Fare il calciatore è un po' come fare l'operatore di macchine escavatrici: è un mestiere che si sogna da bambino, ma poi quando lo si fa da grande non è così divertente come quando lo si faceva da piccolo. Ovviamente questo vale per tutti i lavori che, per quanto belli ed appassionanti, hanno le loro spine come ogni rosa che si rispetti. Capita così che due ragazzi di grandissimo talento arrivino a coronare quel sogno coltivato sin dalla tenera età e si ritrovino a scoprire questa dura realtà: il mestiere più bello del mondo ha, ahimè, parecchi lati negativi. Nemanja Radonjic e Pietro Pellegri hanno avuto una carriera differente, ma con due punti di contatto in comune: giocano attualmente nel Torino e non hanno, finora, rispettato le enormi attese che gli addetti ai lavori riponevano in loro.
Il Granata della Porta Accanto
Radonjic-Pellegri: quando l’atteggiamento può fare la differenza
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Il serbo ha una qualità da top player come ama sottolineare Sabatini, il ds che lo ha scoperto e lo considerava un sicuro campione, ma ha sempre avuto un limite alla sua crescita dettato da un carattere e una testa non sempre facili da gestire. L'italiano, invece, è stato un enfant prodige che ha battuto quasi ogni record di precocità (esordio in A a 16 anni ancora da compiere), ma che presto ha scoperto, suo malgrado, di avere dei muscoli di cristallo ed ha passato la maggior parte della sua giovane carriera in infermeria. Entrambi comunque godono della fiducia di Juric che si aspetta da loro una crescita esponenziale, una crescita che farebbe felice anche il presidente Cairo che così si ritroverebbe due signori giocatori sui quali ha scommesso cifre ridicole e sui quali potrebbe fare delle signore plusvalenze.
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A noi tifosi, più che aggiustare i bilanci, interessa aggiustare i risultati sportivi ed in effetti avere Radonjic e Pellegri al massimo delle loro potenzialità sarebbe un'ottima cosa per il nostro attacco. Ma se Radonjic dopo un buon inizio ed un periodo buio culminato con la prestazione oscena durante il derby ha cominciato ad inanellare prove sempre più convincenti intraprendendo, come ha detto lo stesso Juric, "un percorso umano" fondamentale per diventare da scostante ad affidabile, Pellegri, invece, quando sembrava che potesse ritagliarsi uno spazio importante, è stato frenato dagli ennesimi infortuni che ne hanno fatto quasi un caso da Guinness dei Primati della sfortuna. È chiaro però che mentre Radonjic proprio perché teneva un atteggiamento sbagliato lo ha cambiato ed ora sta piano piano raccogliendo i frutti di questa sua inversione di rotta, Pellegri fa fatica a trovare continuità di rendimento, oltre che per la sua debolezza muscolare, anche per un atteggiamento che, a mio parere, non è quello giusto. Premetto che dopo i calvari che ha passato questo ragazzo in relazione alla sua giovane età di atleta, anch'io sarei un po' arrabbiato (per usare un eufemismo…) con la sorte se mi fosse capitato tutto quello che è accaduto a lui, però dall'altro lato ho seguito Pellegri nella sua presenza con la Primavera contro il Lecce ed ho notato quello che avevo già visto in altre occasioni: un linguaggio del corpo molto negativo.
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Il ragazzo ha giocato la sua partita con molta sufficienza, spesso palesemente infastidito dalle giocate dei compagni, tutti più giovani di lui e meno blasonati, e solo in un paio di occasioni ha sfoggiato un paio di giocate dove si è intravista la sua classe. Ha preso un cartellino giallo in maniera molto sciocca per aver palesemente calciato il pallone in seguito ad un fischio arbitrale sfavorevole. Insomma, invece di essere un esempio ed un trascinatore per i ragazzi della Primavera, Pellegri ha sfruttato male l'opportunità che gli ha dato Juric di poter ritrovare minuti e fiducia, eccezion fatta per il dato estremamente positivo di aver fatto quasi ottanta minuti (a ritmi ben diversi da quelli di Serie A, sia chiaro,) senza riportare nessun acciacco. Mai giudicare un libro dalla copertina, si dice, ma nel caso di Pellegri quello che traspare è la sua immagine un po' stereotipata in negativo da calciatore, forse per i tatuaggi, forse per la relazione molto social con la sua fidanzata, forse per quel piglio di chi si sente arrivato, fatto sta che si tende proprio a non avere empatia verso di lui, un'empatia che di solito nasce naturale per le persone così tartassate dalla malasorte come l'attaccante ex Genoa.
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Il punto è che da fuori, e parlo da tifoso, non si vede la giusta umiltà, la giusta voglia, la feroce determinazione che dovrebbe avere chi sta lottando per trovare continuità e per non gettare al vento la propria carriera. Sarebbe bello che anche Pellegri ci offrisse qualcosa di differente, una versione 2.0 di sé stesso, come sta provando a fare Radonjic, giusto per mettere in campo qualcosa di diverso contro la sua malasorte: magari non funziona lo stesso, ma almeno sono sicuro che otterrebbe l'appoggio incondizionato dei suoi tifosi. Un linguaggio del corpo più propositivo, un linguaggio dal quale traspaia la sua voglia di sfidare gli ostacoli che il destino gli ha messo tra i piedi, gli darebbe una mano psicologicamente ottenendo anche il supporto esterno da parte del pubblico che lo farebbe volare sulle ali dell'entusiasmo. Questo Toro ha bisogno del talento cristallino di questi due ragazzi, ma questi ragazzi dovrebbero anche capire che se si facessero trascinare dai valori tipici della tradizione granata, la loro carriera potrebbe prendere una svolta inaspettata e decisamente soddisfacente. Giocare nel Toro non basta se non si gioca "da Toro". Se ci provassero sul serio chi dice che per loro fare il calciatore non tornerebbe ad essere come lo hanno sempre sognato da piccoli?
Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.
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