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BOLOGNA, ITALY - MARCH 06: Ivan Juric head coach of Torino FC reacts during the Serie A match between Bologna FC and Torino FC at Stadio Renato Dall'Ara on March 06, 2022 in Bologna, Italy. (Photo by Mario Carlini / Iguana Press/Getty Images)
Sono un grande fan della match analysis, nel senso che mi piace l'idea di studiare attraverso i numeri e le dinamiche "misurabili" la prestazione sportiva. Una delle cose che mi ha colpito di più quando mi sono avvicinato a questa disciplina è stato sapere che, mediamente, un allenatore ricorda solo il 30% di ciò che avviene in campo durante una partita di calcio: per semplificare, quindi, la match analysis lo aiuta ad analizzare il restante 70% fornendogli i dati e gli strumenti necessari a trovare le risposte che cerca sulla prestazione della sua squadra. D'altronde oggi in conferenza stampa gli allenatori sono tutti solerti nel portare all'attenzione dei giornalisti i dati di una partita, sciorinando, ad esempio, percentuali sul possesso palla, sulla pericolosità o sull'occupazione della metà campo offensiva, proprio per supportare con i dati la bontà del lavoro svolto, al di là del semplice risultato finale.
Il problema di fondo, però, e, ripeto, lo dice uno a cui la match analysis piace, è che il calcio non è uno sport così facilmente assoggettabile a questa disciplina al contrario di tantissimi altri sport, a cominciare da quelli tipicamente americani. Non molti ricorderanno un film con Brad Pitt, "Moneyball - l'arte di vincere" in cui si raccontava come attraverso un metodo rivoluzionario basato su statistiche estrapolate proprio dalla match analysis il manager degli Oakland Athletics riuscì a costruire una squadra vincente con un budget molto limitato. Chiaramente ci sono sport dove la match analysis può avere un impatto più decisivo proprio perché il calcio ha delle sue peculiarità che sono difficilmente incasellabili nei freddi numeri. Quante volte le partite finiscono con punteggi che non rispecchiano i valori in campo o anche solo le prestazioni delle due squadre? Il bello del calcio probabilmente è proprio questo, che lascia più spazio di altri sport all'imprevedibilità, all'imponderabilità e alla capacità del gesto tecnico del singolo individuo di incidere sul risultato. Perché vi dico tutto questo, vi chiederete. Perché le tante parole e le tante opinioni che girano attorno al calcio derivano proprio dalla difficoltà di inquadrare il calcio all'interno di numeri che inequivocabilmente sanciscano una sorta di "verità assoluta".
Lo tocchiamo con mano anche noi tifosi del Toro che siamo perennemente divisi su questo o quell'altro giocatore e su questo o quell'altro allenatore e pure sulle interpretazioni delle prestazioni di ogni partita. Nel calcio l'unico numero che è sicuro è il risultato finale: da lì in poi tutto diventa opinabile, forse anche troppo, e genera milioni di parole e di differenti punti di vista.
Parlando strettamente di Toro, il pareggio di Bologna rientra a pieno titolo nella dinamica sopra descritta. Un punto che a parer mio sta stretto ai ragazzi di Juric e che è stato condizionato, ad esempio, da una variabile che nessuna match analysis del mondo può prevedere: l'errore dell'arbitro (e ancora più grave del Var!) sulla sciocchezza di Medel che avrebbe dovuto portare un penalty ai granata. Quel rigore molto probabilmente avrebbe spezzato l'equilibrio della partita e portato a un risultato che, non possiamo dire con certezza sarebbe stato ancora più positivo per il Toro, ma sicuramente diverso dallo zero a zero finale.
Il Torino è ancora alla ricerca dei punti necessari a sancire l'acquisizione della salvezza e già qualcuno ha lanciato l'allarme in vista di un finale di campionato in cui affronteremo 6 delle prime 7 squadre della classifica con la spada di Damocle sulla testa della statistica che vuole le squadre di Juric calare di rendimento nel girone di ritorno. Di sicuro questi due elementi, così esposti, non possono non preoccupare, ma siccome il calcio spesso sfugge a queste previsioni potremmo portare tesi diametralmente opposte a quelle citate dagli "allarmisti". Ad esempio potremmo dire, evitando di citare le ottime prestazioni fatte nel girone di andata con tutte le big visto che le prestazioni non sempre portano punti, che nel girone di ritorno nell'unica partita giocata contro una big abbiamo ottenuto un punto (nel derby) e che quando abbiamo affrontato la squadra che attualmente sta all'ottavo posto, la Fiorentina, abbiamo ottenuto una vittoria schiacciante. Oppure potremmo dire che l'anno scorso proprio il Verona di Juric nel suo girone di ritorno "in calando" fu l'artefice della mancata qualificazione Champions del Napoli che sulla carta avrebbe dovuto vincere facilmente la gara con gli scaligeri. Per non parlare del crollo del Milan, e relativo addio alle chance di scudetto, con lo Spezia salvatosi poi alla terzultima giornata battendo proprio il Toro. Insomma la pelle dell'orso nel calcio la si può portare a casa solo dopo aver ucciso l'orso... Ragionevolmente possiamo quindi dire che il Torino si salverà perché ha dimostrato di essere una squadra compatta e capace di ottenere risultati attraverso un'identità di gioco precisa. Questa considerazione, peraltro, non esclude altri scenari improbabili, ma statisticamente possibili, tipo quello di retrocedere perdendo tutte o quasi le ultime undici partite o di andare in Europa vincendo tutte o quasi le ultime undici partite.
È il calcio, bellezza, come direbbe qualcuno. Non ci resta quindi che vedere come finirà, a cominciare dalla sfida, sulla carta "impossibile", con l'Inter di Inzaghi…
Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.
Disclaimer: gli opinionisti ospitati da Toro News esprimono il loro pensiero indipendentemente dalla linea editoriale seguita dalla Redazione del giornale online, il quale da sempre fa del pluralismo e della libera condivisione delle opinioni un proprio tratto distintivo.
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