Per chi come me parla di Toro su queste colonne con cadenza settimanale, l'estate non rappresenta un buon momento per trarre spunti particolarmente significativi: non c'è il calcio giocato e i giorni passano lenti tra una voce di mercato e l'altra senza che concretamente succeda realmente nulla di trascendentale. Le notizie da commentare sono quindi delle "non-notizie", tipo la scadenza del contratto di Belotti che da qualche giorno non è più un giocatore del Torino a tutti gli effetti o tipo la casella vuota nella categoria volti nuovi dal calciomercato. Nulla di strano in effetti, soprattutto per quel che riguarda il mercato: il Torino, infatti, ci ha abituato a partenze diesel, come si diceva una volta, e a finali purtroppo poco sprint (tranne l'anno scorso dopo che Juric alzò la voce). Aspettarsi acquisti da presentare già al raduno del 4 luglio sarebbe stata una cosa auspicabile vista la peculiarità di questo campionato che va a incominciare che si dividerà in due tronconi netti a causa del Mondiale in Qatar e che imporrà una preparazione più snella a causa dell'inizio anticipato a Ferragosto.
Il Granata della porta accanto
Toro, più prestiti che riscatti
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Così non è stato, a meno che Bayeye del Catanzaro non venga fatto firmare in tempo, e a parte Ricci e Pellegri, gli unici due riscattati dei prestiti della scorsa stagione, veri movimenti di mercato ad oggi non ce ne sono stati in casa granata. Inutile recriminare o prendersela con Vagnati per questa lentezza: soldi non ce ne sono e quei pochi che ci saranno arriveranno dalla vendita di Bremer che al momento è in stand by in attesa che l'Inter venda Skriniar al PSG o che la Juve faccia cassa con De Ligt. Cairo, ormai lo sappiamo, di tasca sua non aggiunge un euro e i denari con cui il Toro si mantiene arrivano dai diritti TV (quest'anno 43,5 milioni) e dalle cessioni. Scordiamoci gesti alla Berlusconi che sta pompando denaro nel mercato del Monza: neanche per sogno! Dopo 17 anni il nostro presidente non ha più margini di sorpresa da offrirci, nel bene e nel male, e pertanto dobbiamo "accettare" che le cose vadano in un certo modo finché ci sarà lui al comando. Personalmente mi sarebbe piaciuto sentir uscire dalla sua bocca un ragionamento di questo tipo: siccome abbiamo riscattato Pellegri a 5 milioni invece che ai 6 pattuiti col Monaco al momento del prestito, questo milione di risparmio lo investirò nel settore giovanile (o nel Robaldo o nel Filadelfia). Temo che rimarrò deluso. E a tal proposito è curioso che proprio qualche giorno fa Cairo abbia tenuto durante un workshop una lectio sui suoi meriti imprenditoriali, sottolineando che oltre a tagliare i costi è anche molto attento e bravo ad investire.
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È curioso, dicevo, perché in tanti anni della sua gestione del Torino FC faccio fatica, oggettivamente, ad elencare investimenti che possano definirsi tali nel club. In infrastrutture? No, assolutamente. In risorse umane (dirigenti, allenatori, scout, etc)? Il minimo indispensabile e a malapena quello. In marketing e comunicazione? Purtroppo no, nemmeno in quest'area che dovrebbe essere quella di sua competenza e dove dovrebbe fare la parte del leone. Il brand Toro, dalle infinite potenzialità per la storia e l'aurea che si porta dietro, ha perso in questi vent'anni appeal, la società patrimonialmente è una scatola vuota ed a livello sportivo si è rimasti in linea di galleggiamento tra alti (pochissimi) e bassi (qualcuno di troppo).
In un quadro del genere pensare al mercato ed aspettarsi grandi cose è francamente da sciocchi. La nouvelle vogue presidenziale sembra ormai essere quella del prestito con diritto di riscatto. Diritto che se non è obbligo viene sistematicamente non esercitato oppure decisamente rinegoziato. Più prestiti che riscatti, dunque. Certo in casi come Pjaca il gioco valeva la candela, forse anche per Pellegri sul cui stato fisico c'erano mille dubbi. Abbiamo goduto di un grande Pobega, di un sorprendente Brekalo e a tratti di un Praet che ci ha fatto svoltare. Ma ci ritroviamo al raduno con Juric che deve di fatto ripartire da zero nella caselle chiave del suo scacchiere, sperando che riesca, con i prestiti che arriveranno e le eventuali scommesse alla Bayeye, a rifare il miracolo dell'anno scorso.
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La gestione dell'intero club, sia per quanto riguarda la parte amministrativa, sia, e qua sta un po' la sorpresa e la svolta dal Covid in avanti, è basata sugli "affitti a tempo": abbiamo una sede sociale in affitto, il campo di allenamento in affitto, lo stadio in cui giochiamo le partite in affitto e i campi per le giovanili in affitto. La cosa che assomiglia di più ad un investimento vero, il Robaldo, è fermo al punto di partenza da sei lunghissimi anni…
A tutto ciò abbiamo iniziato ad aggiungere anche un numero sempre più alto di giocatori "in affitto", cioè prestiti con la clausola del "ci penserò" (il famoso diritto di riscatto). Una volta compravamo a poco per fare plusvalenze, ora prendiamo in prestito, ma non trasformiamo in patrimonio i giocatori che ci interessano e valgono: il caso Brekalo è lampante perché il folletto croato si sarebbe potuto riscattare e poi rivendere viste le ambizioni del giocatore, ma era un'operazione economicamente spaventosa visto il rischio, come in ogni investimento speculativo, di non trovare un acquirente disposto a pagarlo più di quanto pagato da noi. Ecco quindi che senza un piano sportivo di crescita o una forza economica speculativa alle spalle, i prestiti con diritto di riscatto diventano degli affitti "puri" se tanto non c'è la volontà né la forza economica per fare poi il passo successivo.
Mi chiedo quale sarà la prossima frontiera dei mercati del Toro: l'acquisto con reso? Come un qualunque oggetto comprato su Amazon che si può restituire se non piace o non va bene, compreremo giocatori che se non vanno bene o non piacciono al mister o hanno qualche problema fisico si potranno rendere? Meglio nemmeno ipotizzarlo che a qualcuno potrebbero brillare gli occhi e potrebbe prendere questa cosa in seria considerazione…
Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.
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