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La linea Juric: l’ultimo appiglio per i nostalgici di un “certo Toro”
Vlahovic alla Juve è la pietra tombale sul calcio fatto di attaccamento alla maglia e identificazione in un club. Sorvolando sul fatto che oltre 70 milioni (cioè l'equivalente del budget di gestione di una qualunque società di fascia medio alta in serie A) per un solo giocatore sono uno schiaffo a qualunque idea di Fair Play finanziario, considerato anche che il club che lo ha preso ha appena fatto una ricapitalizzazione da 400 milioni di euro, il passaggio del bomber serbo dalla Fiorentina alla Juventus ha segnato l'ennesimo colpo mortale a quell'idea romantica che una società non di primissimo livello possa "sedersi" al tavolo delle grandi e provare a spartirsi con loro (almeno) un pezzo della torta: se un giovane fortissimo come Vlahovic, cresciuto nella Fiorentina, non crede che 6 milioni di euro (questa era l'offerta di Commisso all'attaccante serbo) possano valere la candela per provare a trasformare la sua squadra in un collettivo vincente, vista anche la presidenza ambiziosa del magnate italoamericano e una gestione molto attenta agli aspetti importanti del calcio moderno (vedi, ad esempio, la costruzione del favoloso centro sportivo Viola Park) allora vuol dire che nessuna realtà media potrà mai fare il salto di qualità ed aspirare a vincere qualcosa.
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Anche l'Atalanta fa fatica a fare l'ultimo pezzetto di scalata e pur in una gestione virtuosa di cessioni a peso d'oro e acquisti mirati non riesce a costituire uno zoccolo duro permanente che possa davvero imporsi in Italia (e Gosens all'Inter ne è l'emblema). Il Cagliari di Riva, il Toro di Radice, la Sampdoria di Boskov resteranno degli unicum nella storia del calcio italiano perché il sistema non permette più di creare rose forti se non nel solito ristretto numero di squadre (Juve, Milan, Inter, Napoli e in parte le romane): per gli altri vale il principio del porto di mare con giocatori che si affermano e se ne vanno. Impossibile aprire un ciclo per queste società anche perché non c'è più la spinta dei giocatori stessi a rimanere per vincere in un posto che non è "abituato" a farlo. Certo in questo i procuratori giocano un ruolo più che decisivo e le commissioni ormai fuori controllo che prendono (si parla addirittura di 15 milioni nel caso degli agenti di Vlahovic…) sono la spia che Fifa e UEFA dovrebbero correre ai ripari se non vogliono che il calcio finisca in mano a questi Mangiafuoco moderni.
Per noi romantici del calcio e idealisti di un Toro che ci ostiniamo a voler cercare nella realtà moderna ma che ormai non c'è più da tempo, è stato Ivan Juric a gettarci un ancora di salvezza dettando la sua "linea" sia tattica sul campo, che strategica fuori. Sul rettangolo verde si vede finalmente di nuovo una squadra giocare a calcio, e già questo potrebbe essere elemento sufficiente a differenziarlo dal recente passato, per di più con le caratteristiche che noi tifosi granata amiamo: ardore, grinta, ritmo, aggressività, determinazione, caparbietà. Un piacere per gli occhi e per il cuore dopo le sofferenze degli ultimi due anni. Ma il capolavoro di Juric sta in quello che è riuscito a fare influenzando le strategie societarie: sul mercato, sulle strutture, sulle professionalità di staff e dirigenti. L'immobilismo di Cairo è stato pubblicamente denunciato dal mister croato e i primi effetti di questa sua battaglia per rendere il Torino FC una società all'altezza del livello del calcio di oggi si incominciano a vedere in maniera tangibile, in primis nella strategia di mercato attuata dal ds Vagnati. Acquisti o prestiti con diritto di riscatto di giocatori giovani e di prospettiva (Zima, Warming, Brekalo, Pellegri, Ricci) e cessioni di giocatori strapagati e fuori dal contesto tecnico tattico disegnato da Juric (Rincon, Baselli, Verdi, forse Izzo e Zaza, e ahimè a giugno pure Belotti).
Restiamo aggrappati alle convinzioni granitiche di Juric di avere in mano la ricetta per risollevare il Torino coniugando i suoi valori storici (tremendismo, attenzione ai giovani) con le esigenze del calcio business. Il suo carisma potrebbe in un medio lungo periodo convincere i migliori a formare uno zoccolo duro, per scalare le gerarchie (fin dove è possibile…) del calcio italiano, ma qui siamo già nel campo dei desiderata miei personali più che nelle reali possibilità di che ciò avvenga. Juric sembra nato per stare al Toro con un atteggiamento "da Toro", ma sappiamo che non sempre le cose vanno come desideriamo. Io mi godo il momento e mi attesto sulla "linea Juric", la nostra ultima linea Maginot prima di capitolare definitivamente schiacciati dal calcio business...
Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.
Disclaimer: gli opinionisti ospitati da Toro News esprimono il loro pensiero indipendentemente dalla linea editoriale seguita dalla Redazione del giornale online, il quale da sempre fa del pluralismo e della libera condivisione delle opinioni un proprio tratto distintivo.
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