Non amo e non ho mai amato particolarmente le polemiche: la scorsa settimana scrissi che non capivo l'inversione a U di Cairo sul lavoro che Bava stava facendo in seno alla società portando una sorta di "granatizzazione" dell'ambiente. L'accelerazione sul fronte Vagnati, ufficializzato come ds nel giro di pochi giorni e già operativo grazie alla deroga della Lega Calcio, ha dato il via al nuovo corso tecnico in casa Toro. La prima cosa da verificare era la posizione di Massimo Bava, ds in carica fino alla scorsa settimana e di fatto estromesso nel ruolo dall'arrivo di Vagnati. Io stesso mi chiedevo, con non poca preoccupazione, che futuro avrebbe avuto il principale fautore della rinascita del nostro settore giovanile, ma a quanto pare, almeno fino a prova contraria, si è verificata proprio l'ipotesi che consideravo migliore per il Toro e cioè il ritorno di Bava a responsabile della "cantera". Al di là, infatti, delle grandi aspettative che ci possono essere sulla figura di Vagnati, professionista serio ed ambizioso che però ha ancora tutto da dimostrare ad un certo livello, la vera notizia positiva è stata quella di non perdere le competenze e le capacità di Bava come direttore d'orchestra di quel nevralgico settore che, in particolar modo per il Toro, è il vivaio. Ho letto che il ritorno di Bava al vecchio ruolo è stato presentato come una retrocessione, un ripiego, giustificato solo alla luce di un contratto in essere che lega Bava al Torino per altri due anni.
columnist
Toro, un dg per completare l’opera
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Mi auguro che in realtà le cose non stiano così e che Bava abbia accettato di tornare a fare ciò che aveva fatto in maniera eccellente fino all'estate scorsa per convinzione e senso di appartenenza. Conoscendo il professionista è probabile che piuttosto che essere un peso da "demansionare" e sopportare, se non fosse stato convinto avrebbe dato le dimissioni. E poi ritengo che parlare di tutto ciò in termini di "retrocessione" sia una chiave di lettura sbagliatissima: il settore giovanile è nel calcio moderno uno dei perni nel sostentamento anche economico della società medio piccole e pertanto ricopre un ruolo strategico all'interno di un club. Per storia e tradizione, poi, il Torino ha fatto da sempre del vivaio una miniera d'oro in particolar modo quando all'interno delle giovanili ha avuto uomini che hanno dedicato la maggior parte delle proprie vite professionali a crescere futuri uomini e giocatori (un nome su tutti l'indimenticato Avvocato Cozzolino). Professionisti come Bava, in un contesto come quello del Toro, sono ciò che si definisce persone giuste nel posto giusto e andrebbero incentivati non a cercare altre mansioni, ma a crescere sia in remunerazione che in valore professionale proprio all'interno di questo mondo così difficile, ma così importante.
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Tornando al quadro generale, quindi, appurato il nuovo corso con Vagnati e il ritorno al 100% di Bava nelle giovanili, la struttura societaria sembrerebbe poter contare su professionisti sufficientemente rodati e talentuosi in tutte le aree più prettamente tecniche. Allargando un po' di più la visuale però salta all'occhio la mancanza di una figura che sappia essere sintesi di queste professionalità tecniche e possa gestirne i "bisogni" organizzando le strutture societarie affinché le medesime supportino i ds di prima squadra e giovanili e non avvenga il contrario, cioè che i ds si debbano occupare in prima persona di vicende extra sportive perché rilevano carenze organizzative. Per spiegarmi meglio parto da un esempio molto semplice: tutti sappiamo che Bava è stato tra i più forti sponsor del progetto Robaldo e che al momento il centro sportivo di tutte le giovanili è ancora un progetto su carta. Probabilmente se in società ci fosse stato un manager in grado prendersi carico della questione, non dico che oggi avremmo già il Robaldo fatto e finito (giacché le vie delle burocrazie sono infinite… ) ma quantomeno ci saremmo molto vicini.
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Ecco dunque che l'idea della presenza di un direttore generale con pieni poteri e carta bianca nella gestione della società e delle sue strategie a tutto tondo, porterebbe a pensare di avere finalmente una struttura societaria forte e solida in grado di confrontarsi più agevolmente con gli standard che il calcio moderno impone. Ho grande stima di Antonio Comi che è stato da giocatore un figlio del Filadelfia approdato in prima squadra in un decennio, quello degli Anni Ottanta, ancora "verace" nell'immaginario di noi tifosi granata, e poi da dirigente uno di quelli che maggiormente, insieme a Benedetti, si è speso per il settore giovanile soprattutto nella delicata fase pre e post fallimento. Come direttore generale, e io penso più per direttive presidenziali che per sua scarsa volontà, è rimasto purtroppo una figura di rappresentanza incidendo pochissimo sulla reale operatività della società e ad oggi non lo vedrei comunque come l'uomo ideale per interpretare il suo ruolo in maniera differente e più manageriale. È chiaro che tutto questo mio ragionamento si scontra con le reali intenzioni del presidente Cairo: ingaggiare un grande manager per fargli inaugurare cippi commemorativi o farlo presenziare ad eventi organizzati dagli sponsor non avrebbe alcun senso. Diverso sarebbe il caso di un Cairo convinto della necessità di demandare completamente l'operatività della società ad un super manager con il quale interfacciarsi solo nella definizione delle strategie globali.
Finché non si prefigurerà questo scenario nella mente di Cairo e non vedremo un suo passo indietro nell'ingerenza nelle normali attività del Toro (ad esempio non andare a trattare Verdi con De Laurentiis, ma lasciare ai suoi professionisti l'onere e l'onore di farlo…), il Toro resterà una società "patronale" nella gestione, senza esserlo nel portafoglio. I moderni club hanno manager e professionisti che lavorano in autonomia e rendono conto a fine anno. Vagnati, Bava, il super dg ipotizzato potrebbero costituire un bel gruppo di lavoro adatto al calcio moderno, se lasciati liberi di agire in piena fiducia. Spesso un grande presidente lo è perché è capace di circondarsi delle persone giuste nei posti giusti. Vedremo se Cairo saprà accettare questa sfida della quale le ultime mosse paiono esserne spia…
Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.
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