Più che il pareggio di Marassi, un punto guadagnato per quello che si è visto in campo, dove il Toro non è riuscito, come da tradizione, a dare un'accelerata al proprio campionato facendo un filotto di punti dopo la bella vittoria contro il Napoli, è stato l'annuncio di esternalizzare l'area scouting alla società di Pecini a scatenare il dibattito fra i sostenitori granata in quest'ultima settimana. Sebbene il Toro resti in scia della zona Europa in campionato, le vicende di campo non scaldano più di tanto noi supporter più appassionati a causa di una certa triste, quanto perniciosa, assuefazione alla mediocrità della classifica del Torino. Anche quando, infatti, si accende una scintilla come accaduto contro l'Atalanta o contro i partenopei campioni d'Italia, la squadra non è mai in grado di far divampare un falò di entusiasmo nella torcida granata centrando una serie di risultati che possa far pensare ad una vera svolta.
Il granata della porta accanto
L’esternalizzazione dello scouting: una “Cairata” che può funzionare
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A intristire di più è anche l'atteggiamento spesso rinunciatario di questa squadra che quando potrebbe volare sulle ali dell'inerzia positiva, si accontenta di giocare facendo poco di più del semplice “compitino”. Di questo aspetto si è dibattuto più volte anche in passato: c'è chi lo imputa ai giocatori che non sarebbero in grado di andare oltre i propri standard, chi accusa l'allenatore che non è abbastanza bravo da fare un salto di qualità nella gestione della rosa e delle partite stesse, chi invece accusa il presidente reo di non infondere ambizione in nessuna componente della società. D'altronde una società ridotta organicamente all'osso e senza figure di spicco al suo interno che sappiano guidarla nei marosi del livello più alto del calcio italiano, e perché no, europeo, non può che essere almeno concausa di una squadra che non si schioda dalla mezza classifica. Cairo l'ha impostata così e così ce la teniamo finché sarà lui a reggere il timone.
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Non stupisce quindi che una società depatrimonializzata dove la sede, lo stadio, il centro sportivo e il centro per le giovanili sono in affitto, abbia scelto per lo scouting di avvalersi di una società terza per scovare i talenti del domani da portare in maglia granata. Badate bene che non sono così critico su tale decisione per due semplici motivi: il primo è che se in 18 anni non si è riusciti a costruire una propria rete stabile di osservatori, non è certo ipotizzabile che ciò si possa fare ora in poco tempo e né che se anche si fosse provato a farlo, sarebbe stato un successo. Il secondo è che piuttosto che affidarsi ai procuratori, è di gran lunga meglio puntare su una struttura guidata da un uomo rispettato e capace come Pacini il quale ha competenza e mezzi adatti a garantire al Torino il tipo di scouting adatto ad una società non di primissima fascia in termini economici come quella di Urbano Cairo. Non so quali risultati porterà tale collaborazione, né se sarà un buon affare ma sono dell'idea che rimanere a guardare senza fare nulla se non affidarsi alle sole intuizioni del ds Vagnati, sarebbe stato molto peggio del provare a fare un qualcosa che mi sembra piuttosto inedito nel panorama calcistico italiano. Ho mille volte su queste colonne stigmatizzato l'immobilismo del presidente Cairo e in questo caso invece sono soddisfatto del fatto che comunque, sebbene in linea con il suo credo imprenditoriale che non prevede investimenti, ma puro e semplice taglio dei costi, una decisione sia stata presa e qualcosa si sia mosso. È stata la classica “Cairata”, ma per una volta, proprio perché conosciamo il modus operandi del presidente, ritengo che sia stata la migliore mossa possibile per risolvere il problema della scouting. Non si può, infatti ,pensare di competere con chi fattura dal doppio in su rispetto a noi, se non si ha almeno dalla propria l'arma di scovare qualche talento prima che il suo prezzo diventi inavvicinabile per le nostre casse.
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Riccardo Pecini e la sua società Scouting Department rappresentano quindi la migliore opzione oggi possibile in relazione ai diktat di Cairo. Io guardo il bicchiere mezzo pieno e vedo in quest'operazione una svolta in positivo per le future sessioni di mercato del Torino. Poi è chiaro che il talento ha tempi e modi differenti di esplodere e di manifestarsi ed in parte occorrerà anche la pazienza di noi tifosi per trasformare in brillanti almeno alcuni dei diamanti grezzi che ci presenterà Pecini. L'esempio di Zirkzee del Bologna di quest'anno è forse quello più emblematico di ciò che intendo: fino all'anno scorso era estremamente discontinuo e ancora poco consapevole della propria forza, mentre quest'anno sta facendo un eccellente campionato e sta trascinando (non solo lui ovviamente) i felsinei verso un'inaspettata corsa verso le coppe europee. Saremmo stati noi in grado di aspettarlo, come hanno fatto a Bologna? Bravi a scovarlo, bravi ad aspettarlo e bravi anche a farlo crescere con la giusta dose di pressione e di aspettative. La nostra società e la nostra piazza sono all'altezza di simili performance? L'ultima volta che ci è riuscito un qualcosa del genere è stato con Bremer, ma quanti “fallimenti” ci sono stati prima e dopo?
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La priorità è avere gente competente in società nell'area tecnica che sappia valorizzare i profili che si acquisteranno su input di Pecini. Ma anche la tifoseria dovrà avere un ruolo importante: non esternalizziamo, almeno noi tifosi, la nostra storica capacità di amare e supportare i calciatori giovani! Abbiamo meno pazienza di un tempo (e la cosa dopo un trentennio di vacche magre è ampiamente comprensibile…), ma il nostro ruolo è spesso fondamentale nell'equilibrio psicofisico di un calciatore che ancora non ha spiccato il volo: se si sentirà amato dai propri tifosi, sostenuto ed incoraggiato anche quando incapperà in una giornata storta o in qualche episodio negativo, questo lo aiuterà a fortificarsi e a sentirsi più sicuro di sé e più in sintonia con l'ambiente e con la maglia che indossa. Il Toro siamo noi, e amiamo giustamente ripeterlo: dimostriamolo sempre, allora, in tutte le situazioni e di fronte anche a chi secondo noi non è all'altezza della nostra storia.
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Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.
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