il lungo autunno silenzioso di Cairo
Il presidente Cairo parla poco e quando lo fa ci dice cose che sappiamo già. Come ad esempio in occasione delle sue ultime dichiarazioni in cui ha detto che "è un Toro diverso" quello di quest'anno e che "si vede la mano di Juric". Dichiarazioni di circostanza che nulla tolgono e nulla aggiungono a ciò che noi tutti vediamo e constatiamo già di nostro. Quando si occupa una posizione "di comando" come quella occupata dal patron del Torino le parole dovrebbero essere mezzi di comunicazione efficaci per fare capire all'opinione pubblica ed in particolare ai tifosi qual è lo stato dell'arte e qual è la direzione che si sta seguendo. Lo fa Commisso, sotto pressione per la grana Vlahovic, ma anche per illustrare gli sviluppi dell'avveniristico centro sportivo Viola Park che sta costruendo alle porte di Firenze, lo fa De Laurentiis su Insigne, lo fanno i vari AD di Milan e Inter per la questione stadio e quella dei rinnovi, lo fa il DS della Roma dopo i terremoti sollevati da Mourinho e i risultati deficitari della squadra negli ultimi tempi: insomma in un po' tutte le società ci sono figure di riferimento che costantemente "spiegano" ufficialmente le posizioni dei propri club riguardo ai temi di attualità presente e futura, ma al Torino, dove ciò spetterebbe al presidente Cairo, la comunicazione è di fatto azzerata.
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Si diceva un tempo, tra il serio ed il faceto, che il nostro presidente parlasse solo dopo le vittorie, ma quest'anno, in cui qualche vittoria in più si è vista, la "tradizione" non è stata così rispettata: forse Cairo è rimasto piccato dalle dichiarazioni di Juric che a fine mercato lo hanno messo spalle al muro perché da allora ha tenuto un profilo molto, molto basso su tutto ciò che riguarda il Torino. Anche sul caso Belotti, dopo un goffo tentativo di "suggerire" all'opinione pubblica che la colpa del mancato rinnovo è da cercare dalle parti del capitano granata, il nostro presidente ha glissato con un silenzio quasi assordante. I silenzi più inaccettabili, però, riguardano le situazioni del Robaldo e del Fila: nel primo caso nemmeno il cambio di amministrazione cittadina è stata una molla ad esporsi mediaticamente da parte del nostro patron per dare un'accelerata all'inizio dei lavori. Uno scandalo davvero incredibile quello del Robaldo, del quale bisognerebbe chiedere di rendere conto quasi quotidianamente al nostro caro presidente, perché una presa in giro del genere non si è mai vista. E nemmeno la figura del manager Bellino, preso da RCS per occuparsi del dossier Robaldo, ha portato un qualche avanzamento o, perlomeno, un minimo miglioramento della comunicazione del club su questo tema. Del Fila poi, sembra che il Torino non voglia proprio occuparsene: c'è stata la polemica degli affitti non pagati e dal club non è uscita nemmeno una nota, c'è la questione delle vele e dal club non è emersa nessun tipo di presa di posizione; neppure sulla lodevole iniziativa privata di Fiammengo Federico srl di restaurare uno dei monconi delle tribune del glorioso stadio sono state spese parole dal club. E la cosa ancora più grave è che il Torino ha comunque un suo esponente che siede nel CDA della Fondazione Filadelfia e che quindi è delegato a rappresentare ufficialmente il club in tutte le vicende che riguardano il Fila!
Anche sulla parte sportiva dalla dirigenza non si esternano potenziali scenari futuri per far capire ai tifosi che strada si sta percorrendo: nessuno nel club ha fatto accenni alla trattativa sul rinnovo di Bremer, il giocatore al momento più quotato ed appetibile della rosa con un contratto in scadenza nel 2023, quindi agli sgoccioli secondo le nuove dinamiche del calcio moderno. E sui riscatti, sebbene sia presto per prendere le decisioni su chi varrà la pena di trattenere, nessuno dal club ha parlato di una strategia eventuale in merito. Inoltre non si è mai più parlato della famosa squadra B, l'under 23, che in un contesto di rilancio del settore giovanile con l'arrivo di Ludergnani e di presenza di un tecnico bravissimo a lavorare sui giovani futuri professionisti come Coppitelli potrebbe essere la leva giusta per tornare ad essere fucina per la prima squadra o mezzo per creare valore economico attraverso plusvalenze. Ma anche qui dal club un silenzio di tomba.
Insomma, al Torino sembra di essere tornati all'epoca sovietica dove la comunicazione verso l'esterno era ridotta all'osso e filtrata al massimo: un paradosso per l'era in cui viviamo ed un doppio paradosso pensando che Cairo fa di mestiere il pubblicitario e l'editore. Dopo 16 anni, dirà qualcuno, è inutile stupirsi di certe cose: invece la penso esattamente all'opposto in merito. Non accetto di appiattirmi ad una routine e a dei comportamenti che non trovo corretti verso noi tifosi. Al contrario, proprio perché sono passati sedici anni, chiedo dei cambiamenti nel modus operandi di questa società: il Torino è dei tifosi, non di chi ne detiene nominalmente la proprietà giuridica. Un concetto che non dovremmo mai dimenticare. Mai.
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Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.
Disclaimer: gli opinionisti ospitati da Toro News esprimono il loro pensiero indipendentemente dalla linea editoriale seguita dalla Redazione del giornale online, il quale da sempre fa del pluralismo e della libera condivisione delle opinioni un proprio tratto distintivo.
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