Questo pezzo è una sorta di esperimento finalizzato a capire il peso del risultato di una partita sull'opinione di un soggetto medio incurabilmente malato di Toro (e quindi quale miglior cavia se non me stesso?). Nella prima parte parlerò delle aspettative sulla squadra di Giampaolo alla vigilia di Torino - Fiorentina, nella seconda di come queste sono cambiate, in meglio o in peggio, in base al risultato della partita e alla prestazione della squadra.
columnist
Prima e dopo Fiorentina-Torino
PRIMA
Attendo con ansia la prima conferenza stampa di Giampaolo alla vigilia dell'esordio in questo campionato. È stata un'estate strana, unica rispetto a tutte quelle vissute da quando ho memoria. Si è giocato un terzo di campionato tra giugno e luglio e dopo una pausa di un paio di settimane si è ripresa subito la preparazione, comprimendo al minimo lo spazio per ritiro ed amichevoli. Per il Toro è stata in realtà un'estate da calvario, mitigato solo dalla salvezza raggiunta a fatica e da una settimana di calciomercato segnata da ben tre acquisti (Rodriguez, Linetty e Vojvoda), roba che non si vedeva da tempi immemori: il resto un incubo su cui stendere un velo pietoso. Longo ha fatto un'impresa regalando a questa squadra e a questa società la possibilità di rimettersi in carreggiata per superare tutti (o quasi) gli errori commessi nella scorsa stagione: se il jolly sia stato giocato bene, è ancora tutto da capire. Al momento parrebbe di no, comunque…
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Cairo (o Vagnati, o magari entrambi in perfetta sintonia, chi lo sa) ha scelto un allenatore propositivo, Giampaolo, che non amo particolarmente, non tanto per le sue idee tattiche quanto per l'aspetto caratteriale che non mi sembra propriamente "da Toro": ha una precisa idea di calcio, tutto sommato godibile e condivisibile sulla carta, verso la quale la società si è messa, a parole, a disposizione. Come dicevo il mercato è partito a razzo, ma si è arenato quasi subito nella ricerca di quel regista che dovrebbe essere il fulcro in campo del gioco voluto dal mister. A parte Aina e qualche giovane, di cessioni non ce ne sono state e se da un lato ciò è positivo perché è rimasta gente di valore come Sirigu e Nkoulou, dall'altra ricominciamo il campionato sostanzialmente con chi lo ha terminato (malamente) ad inizio agosto, eccezion fatta per i terzini. Il calendario è tosto, l'inizio in salita: due punti nelle prime due sarebbero un bottino molto proficuo, così, a sensazione. Ma al cuore di tifoso non si comanda e vedere nuovamente in campo il Toro è una gioia che si rinnova sempre a prescindere dai risultati.
DOPO
È andata come quando nessuno si aspetta che vada diversamente. Si è perso come da pronostico, ma con un solo gol di scarto preso a dieci minuti dalla fine, tenuti in piedi fino a quel momento dal solito monumentale Sirigu. Dieci minuti che avrebbero potuto dare un senso diverso a questo inizio già di suo povero di entusiasmo. Eppure è solo dopo una partita finita con la ormai consueta delusione, che ci si accorge dell'ingenuità nel pensare che in fondo una svolta sia sempre dietro l'angolo. Il calcio è fatto spesso di episodi, e l'episodio che ti gira a favore sovente incide sul buon esito di una stagione (ma lo stesso vale anche per il contrario).
Si dirà che a Firenze non si vince dal 1976, quasi cinquant'anni, e che forse non era questa l'occasione giusta per farlo, si dirà che la condizione fisica è approssimativa, che la rosa in fondo è la stessa dell'anno scorso (che poi tradotto significa quella che faticava con chiunque appena un mesetto fa…), si dirà che il mercato è aperto sino al 5 ottobre e che ci vuole tempo per vedere i primi frutti della mano del mister. Tutto giusto, ma anche tutto inutile di fronte all'aspetto più preoccupante lasciato da questa sconfitta: la mancanza di una scintilla, anche piccola, che giustifichi la speranza che qualcosa possa cambiare, che un seme sia stato gettato e che una rivoluzione, ancorché con un primo piccolissimo passo, sia iniziata. Continuiamo a vedere Zaza produrre prestazioni inconciliabili con il curriculum di questo calciatore che pare aver dimenticato come si gioca a pallone da quando è sbarcato a Torino. Continuiamo ad esaltare Sirigu (che la Provvidenza lo preservi a lungo! ) senza pensare che il rovescio della medaglia delle sue super prestazioni è la fragilità difensiva di questa squadra. Parliamo di un Rincon leader, e mi può star bene sotto certi aspetti, ma pretendiamo che faccia ciò per il quale non è adatto. Ci aspettiamo che Berenguer esploda, che Ansaldi ringiovanisca di dieci anni e che Izzo torni l'umile scugnizzo dell'epoca pre-Raiola o che Verdi torni quello di Bologna, ma così non è. Diceva Einstein che è sciocco immaginare risultati diversi se si fanno sempre le medesime operazioni… Questa squadra ha bisogno di una svolta: mentale, se Giampaolo riesce nell'impresa di ridare autostima a gran parte del gruppo, o totale con l'innesto di altri giocatori che siano "immuni" dalle scorie della scorsa stagione. Prendiamo un altro paio di giocatori di spessore che tolgano responsabilità a parecchi "reduci" dello scorso campionato: facendo entrare aria pulita nella stanza, chissà che non si respiri tutti meglio. Compresi noi tifosi…
CONCLUSIONI
Fare il tifoso è un mestiere difficile: ci si esalta, si spera e si sogna con poco, ma spesso il risveglio è brusco e deludente. Poi però c'è sempre un'altra partita all'orizzonte ed il carosello si rimette in moto. La Dea è il prossimo Monte Bianco da scalare in bermuda ed infradito. Se il mercato portasse almeno un piumino e degli scarponcini, l'impresa sarebbe meno epica... Per fortuna le partite cominciano sempre tutte dallo 0-0: se non ci credessimo noi almeno un po', che tifosi saremmo?
Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.
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