Vince il Toro in campo, mettendo altri tre importanti mattoncini per arrivare il prima possibile ai fatidici 40 punti e garantirsi un finale di stagione senza patemi e con l'obbiettivo di gettare le basi per una crescita generale dei singoli e della squadra.
Il granata della porta accanto
Juric parla “da presidente”: dentro e fuori dal campo la sua rivoluzione continua
Il Granata della Porta Accanto / L'algida presidenza Cairo messa a dura prova dal "fuoco amico" del mister croato: e che bella iperbole uno Juric presidente del Toro!
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Resta invece un po' di turbolenza fuori dal campo dove le "picconate" di Juric alla dirigenza non accennano a placarsi e la situazione rimane sostanzialmente ambigua: una continua partita a scacchi dove Juric cerca di fare leva sul presidente mettendolo costantemente di fronte alle proprie responsabilità su tutto ciò che riguarda le strategie di crescita del club. È bello vedere la squadra affrontare le partite di petto, provando ad imporsi nel gioco e nel ritmo come avvenuto quasi integralmente col Bologna e non sarebbe affatto male, di conseguenza, vedere la società agire nelle questioni extra campo proprio come fa la squadra di Juric: con coraggio, con decisione, con voglia, magari facendo anche degli errori, ma con un piglio del tutto diverso da quello tenuto negli ultimi 16 anni.
Ha ragione il mister quando dice di essere più aziendalista del presidente: lui vuole un progetto su cui lavorare, del materiale, non costoso ma con una certa prospettiva, con il quale dimostrare la propria bravura di allenatore. Poi certo serviranno anche i risultati, ma senza le basi da cui partire ed un'idea di obiettivo a cui tendere e di progetto che serva da spartito al quale attenersi, nulla ha senso, sportivamente parlando. E allora dopo ogni conferenza di Juric e dopo anni passati a chiedersi un po' tutti la stessa cosa, la domanda rimane sempre la stessa: cosa spinge Cairo a NON fare come gli viene indicato dal mister e precedentemente da tifosi, stampa ed opinione pubblica? Quale arcano motivo impedisce ad un imprenditore di seguire la via più "facile" per ottimizzare (o almeno provare a farlo) i risultati sportivi?
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C'è qualcosa di talmente assurdo in tutto questo da sedici anni a questa parte che qualunque logica di buon senso si voglia applicare alla gestione Cairo del Torino FC fa acqua da tutte le parti. Ci voleva il Grillo Parlante-Juric per urlare nelle orecchie di Pinocchio-Cairo tutte le cose che Geppetto-tifosi e la Fatina Turchina-opinione pubblica gli andavano ripetendo da tempo: o forse davvero lui ascolta solo il Gatto e la Volpe dei quali fatichiamo, però, a trovare una corrispondenza in questo parallelismo con la realtà? La favola di Collodi finisce bene e Pinocchio si trasforma in un bambino: che anche il nostro presidente alla fine si trasformi in un tifoso? La storia finora sembra dirci il contrario.
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E nemmeno sembra ipotizzabile una cessione del Toro da parte sua nel prossimo futuro. Nel rimescolamento di presidenti/proprietari della serie A (gli ultimi ad uscire di scena sono stati Preziosi e Ferrero in maniera diametralmente opposta) a parte Lotito, che vivacchia nei quartieri alti ben ancorato ai palazzi di potere del calcio italiano e i Pozzo, che tra Udinese e Watford proseguono nel loro progetto di guadagno attraverso il calcio, è rimasto il solo Cairo ad essere ancora lì senza apparentemente conferire un senso alla sua proprietà: in un limbo mediaticamente poco redditizio, vive la sua presidenza con l'entusiasmo di un attore di Broadway alla cinquecentesima replica dello stesso spettacolo, imperterrito, coraggiosamente ed un po' impudentemente, dichiara che il Toro ha i suoi stessi valori nella vita. Peccato che il Toro sia passione, fede cieca, voglia di sovvertire i pronostici, e nella presidenza Cairo nulla di tutto ciò ha mai fatto anche solo minimamente capolino. Il Torino di Cairo è algido, spento e tremendamente scontato quanto i risultati dei derby giocati in questi ultimi sedici anni.
E siccome sceicchi e bevande energetiche che mettono le ali non potranno mai mettere le mani sul Toro perché Cairo non è disposto a trattare e, anche se lo fosse, di certo pressioni cittadine di un certo livello "sconsiglierebbero" questi potenziali investitori dall'idea di competere nella "loro" città, almeno come tifosi culliamoci nell'illusione che il nostro Robespierre croato metta in atto dall'interno una rivoluzione sostanziale nella gestione del Toro. Formalmente abbiamo capito che non cambierà nulla, ma per lo meno nella pratica sarebbe bello che il nostro mister ce la facesse a produrre una certa inversione di tendenza. Anche nella testa di quei tifosi che a fronte delle sue critiche alla dirigenza continuano ad avere il riflesso pavloviano di rispondere: “Compralo tu, il Toro" . Ma magari lo comprasse lui! Juric, ipse dixit, è più aziendalista di Cairo e sarebbe un presidente ideale. Scommettiamo che ci darebbe molte più soddisfazioni anche da dietro una scrivania?
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