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Ma il Robaldo?
Nell'ultimo mese l'attenzione e la preoccupazione di tutti noi si è concentrata, inevitabilmente e giustamente, sull'evento che probabilmente cambierà il mondo per come lo abbiamo conosciuto negli ultimi trent'anni: la guerra in Ucraina.
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Anche l'attenzione per il calcio, da sempre polo magnetico dell'interesse della maggior parte degli Italiani, sembra un po' diminuita e pure la mancata qualificazione dell'Italia ai Mondiali di Qatar 2022 è stata vissuta meno drammaticamente di quella del 2017 proprio a causa degli eventi, questi sì, realmente drammatici, in atto in Ucraina.
Parlare di calcio appare come una forzatura, ma farlo è anche un modo per dare un senso di "normalità" alle nostre vite, scosse dalla paura che da un momento all'altro quella pace, che da quasi ottant'anni davamo per scontata nel mondo Occidentale, possa venire meno con conseguenze inimmaginabili fino a poco tempo fa. Facendo quindi finta che tutto vada bene, mi approccio alle vicende che più mi interessano del calcio, cioè quelle del Toro, con una domanda che continuo a ripetere ormai da tanto, troppo, tempo: ma il Robaldo?
Da un paio di settimane, infatti, si è tagliato il traguardo dei 6 anni dall'aggiudicazione della concessione ventennale dell'area ex Nizza Millefonti ma, ad oggi, quasi nulla si è mosso e siamo praticamente al punto di partenza. L'ultimo intoppo è stato il ritrovamento di rifiuti tossici (a nessuno era venuto in mente che un'area abbandonata da vent'anni potesse aver corso il rischio di essere usata come discarica abusiva da persone senza scrupoli?) che hanno bloccato l'inizio dei lavori in attesa della necessaria ed opportuna bonifica. Ora, alla parola bonifica molti si spaventano pensando a chissà quale procedura sia necessaria, quando semplicemente si tratta di affidare a ditte specializzate il risanamento dell'area che, una volta cominciato, avverrebbe in tempo relativamente breve (diciamo in un lasso di settimane, nemmeno mesi). Ovviamente per bonificare i terreni su cui sorgerà il centro sportivo delle giovanili del Torino occorrono due cose: la volontà di farlo e i soldi, elementi che negli ultimi 6 anni sono apparsi essere il principale ostacolo all'attuazione di questo progetto nel suo insieme.
Ammettendo che parte del tempo perso sia attribuibile a qualche pastoia burocratica di troppo, nessuno può accettare che all'aggiudicarsi una concessione ventennale un soggetto ci impieghi un terzo di questo lasso di tempo solo per far partire i lavori (che comunque non sono ancora partiti!). Credo però che sia difficile che Cairo non avesse ben chiaro che una volta ottenuta la concessione gli sarebbe toccato aprire il portafoglio ed investire nel progetto. Di fronte alle prime difficoltà burocratiche, causate peraltro anche dallo stesso Torino FC che ha richiesto delle modifiche della concessione originale, allungando non di poco l'iter burocratico, il proprietario del primo gruppo editoriale italiano, per accelerare le cose, avrebbe potuto portare pressione mediatica (sappiamo come funzionano certe cose in Italia…) sull'amministrazione comunale dimostrando di avere un reale interesse a forzare i tempi.
Invece la vicenda Robaldo si è trascinata e si trascina con contorni di una lentezza e di un'assurdità quasi kafkiana da sei lunghi anni e le giovanili nel frattempo, e stiamo parlando di un intero ciclo di settore giovanile ormai finito dal 2016 ad oggi, continuano ad allenarsi su più campi sparsi fra la città e la sua prima cintura senza uno straccio di senso di aggregazione e di interscambio tra le diverse annate. Nemmeno l'arrivo di Ludergnani, che da subito nelle sue prime interviste aveva posto l'accento sull'importanza di un centro sportivo comune a tutto il settore giovanile, sembra aver dato una spinta decisiva al Robaldo. E alzi la mano se qualcuno ha mai sentito una parola o visto un atto concreto provenire dal manager di RCS Paolo Bellino che era stato messo a capo dell'area strutture del Torino FC proprio per dare impulso con la sua esperienza in impianti sportivi al progetto del Robaldo. Niente di niente, per non parlare del silenzio ormai perpetuo del presidente sulla questione.
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Ora, alla luce di tutto questo, penso che non sia un'eresia affermare che la gestione della vicenda Robaldo sia stata inequivocabilmente vergognosa e non abbia fatto altro che aggiungere un altro eclatante tassello alle parecchie mancanze di questa gestione societaria. Perché il signor Cairo, essendo il Torino FC un'entità giuridica privata, ha tutti i diritti di spendere, anzi per meglio dire investire (o non investire, come in questo ed in altri casi) i denari della società di cui è proprietario come meglio crede, ma non deve dimenticare che il Torino è un patrimonio di tutti i tifosi che, spendendo i propri soldi in maniera diretta ed indiretta in questa loro passione, ne permettono la sopravvivenza stessa e pertanto hanno il diritto morale di ricevere spiegazioni su come il Torino FC è gestito.
Personalmente fino a quando non vedrò il taglio del nastro all'inaugurazione del Robaldo, mi batterò sulle colonne di questa testata per tenere alta l'attenzione dei tifosi e dell'opinione pubblica sull'inaccettabile ritardo con cui si sta operando in questo progetto di centro sportivo. Che se fosse un caso isolato nell'immacolato curriculum del presidente Cairo, non ci sarebbe problema nel concedergli qualche attenuante, ma visto che sfortunatamente non è così, non occorre ricordare, immagino, che anche il Filadelfia langue in un preoccupante stallo che, di fatto, dalla sua inaugurazione ne ha impedito il completamento dei lotti 2 e 3. Nessuno chiede a Cairo di intraprendere un progetto come quello che ha portato Percassi a trasformare lo stadio di Bergamo in un'arena moderna e funzionale, sebbene quella dovrebbe essere la strada da seguire se uno avesse a cuore lo sviluppo di una società calcistica moderna, ma per lo meno, nel suo piccolo, il presidente non può esimersi dallo smuovere e portare a termine gli impegni presi per il Robaldo e il Filadelfia. Come tifosi possiamo sorvolare sui risultati sportivi perché non sono sempre proporzionali agli sforzi economici, ma di fronte agli investimenti in strutture tecniche ed umane (impianti, allenatori, scout, dirigenti) per far crescere il club non si può che essere intransigenti e pretendere il massimo di quello che può e deve essere fatto. La continua indifferenza di Cairo di fronte alle legittime richieste dei tifosi porterà un giorno a leggere la storia del club sotto un'unica ed inequivocabile interpretazione: ci si ricorderà di Cairo forse come il più longevo presidente alla guida del Torino, ma non di certo come il migliore…
Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.
Disclaimer: gli opinionisti ospitati da Toro News esprimono il loro pensiero indipendentemente dalla linea editoriale seguita dalla Redazione del giornale online, il quale da sempre fa del pluralismo e della libera condivisione delle opinioni un proprio tratto distintivo.
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