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Il Toro, Rosati e le logiche del calcio

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Il Granata Della Porta Accanto / "Investire" su un terzo portiere appare quasi come buttare via i soldi, ma spesso le cose vanno analizzate con un occhio diverso…
Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 

È sempre difficile formarsi un'opinione precisa e circostanziata riguardo a fatti o persone di ambienti ai quali siamo estranei. Noi parliamo di calcio, discutiamo di calcio, amiamo il calcio, ci arrabbiamo per il calcio, ma non essendo addetti ai lavori spesso facciamo fatica a comprendere le logiche del mondo del calcio che, un po' come accade in ogni ambito lavorativo o anche solo sociale, ha le sue regole non scritte, le sue dinamiche e le sue peculiarità non sempre di immediata comprensione per chi le osserva dall'esterno.

Il rinnovo del contratto, per due anni, ad Antonio Rosati, terzo portiere l'anno scorso con zero minuti giocati, rientra in buona parte nell'ambito delle considerazioni appena enunciate.

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Immagino che molti, come me, si siano domandati se i soldi, al lordo, dello stipendio del buon Rosati (una cifra non lontanissima dal milione di euro in tre anni) non potessero essere investiti in qualcosa di più fruttuoso o duraturo di un terzo portiere che, di fatto, non è mai sceso in campo e mai vi scenderà. Ragionamento che non farebbe una piega ancor più pensando che il Toro sforna quasi ogni anno buonissimi portieri dal suo vivaio e uno di questi potrebbe, a turno, ricoprire il ruolo di terzo (come fece Cucchietti un paio di stagioni fa) senza per forza impegnare risorse economiche in un elemento esterno. La logica del "buon senso" sarebbe proprio quella di dire: non prendo un Rosati, promuovo un ex Primavera e con i soldi risparmiati ci costruisco mezzo Robaldo. Mica male, no? Senza nulla togliere, ovviamente, al Rosati, uomo e giocatore, descritto dai più come professionista esemplare e ottima persona.

Fin qui tutto liscio, se non fosse che ci si dimentica di un particolare che in realtà è fondamentale quando si parla di calcio e di sport in generale: le società sono fatte di persone e l'interazione positiva di queste persone, unita alle capacità professionale delle medesime, crea le condizioni favorevoli o meno al raggiungimento degli obiettivi.

Per cui se da un lato è ovvio e forse anche scontato che il Toro possa fare a meno di Rosati come terzo portiere, dall'altro il suo ruolo all'interno del gruppo, come uomo e come calciatore, è stato considerato importante al punto da investire quella somma per garantire una certa tranquillità a chi quel gruppo lo deve gestire e deve portarlo a raggiungere dei risultati di un certo livello. Un po' come se in un motore di un'auto si inserisse un componente un po' più caro rispetto ad un altro equivalente con la certezza che il motore a lungo andare girerà meglio. E senza dimenticare poi che per noi tifosi non addetti ai lavori il ruolo del portiere è ancora più difficile da valutare rispetto ai giocatori di movimento. Prova ne è il fatto che fino a tre/quattro anni fa Hart e Sirigu erano considerati portieri di livello equivalente eppure l'inglese al Toro non ha dato quel valore aggiunto portato dal numero uno sardo.

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In sostanza voglio riflettere, e far riflettere, sul fatto che spesso ci lasciamo prendere la mano dalle valutazioni sui giocatori o sull'operato della società quando probabilmente se fossimo più addentro alla quotidianità della gestione di un club di calcio avremmo un quadro diverso sul senso di certe operazioni. Giusto per noi tifosi continuare a dire la nostra su certe cose perché in passato spesso ci abbiamo visto lungo su errori o mancanze nelle scelte della dirigenza, però dovremmo anche saperci fidare un po' di più di chi ha maggiormente il polso della situazione e prende decisioni, si spera, a ragion veduta. In fondo, per fortuna, difficilmente l'esito di una stagione viene deciso da un terzo portiere: sono ben altre le decisioni e le mosse sulle quali valutare l'operato di chi è chiamato a rinforzare la rosa e a far crescere il Toro sempre di più.

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.

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