666, the Number of the Beast. Chi ama gli Iron Maiden avrà capito al volo il riferimento alla famosa canzone di uno dei gruppi che hanno fatto la storia del rock, ma in realtà quella sequenza di numeri non è altro che il percorso del Torino in questo campionato: 6 vittorie, 6 pareggi e 6 sconfitte. Equilibrio assoluto nei risultati delle 18 partite fin qui disputate in questa stagione. Teoricamente un pregio, questa grande regolarità, allora da dove arriva questo mio riferimento alla “diabolicità” (the number of the Beast) delle prestazioni del Toro? Perché la proiezione sulla classifica finale del campionato, se mantenessimo questa media, direbbe 52 punti, quindi più o meno come negli ultimi due anni, quindi niente di diverso da un piazzamento tra il nono ed il dodicesimo posto, esattamente come negli ultimi due anni. La solita mezza classifica che se da un lato fa felice tutta la frangia “accontentista” di tifosi granata, quella cioè di chi sostiene che “almeno così non corriamo il rischio di fallire”, dall'altro rende insoddisfatta la restante parte della tifoseria, quella che da 19 anni chiede alla proprietà di ridare un certo grado di ambizione al Toro.
Il granata della porta accanto
Il Toro e l’ineluttabile scorrere degli anni
Perché il concetto di fondo è proprio questo: passano gli anni, ma le stagioni calcistiche del Torino si assomigliano talmente tanto che si potrebbero quasi confondere! Cosa ha di diverso questo 2023 dal 2022 o dal 2018, ad esempio? Cambiano gli allenatori, cambiano i giocatori, cambiano i direttori sportivi, ma l'unica cosa che non cambia sono i risultati. Certo ci sono stati un paio di picchi positivi con due settimi posti e un paio di picchi negativi con stagioni salvate per il rotto della cuffia, ma sostanzialmente la media è quella di una mezza classifica senza infamia e senza lode. E peraltro questa mezza classifica non porta nemmeno quei sussulti capaci di risvegliare un minimo di orgoglio nei tifosi, magari con qualche derby vinto o qualche impresa contro le big del campionato o magari con qualche emozione forte in Coppa Italia. Nulla di tutto questo. Anzi, ogni qualvolta si è presentata l'occasione di fare un salto di qualità, sistematicamente questa è stata fallita, in barba anche alle più elementari leggi delle probabilità che garantiscono solitamente una piccola percentuale di successo. Se penso ai buoni propositi per il 2024 potrei riscrivere pari, pari, quelli che ho scritto in pezzi analoghi a questo nella mia rubrica negli anni precedenti. Nulla cambia, anzi spesso tutto cambia, per non far cambiare nulla. Certo qualche brace sotto la cenere cova sempre. La più “calda” di tutte si chiama Alessandro Buongiorno e con il suo “rifiuto” all’Atalanta quest'estate ci ha risvegliato quel senso di appartenenza e quell’orgoglio di sentirsi speciali e “diversi” dagli altri club che credevamo definitivamente spento. Buongiorno potrebbe essere il seme di una “nouvelle vague” di amore per la maglia che in questi decenni non è fiorito ed è rimasto lettera morta anche quando portato avanti da giocatori molto amati come Rolando Bianchi o il Gallo Belotti. Alessandro in più, rispetto ai due bomber che meglio hanno rappresentato l'essere granata nell'era Cairo, ha dalla sua di essere un vero canterano e la notizia dell'imminente avvio dei lavori al Robaldo è l'altro spiraglio di luce nel futuro del Toro. Se Buongiorno non fosse “solo”, ma sostenuto da attive politiche societarie di granatizzazione della squadra e dell'ambiente e dalla “produzione” da parte del settore giovanile di altri elementi come lui, forse il Torino potrebbe pensare in un futuro più simile al proprio glorioso passato. Ci giriamo attorno spesso, ma la verità è che il Toro avrà un vero futuro se chi sta al timone (Cairo o chi verrà dopo di lui) guarderà al passato con l'occhio di chi vuole recuperare ciò che di buono la storia di questo club ha mostrato e non con l'atteggiamento di chi semplicemente considera il nostro ieri come un qualcosa che ormai sta solo più negli almanacchi del calcio.
L'unico augurio possibile, allora, per il 2024 è che quest'anno nuovo sia totalmente diverso dal 2023 o dal 2022 o dal 2021, o così per gli anni addietro: non siamo stufi della mediocrità, siamo stufi di non avere mai la sensazione che ci stiamo davvero provando ad uscire dalla mediocrità sportiva in cui sembriamo prigionieri. Lo sport è fatto di cicli, raramente di serie monotone: quando comincerà il nostro? Magari non sarà il 2024 a decretarne l'inizio, ma se non si creano le condizioni affinché un ciclo cominci, esso non inizierà mai. Ecco, regalateci un nuovo inizio: non vorrei arrivare a fine 2024 e scoprire che un altro anno è trascorso ineluttabilmente senza nessun sussulto…
Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.
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