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Toro, il player trading è una necessità, ma non basta!

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Vendere "bene" i giocatori non è una pratica risolutiva se non è accompagnata da un adeguamento dell'organizzazione societaria.

Durante questa settimana Toro News ha pubblicato un interessante approfondimento a firma di Giacomo Stanchi sui saldi di mercato delle squadre italiane nel periodo 2014/2023 e, in appendice, una classifica dei club europei con i saldi migliori nello stesso arco temporale. Il Toro, che è ciò che ci interessa, chiude questo decennio con uno sbilancio di nove milioni complessivi, il che significa, facendo la "media del pollo" di Trilussa, che il club ha "investito" un milione all'anno nell'acquisto di giocatori: un'inezia per una società che fattura più di 60 milioni annui, meno del 2%. Il punto però non è tanto quanto realmente ha fruttato il player trading al Torino visto che, sostanzialmente l'impatto è stato nullo a bilancio, quanto capire in relazione alle altre squadre quanto la vendita di giocatori e il reperimento di validi sostituti incida sui risultati in campo.

Se allarghiamo infatti l'ottica all'Europa intera, notiamo subito come i primi dieci club di questa speciale classifica, cioè quelli che dal 2013 hanno un migliore saldo positivo tra acquisti e cessioni, siano club importanti che giocano stabilmente le coppe e che vincono spesso qualcosa a livello nazionale. La parte del leone la fanno i club portoghesi che piazzano tre squadre nelle prime dieci posizioni (Benfica primo con quasi ottocento milioni di euro di saldo positivo!), addirittura quattro nelle prime quindici. In questa classifica c'è ovviamente l'Ajax, secondo, storicamente fucina di ottimi giocatori venduti a peso d'oro che hanno portato nelle casse del club un attivo di più di 400 milioni di euro per il sostentamento e la crescita dei Lancieri di Amsterdam. Gli altri nomi sono tutti di società non top, ma comunque di caratura internazionale: in mezzo al Red Bull Salisburgo, la Dinamo Zagabria e il PSV Eindhoven anche le squadre francesi tengono botta a quelle portoghesi piazzando un triplete nelle prime dieci con Monaco, Lille e Lione. Ottimo il piazzamento europeo di Atalanta (undicesima) e Udinese (quattordicesima) che dominano la classifica italiana con le genovesi Sampdoria e Genoa al terzo e quarto posto e il Sassuolo buon quinto. Il Toro è (anche qui…) nono preceduto da Verona, Fiorentina e Roma che di questa classifica è la prima squadra con il bilancio negativo (appena 4 milioni).

Dopo questa sfilza di dati, è interessante passare a fare un paio di considerazioni che da essi emergono. Innanzitutto a livello europeo possiamo dire che i campionati di seconda fascia (Francia, Portogallo e Olanda) sono il terreno perfetto per permettere a club strutturati e di buon prestigio di creare laboratori per fare crescere giocatori portatori di "plusvalenze" future. Questi club garantiscono a questi talenti delle vetrine interessanti e livelli di difficoltà tali da fortificarli ed abituarli a ciò che troveranno nel salto verso campionati più probanti a partire dalla serie A fino alla ambitissima Premier League inglese.

In secondo luogo ciò che emerge è che i club che maggiormente traggono profitti dal player trading sono strutturati anche "culturalmente" per fare questo tipo di operazioni: hanno da un lato le reti scout giuste per scovare talenti, i tecnici e le strutture per allenarli e farli crescere e una componente di tifo che è "abituata" al grande turnover di giocatori compensato da risultati sportivi che, tra alti e bassi inevitabili, sono quasi sempre soddisfacenti per i fan.

Qual è quindi la lezione che un club come il Toro può trarre da tutto ciò? Essenzialmente che se da un lato un player trading in positivo è una necessità di bilancio visti i fatturati modesti del club, dall'altro lato questa pratica non è risolutiva per le sorti economico/sportive della società se non è accompagnata da un adeguamento dell'organizzazione societaria. Il Toro è anni luce lontano dallo scouting di realtà europee come Ajax o Benfica e purtroppo anche lontano per strutture e organizzazione da società anche meno blasonate di quelle olandesi o lusitane appena citate. Il recente successo derivato dalla vendita di Bremer è stato più un caso fortunato che il frutto di un lavoro sistematico. Il Torino non ha strutture per le giovanili adeguate perché dopo sette anni dalla concessione il Robaldo è ancora un progetto su carta invece che una bella realtà e l'ambiente, a differenza di ciò che accadeva fino agli anni Novanta, non è più così fertile da "accettare" di aspettare e rischiare sui giovani.

Inoltre alcuni dati della classifica che citavo all'inizio evidenziano, ad esempio, che il player trading in positivo non è sinonimo di successo sportivo sicuro. Genoa e Samp sono retrocesse negli ultimi due campionati pur avendo un saldo attivo di un centinaio di milioni nella bilancia acquisti/cessioni. E la Lazio, che ha avuto un saldo negativo di 77 milioni (circa 8 milioni all'anno investiti) ha giocato quasi sempre le coppe europee ed ha alzato la Coppa Italia.

In definitiva, se non puoi spendere come Juve, Inter e Milan devi avere un piano alternativo, ma devi creare le condizioni all'interno della società perché il piano studiato abbia una sua possibilità di essere realizzato. Ed in tutto questo è fondamentale coinvolgere i tifosi, la vera anima del club, comunicando in trasparenza dove si vuole andare e come si vuole farlo. Ho sempre chiesto a Cairo da queste colonne di "fare qualcosa da Toro" e le sue ultime mosse lasciano presagire che qualcosa si stia muovendo. Un signore molto saggio mi ha detto poco tempo fa che il giorno in cui Cairo avrebbe pensato di vendere il Torino avremmo visto incrementare il parco giocatori di proprietà, una campagna acquisti sbilanciata verso le uscite di denaro e una maggiore attenzione al marketing (e l'arrivo di Innocenti dall'Inter va in questo senso). Che sia la volta buona? Di sicuro, con lui o con chi potrebbe arrivare, il futuro del Toro va riscritto con un'idea diversa da quella attuata nell'ultimo ventennio.

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.

Disclaimer: gli opinionisti ospitati da Toro News esprimono il loro pensiero indipendentemente dalla linea editoriale seguita dalla Redazione del giornale online, il quale da sempre fa del pluralismo e della libera condivisione delle opinioni un proprio tratto distintivo.

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