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Se Cairo prendesse spunto da Mick Wallace…

Se Cairo prendesse spunto da Mick Wallace… - immagine 1
Il Granata Della Porta Accanto/ Il presidente è spesso più preoccupato di parlare alla testa, senza capire realmente che il cuore è l'elemento più sensibile di ogni tifoso granata
Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 

Sono rimasto sorpreso, e in maniera favorevole, lo ammetto, dalle parole di Cairo su Ribery. Il mea culpa presidenziale sulle dichiarazioni, un po' affrettate, rilasciate nei giorni successivi all'acquisto del campione francese da parte della Fiorentina, rappresenta un modus operandi parecchio inusuale nella strategia comunicativa solitamente usata dal presidente. Si trattasse, poi, del primo segnale di un'inversione di rotta nell'approccio comunicativo del patron alessandrino verso i tifosi granata, mi farebbe ancora più piacere perché vorrebbe dire che finalmente i tempi sono maturi per un cambiamento tale da riavvicinare realmente la figura del presidente a ciò che i tifosi vorrebbero che fosse. La gestione di Cairo dell'ultima decina di anni è stata virtuosa dal punto di vista economico e di crescita (sebbene piuttosto lenta) dal punto di vista sportivo, ma mai ha saputo essere completamente apprezzata da tutti i tifosi granata a causa di alcuni scivoloni verbali e di certi comportamenti poco "passionali" del presidente stesso. Ed è sorprendente quanto un comunicatore esperto qual è Cairo non abbia mai (a parte all'inizio durante la "luna di miele") saputo davvero trovare la chiave per parlare al cuore dei tifosi, immagino probabilmente perché più preoccupato di parlare alle loro teste, e a volte alle loro pance, senza capire realmente che invece è proprio il cuore l'elemento più sensibile per ogni tifoso granata.

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Ecco che allora un eurodeputato irlandese con un gesto relativamente semplice quale quello di indossare una maglietta granata nel contesto atipico di una sede istituzionale europea ha raccolto più simpatia tra i tifosi granata che il presidente negli ultimi dieci anni. E il motivo è molto semplice: l'ha fatto col cuore. Mick Wallace, che già aveva esibito la maglia del Toro in una seduta del parlamento irlandese, non è stato ruffiano, non ha voluto ingraziarsi nessuno, ma ha semplicemente mostrato il suo amore verso il Toro e soprattutto il suo rispetto per i valori che da sempre questo club rappresenta e che sono comuni allo sfondo di tante sue battaglie politiche. Vi chiederete cosa questo abbia a che vedere con Cairo, ma in realtà il nesso è chiarissimo e l'episodio dei commenti su Ribery lo dimostra: quando si agisce con lealtà e con la giusta umiltà si entra davvero in simbiosi con la parte più nobile e profonda dell'animo granata. Applausi al presidente, quindi, perché riconoscere di aver sbagliato è un gesto di grande onore ed è stato apprezzato da una buona fetta della tifoseria torinista. Comprare o meno Ribery è una scelta che in un senso o nell'altro può essere discussa e che può avere mille motivazioni pro o contro. Dire invece che Ribery è stato un colpo mediatico non è nient'altro che una scorciatoia comunicativa poco lungimirante: meglio sarebbe stato dilungarsi e spiegare ai tifosi perché il Toro non ha bisogno di Ribery, quale è la politica societaria in tema di salari e qual è la direzione che la società segue nel valutare i profili dei giocatori da prendere considerando età, ruoli, esperienze e attitudini varie. La fiducia nelle proprie strategie e la chiarezza nel condividerle e nel farle capire ai tifosi dovrebbe essere la base del "patto d'onore" tra proprietà e tifoseria. Fa onore a Cairo aver ammesso di aver sbagliato la valutazione su Ribery, ma questa retromarcia non sarebbe stata necessaria se avesse con grande onestà e trasparenza spiegato a tutti il senso del (non) mercato del Toro di quest'estate (perché voglio credere che quell'immobilismo avesse un senso strategico). Tutti dobbiamo essere grati al presidente se oggi il Toro è tornato ad essere una società rispettabile nel panorama italiano. Io credo che Cairo tenga molto al Toro sebbene non ne sia un tifoso viscerale come possiamo esserlo noi. E infatti se in questi quindici anni avesse capito che il calcio vive soprattutto di emozioni al di là dei bilanci, mai e poi mai gli sarebbe venuto in mente di dire ciò che ha detto di Ribery. Anche i sassi sanno che il tifoso (non solo quello granata, ma il tifoso in generale) di tanto in tanto vuole sognare, non può vivere di sola pragmaticità: Commisso, che a questo concetto è molto legato venendo dagli Stati Uniti, Paese che ha istituzionalizzato il capitalismo emozionale, ha preso Ribery principalmente per ridare slancio e vitalità alla tifoseria viola depressa dalle ultime stagioni con i Della Valle (e furbescamente per spianarsi la strada nella sua iniziale esperienza di presidente). Un gesto che sta pagando anche in termini tecnici perché Ribery sta rendendo bene in campo, ma che aveva comunque l'altra finalità, molto più emotiva che pratica, appena citata.

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Il Torino, dal canto suo, non aveva realmente bisogno di Ribery, ma Cairo, con quella sua uscita, sembra ancora non aver capito che ogni tanto deve concedere qualcosa all'immaginazione della piazza se vuole parlare anche al cuore dei tifosi e non solo alla loro testa. Magari sarebbe bastato comprare Verdi a inizio luglio ed immettere una dose inaspettata di entusiasmo nell'ambiente piuttosto che prenderlo comunque a fine agosto (pagandolo lo stesso prezzo…) tra i mugugni dei tifosi, già delusi dall'eliminazione ai preliminari di Europa League. Sono queste piccole grandi sfumature a fare la differenza fra un presidente amato ed un presidente tollerato.

Esiste in Cairo un aspetto nascosto alla Mick Wallace? Se la risposta è sì, allora esorto il presidente a tirarlo fuori e ad agire ogni tanto col cuore nella gestione del Torino. La sua sincerità di questi giorni su Ribery è un ottimo punto di partenza per intraprendere questa strada. Che oltre ad avvicinarlo al cuore della gente granata gli permetterebbe di vivere ancora meglio la sua presidenza calandosi davvero in ciò che il Toro è e rappresenta. Cairo è un po' come se fosse un uomo sposato con una donna fantastica alla quale non fa mancare nulla, ma che non riesce a far sentire speciale perché non le si concede con il giusto trasporto indispensabile in certe occasioni della vita di una coppia.

Il Toro e Cairo, un matrimonio lungo e tutto sommato felice finora: perché sia da favola manca ancora un po' di cuore. È il momento di mettercelo come ci ha ben insegnato Mick Wallace?

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.

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