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La luna nel(i) Pozzo…
Non mi stancherò mai di ripetere che vorrei vedere da questa società "qualcosa di granata" nel modo di essere gestita perché alla fine è veramente solo questo che i tifosi del Torino chiedono da ormai troppo tempo al presidente Cairo. Se Nanni Moretti a fine anni Novanta invocava D'Alema chiedendogli di "dire qualcosa di sinistra", io nel 2022, cioè oltre 17 anni dopo che ha preso le redini del club, chiedo a Cairo che "faccia qualcosa di granata".
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Iniziative interessanti ne sono anche state fatte, non ultima ad esempio quella di portare tutte le giovanili a Superga per una messa commemorativa di inizio stagione oppure quella di fare entrare i ragazzi del vivaio gratuitamente al match di Coppa Italia con il Cittadella o anche la distribuzione dei kit scolastici del Toro a tutti gli alunni delle classi prime nelle elementari torinesi. Tante belle rondini che nel cielo del Torino faticano a fare una vera primavera perché poi, di fondo, mancano sempre alcune fondamentali cose come i veri investimenti in strutture e staff a livello di settore giovanile.
C'è poi il mondo della prima squadra che è poi quello su cui si regge tutto il mondo Toro: anche qui dopo l'ennesimo derby perso e lo sfogo di Juric ("ho preso tre schiaffi ed ho fatto tre passi indietro" rispondeva a chi gli chiedeva se sperava nel mercato di gennaio…), la situazione appare impantanata nel senso che nonostante il lavoro del mister e la crescita di parecchi giocatori non ci sono le basi vere per un salto di qualità. La classifica è ancora relativamente tranquilla, ma i prossimi impegni con Udinese e Milan potrebbero far dire cose diverse fra una decina di giorni.
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Proprio la sfida con i friulani di Sottil, vera rivelazione del campionato sin qui, riporta di moda in un momento chiave dell'attualità granata il paragone con presidenti che rispetto a Cairo sembrano avere un'altra marcia nella gestione di un club di serie A. Era capitato a inizio campionato con Percassi e i suoi soci americani di fare un raffronto fra il Torino e l'Atalanta, non può che essere lo stesso ora se paragoniamo il nostro editore alessandrino con la famiglia Pozzo, da trent'anni a capo dell'Udinese.
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Se è vero che nelle ultime stagioni i friulani hanno di fatto lottato per la salvezza, allargando l'orizzonte temporale di un paio di decadi non è un segreto scoprire quanto i Pozzo abbiano fatto per la Udine sportiva, a livello di strutture (la Dacia Arena su tutte) e a livello di risultati (i friulani non hanno più visto la B). Partecipazione alle coppe europee, grandi giocatori transitati in Friuli, mega plusvalenze e sinergie con club inglesi e spagnoli hanno caratterizzato la loro gestione, apprezzata da molti. È vero, non hanno vinto nulla, e questo per molti è un valido argomento per dire che noi del Toro non possiamo pretendere di pensare di vincere qualcosa se, big a parte, nessuno ha mai vinto niente in Italia nell'ultimo quarto di secolo.
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Il punto però è che almeno i Pozzo hanno fatto sognare la piazza di Udine come lo ha fatto Percassi a Bergamo: realtà provinciali che si sono ritrovate, con metodo e programmazione, a sfidare i top club italiani. Se qualcuno, però, pensa che questo articolo sia scritto per chiedere a Cairo di seguire il modello Udinese o il modello Atalanta si sbaglia di grosso. Non voglio affatto indicare la luna nel(i) Pozzo, passatemi il gioco di parole, cioè indicare qualcosa di impossibile, perché non è replicando ciò che è stato fatto a Udine o Bergamo che il Torino può tornare ad essere Toro. Certo, alcuni spunti interessanti nelle gestioni dei Pozzo e dei Percassi sarebbero da prendere in prestito, ma la differenza di piazza, quella granata ha una storia ed una sua peculiarità nel bene, ma anche in piccola parte nel male (pressioni ed aspettative più elevate), non permetterebbe di tramutare in successo la politica applicata da Udinese ed Atalanta che hanno piazze calde ma "più pazienti".
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Il modello da seguire Cairo ce l'avrebbe sotto il naso, se solo avesse il garbo di aprire uno delle centinaia di libri scritti sulla storia del Toro: è il Toro stesso, quello vero, quello del passato, il modello da seguire! Un pacchetto completo "chiavi in mano" con i suoi valori tradizionali inclusi, a portata di mano, al quale Cairo dovrebbe solo dare qualche aggiustatina per adattarlo all'evoluzione dei tempi.
L'Udinese non va invidiata, né presa a modello. Va sfidata e provata a battere sul campo come avverrà domenica pomeriggio, ma non guardata con sospiro. Facciamo "qualcosa di granata", il presidente faccia "qualcosa di granata" e la magia di colpo tornerà. Così come torneranno le persone allo stadio e i bambini con le maglie granata a scuola. Non è difficile, basta cominciare…
Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.
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