Un punto in cinque partite, poi sei in due. Il calcio è così, un momento ti gira male ed il momento dopo vai a gonfie vele. Certo, non stiamo parlando (solo) di fortuna, ma di fare bene, essere compatti sia come squadra che come ambiente in modo da trasformare il più velocemente possibile i periodi no (che ci sono sempre in ogni squadra almeno una volta a stagione) in periodi buoni.
Il granata della porta accanto
L’obiettivo di Juric?
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Dopo il derby sembrava che tutto si stesse sfaldando al Toro e che addirittura anche Juric avesse tirato i remi in barca. Invece la squadra ed il mister sono stati capaci di invertire la rotta e fare punti, oltre a buone prestazioni (solo il derby era stato giocato sottotono, tutte le altre partite erano comunque state disputate su buoni livelli) contro due avversari attualmente quasi proibitivi come Udinese e Milan.
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Dagli altari alla polvere e viceversa è la strada più battuta nel mondo del calcio, in Italia in particolare. Niente di nuovo, al netto di tare e pregiudizi vari. Il Toro di Juric è una squadra da mezza classifica: se la mezza tendente alla vista Europa o la mezza con il fiato sul collo della zona retrocessione, ancora non sappiamo perché dipende da mille fattori tra cui il rendimento dei singoli calciatori e la forza mentale del gruppo.
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L'anno scorso Juric fece un miracolo ridando autostima ad una squadra che veniva da due anni terribili, aiutato in questo da alcuni ottimi innesti (Pobega,Brekalo e Praet) che quest'anno non ci sono più. Probabilmente l'allenatore croato avrebbe preferito non ripartire (quasi) da zero, ma così è stato e ad oggi addirittura il Toro viaggia ad un punteggio superiore a quello della scorsa stagione a parità di giornata.
Il boccone amaro mandato giù da Juric è lo stesso che ci sorbiamo ciclicamente noi tifosi da almeno una quindicina di anni. Vorremmo di più ma ci è negato. That's all, folks (questo è tutto, amici) diceva la sigla finale dei cartoni della Warner Bros negli anni Ottanta, e questo è quanto dobbiamo aspettarci da qui a fine stagione. Certo, le prossime tre partite in una settimana potrebbero proiettarci alla sosta per il mondiale in una dimensione quasi insperata come potrebbero rimetterci coi piedi per terra in quella zona destra della classifica sempre un po' ansiogena. Cambierebbe qualcosa? Dalle parti di via Arcivescovado o corso Magenta a Milano, per essere più precisi, sicuramente no, mentre per l'umore di noi tifosi finire bene questo trittico pre-mundial farebbe tutta la differenza del mondo.
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Se non che anche se ci affacciassimo alla zona Europa rischieremmo di illuderci che il mercato ci potrebbe portare in dote qualche pedina in più per migliorare l'organico ed il risveglio da questi sogni di gloria sarebbe brusco come al solito. L'ha detto anche Juric in conferenza stampa: siamo programmati per altro, ad esempio allevare Pellegri per farlo diventare un top e trasformarlo in una super plusvalenza. Stop. Mi piacerebbe illudermi, non dico di trasformarci in un nuovo Leicester, ma anche solo in un "normalissimo" Athletic Bilbao (orgoglio e piazzamenti), ma l'obiettivo societario è una sorta di "decrescita felice", che poi felice non lo potrebbe mai essere, ma a qualcuno piace pensare che prima o poi noi tifosi lo accetteremo…
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Nel mio inguaribile ottimismo, sono convinto però che Juric voglia fare una specie di all-in sulla Coppa Italia: se azzecchi quattro partite della vita (ma ne bastano anche solo tre perché la semifinale è di andata e ritorno) sei in finale e allora puoi fare qualcosa di memorabile tale da ridestare l'orgoglio fin troppo sopito di noi tifosi. Poi vada come vada, ma una finale sarebbe manna sull'umore di questa piazza e una medaglia sul petto di un allenatore che, a sensazione, il prossimo anno se ne andrà pur con il rimpianto che sarebbe stato l'uomo giusto nell'ambiente giusto. Le prossime tre gare diranno quanto fumo negli occhi di noi tifosi si potrà gettare, poi spero che a gennaio a Milano venga fuori il vero obiettivo di Juric. Di Juric, ovviamente…
Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.
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