Buona la prima si direbbe in ambito cinematografico. Il Torino regola in maniera autoritaria gli ungheresi del Debrecen e si appresta a vivere senza ansie la partita di ritorno forte dei tre gol di vantaggio maturati al Moccagatta. Un ottimo risultato che permetterà a Mazzarri di continuare la preparazione senza l'assillo di avere per forza maggiore brillantezza atletica in Ungheria, potendo invece spostare il tiro all'appuntamento coi bielorussi del Soligorsk nel turno successivo (a meno di una clamorosa rimonta dei danesi dell'Esbjerg che hanno perso 2-0 l'andata).
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Toro, l’incognita della crescita
Al di là di tutti i commenti che ho sentito e letto su questo esordio europeo, la cosa più importante, a mio parere, è aver preservato, con una prestazione convincente confermata da un punteggio forse persino un po' stretto, l'enorme entusiasmo che l'ambiente ha dispensato e continua a dispensare intorno a questa squadra. Il calcio non è una scienza esatta (per fortuna, aggiungerei io…) e spesso gli aspetti psicologici delle sue vicende spostano gli equilibri in termini di risultati finali all'interno di ogni singola stagione. Purtroppo non si può fare copia e incolla da una stagione all'altra e per quanto gli uomini siano gli stessi (o persino migliori), per quanto gli allenatori diano continuità al proprio lavoro sul campo e nello spogliatoio, per quanto i calciatori siano motivati e "sul pezzo", non c'è mai la certezza matematica che la ciambella esca sempre col buco. Ogni stagione vive di vita propria e per questo il fatto di aver cominciato in un certo modo quella attuale è un segnale molto, molto, confortante.
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Sembra banale dirlo ma la continuità nel calcio è la cosa più difficile da ottenere. È quindi rinfrancante constatare che Belotti è il Belotti che conosciamo e ci aspettiamo, che Ansaldi sia sui livelli che la sua tecnica sopraffina gli consente di toccare o che N'Koulou sia il muro che abbiamo scoperto essere da quando il Lione se n'è voluto incomprensibilmente disfare. Ma tutti quelli che hanno giocato (a parte Iago Falque) hanno in generale dimostrato di aver idealmente ricominciato da dove avevano lasciato. È chiaro che la tara va fatta su di un avversario modesto, ma anche sul fatto che tre settimane di preparazione, per quanto light, non siano probanti di uno stato di forma accettabile per gli standard della Serie A. La domanda quindi è: che margini di crescita ha questa squadra al netto di un mercato in entrata che al momento non registra nessun nuovo arrivo? Un tempo, nel calcio un po' nostalgico degli anni Settanta e Ottanta, le rose, numericamente più ristrette rispetto ad oggi, non venivano quasi mai stravolte dal calciomercato e spesso si lavorava con lo stesso gruppo di base di calciatori su un arco di anni notevole, col vantaggio di avere squadre dalla fisionomia e dalle caratteristiche ben precise.
https://www.toronews.net/columnist/il-granata-della-porta-accanto/toro-un-tesoretto-di-entusiasmo-da-non-sprecare/
Al momento il Toro di Mazzarri sta vivendo a grandi linee questa situazione, un po' retrò potremmo definirla, puntando proprio sul gruppo storico dell'anno precedente. A grandi linee la stessa situazione del Tottenham di Pochettino, ad esempio, finalista di Champions. Voglio dire che, magari nel caso degli Hotspurs è stato un caso, ma lavorare con lo stesso identico gruppo ha probabilmente permesso all'allenatore di tirare fuori il meglio da ragazzi che si conoscevano bene e che erano perfettamente integrati fra loro in un'identità di squadra molto marcata. È questa, quindi, la grande incognita del Torino attuale: premesso che almeno due innesti di qualità sono necessari (un'ala/trequartista dai piedi buoni ed un terzino sinistro che possa essere un'alternativa ad Ansaldi), quanto può crescere ancora la rosa attuale? Di sicuro un bel un po' se prendiamo ad emblema Zaza, un giocatore che l'anno scorso ha reso, stando larghi, il 30% del proprio potenziale. Ma anche Meité è un giocatore che se prendesse coscienza dei propri mezzi potrebbe diventare devastante in mezzo al campo, così come Berenguer ha fatto intravedere segnali importanti di crescita nel finale di campionato. La difesa sembra un reparto d'acciaio se Izzo si ripeterà sui livelli da Nazionale che ha raggiunto e se Lyanco e Bremer sbocceranno definitivamente. Il centrocampo può contare sulla certezza Rincon, su di un Baselli dal quale ogni anno ci aspettiamo che diventi "grande" e un Lukic che potrebbe consacrarsi al grande calcio. Insomma le prospettive sembrano rosee, ma come sempre sarà il campo a dire quanto il processo di crescita di taluni giocatori sarà un valore aggiunto al netto delle inevitabili regressioni di qualcun altro ( e l'esempio dello Iago Falque della scorsa stagione deve da riflettere sul fatto che non tutti possono sempre e solo fare bene). Non operare sul mercato, al di là del "caso Tottenham" citato, più unico che raro, sarebbe un delitto imperdonabile. Ma sono certo che nessuno in società, da Cairo in giù, avvallerebbe realmente una simile scellerata scelta. Il Toro è già forte, ma si può sempre renderlo ancora più forte!
Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.
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