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Il Toro e l’eredità di Vatta da non disperdere

Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 
Il Granata Della Porta Accanto / Fondamentale investire nel settore giovanile, vero patrimonio tecnico e umano, per ricostruire un Torino che sia nuovamente Toro e non solo FC

In quest'annata disgraziata e povera di soddisfazioni sportive la notizia della morte di Sergio Vatta aggiunge ulteriore tristezza al morale già parecchio sconfortato di noi tifosi granata. Chi è della mia generazione non può non identificare in Vatta l'allenatore per antonomasia della Primavera granata, simbolo della magnificenza del settore giovanile del Toro negli anni Settanta-Ottanta e inizio Novanta.

Ricordo da bambino sulle pagine di Ale' Toro i report accurati delle partite della Primavera e dei suoi tanti trionfi, sui quali proprio Vatta appose la sua discreta, ma fondamentale, firma: in quell'epoca pre internettiana, l'organo ufficiale di stampa del Torino Calcio era una fonte preziosissima di informazioni, specialmente sul vivaio: le foto di Vatta, col suo sguardo severo, ma buono, capeggiavano spesso sulle sue pagine accompagnando le sue interviste o le notizie che riguardavano quella Primavera, fiore all'occhiello di un "sistema Toro" che sapeva sfornare uomini veri legati alla maglia oltre che ottimi calciatori.

Occorre chiaramente sottolineare che se Vatta fu soprannominato il mago delle giovanili fu anche dovuto al fatto appunto che operava in un contesto dove professionalità e passione erano sullo stesso altissimo livello e l'intero settore giovanile granata era capace ogni anno di dragare il meglio che il territorio sapeva offrire a livello di talenti giovanili per consegnare allo stesso Vatta una rosa per la sua Primavera decisamente forte e ricca di prospetti su cui il mister lavorava con eccelsi risultati. Vatta era la punta di diamante di una macchina quasi perfetta e, per ruolo e per militanza sulla panchina della Primavera, possiamo anche paragonarlo ad una sorta di Ferguson delle giovanili granata.

Quando Vatta lasciò il Toro, iniziò il vero lento declino dell'intero vivaio, anche se fu sostituito da allenatori, su tutti Pigino e Camolese, che fecero un altrettanto valido lavoro. Asta, Coppitelli e Longo sono stati suoi eredi in tempi moderni, tre valori aggiunti alla guida della Primavera nell'era Cairo, traditi forse solo dal budget ridotto messo a disposizione dal presidente e dalla loro (legittima, per carità) smania di sbarcare nel calcio dei "grandi". 

Il destino in casa granata è spesso beffardo, si sa, e il lutto legato alla scomparsa di Vatta arriva in un momento veramente difficile per il Torino: c'è il rischio retrocessione, ma soprattutto c'è la consapevolezza che fra tre giornate dovrà cominciare una rivoluzione che dia nuova linfa ed entusiasmo a tutto l'ambiente: mai come quest'anno, infatti, società e squadra hanno espresso una lontananza così abissale dai valori che proprio Vatta trasmetteva ai suoi giocatori ai tempi della sua militanza sulla panchina della Primavera. Ecco, forse, il buon Sergio andandosene in questo momento e facendo parlare di sé e di ciò che ha fatto per il Toro può diventare la giusta fonte di ispirazione per chi deve programmare il futuro del Torino FC. Il "progetto" per i prossimi anni, qualunque esso sarà, non potrà non prescindere da un occhio di riguardo per gli investimenti nel settore giovanile, vero patrimonio tecnico e umano per ricostruire un Torino che sia nuovamente Toro e non solo FC.

Lo stesso centro sportivo Robaldo, che io proporrei di intitolare proprio a Sergio Vatta perché sia di ispirazione e di guida a tecnici e giovani giocatori che ne varcheranno la soglia, va realizzato senza più alcun indugio nel più breve tempo possibile. Si è perso già troppo tempo aspettando non si sa bene cosa: dal 2 agosto deve cominciare il tempo dell'agire, dell'investire (che, attenzione, non vuol dire buttare 25 milioni di euro per comprare un Verdi qualunque…) dell'operare seguendo una filosofia precisa che rispetti la storia e i valori del Toro. Si parla tanto del "modello Atalanta" guardandolo anche con invidia per gli incredibili risultati che sta ottenendo, senza soffermarsi sul fatto che negli anni Ottanta il Toro operava con le stesse logiche e, con alti e bassi, produceva comunque risultati più che soddisfacenti. L'eredità che ci lascia Vatta va semplicemente fatta propria (nuovamente, mi viene da aggiungere…) dagli attuali dirigenti, contando che alcuni di loro e penso a Comi e Benedetti, sono stati giocatori del mister e sanno esattamente di cosa stiamo parlando.

Tutti sappiamo che la struttura societaria del Toro è Cairocentrica e perciò che non si muove foglia che il presidente non voglia, ma lo stesso presidente dovrà fare una seria riflessione su dove vuole andare a parare con il Torino perché ormai la piazza è stanca più che dei pochi risultati (che per certi punti di vista sono anche molto relativi e non così centrali nel giudizio che si ha di lui) quanto della mancanza di identità che questo Torino continua a dimostrare dopo 15 anni di sua gestione. Un presidente come Cairo che vive di comunicazione ed ha in mano tutti gli elementi per sapere cosa "vogliono" i tifosi ( o per usare un linguaggio a lui più caro e consono, diciamo i suoi "clienti" ) avrebbe già dovuto impostare delle strategie di gestione della società meno onerose dal punto di vista economico (perché il paradosso è proprio questo, cioè spendere meno ma spendere "meglio" intendendo per meglio spendere su cose più in linea con l'idea di Toro che la gente ha e vuole) ma più consone allo spirito che da sempre contraddistingue questa società in modo da ammiccare ai desiderata del popolo granata. Assurdo ed illogico resta il fatto che ciò non sia ancora avvenuto dopo 15 anni. 

Vatta ha riportato in questi giorni alla ribalta i ricordi dolci e intrisi di nostalgia per quel tempo che fu. La palla va colta al balzo: non c'è momento migliore, quindi, per tornare ad ispirarsi a quei tempi e cambiare la direzione della barra del timone della barca granata. Prima che sia troppo tardi… 

 

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.

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