Per la stima infinita che nutro verso di lui e per il credito che ha saputo costruirsi con i fatti in 30 anni di supporto economico (sponsorizzazioni) al Toro, dovrei credere ciecamente alle parole del commendatore Beretta quando sostiene che "siamo in buone mani" riferendosi alla proprietà Cairo che da 18 anni guida il Torino.
Il granata della porta accanto
Toro, un mercato tra luci ed ombre
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A livello di bilanci probabilmente ha ragione Beretta, ma quanto vorrei che Cairo avesse anche solo la metà della passione verso i colori granata che ha il commendatore brianzolo! Senti le interviste del presidente e immancabilmente sembra di sentire un alieno giunto ieri sul pianeta Terra: giovani, strutture, la Primavera a Torino, "un passo in più quest'anno", tutte belle parole che cozzano terribilmente con la realtà di chi in quasi un ventennio ha fatto poco per il Torino se non tenere i bilanci in ordine. Mica poco vedendo gli indebitamenti di certe squadre, direte, ma il nulla se paragonato ai risultati sportivi, che sono poi il vero obbiettivo di chi gestisce un club, mediocri raccolti in tutti questi anni.
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Al Torino in diciotto stagioni sono cambiate tutte le figure dirigenziali e tecniche oltre a centinaia di giocatori, mentre solo una persona è sempre rimasta lì al suo posto a "dirigere il traffico". Vorrà dire qualcosa? Vagnati si è prodigato a ripetere nella conferenza che ha preceduto la prima amichevole della stagione che "non abbiamo bisogno di vendere nessuno". E sarebbe bello credere che Schuurs e Ricci rimarranno, oltre a essere giusto che sia così se la logica ambizione sportiva è quella di cercare di centrare un piazzamento europeo.
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Eppure il modus operandi di Cairo sul mercato è sempre stato monocorde. Sempre. Per acquistare occorre prima vendere, è da sempre il diktat presidenziale. Diventa quindi difficile pensare che di colpo la musica sia cambiata, contando per di più che Bellanova è già stata una piacevole eccezione. E che Popa e Tameze sono stati due mini investimenti con un certo criterio, compensati dalle uscite di Izzo e Warming. Come faremo, dunque, a prendere Doig? Come faremo a prendere uno o due trequartisti che al momento servirebbero come il pane per alzare il livello tecnico dell'attacco? Vendendo, ça va sans dire!
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E la prima carta da giocarsi in questo senso è Singo, ormai dato per sicuro sacrificato e sacrificabile, visto che non rinnoverà e che forse è quello che i tifosi rimpiangerebbero di meno. Basterà? Con un ricavo stimato di una decina di milioni come faremo a prendere i tre giocatori di un certo tipo che abbiamo poco fa detto essere indispensabili a Juric? E allora, a mio parere, conviveremo tutta l'estate con la paura di perdere almeno uno tra l'olandese erede di Bremer e il futuro centrocampista della Nazionale maggiore ex Empoli. A meno di ricorrere nuovamente ai prestiti con diritto di (non) riscatto oppure a qualche svincolato di lusso (Pereyra e Moutinho le voci più insistenti).
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Si dirà che mal comune mezzo gaudio: tutte le squadre di A prima vendono e poi comprano. In parte è vero, come però è vero che se vuoi modificare i valori in classifica dovrai provare a fare qualcosa di diverso anche sul mercato, altrimenti la forchetta ottavo-quattordicesimo posto diventerà la gabbia "dorata" in cui rimarremo imprigionati ancora a lungo. Juric sembra pronto a fare il suo con il materiale che gli verrà dato (e intanto non parla…), ma il mercato del Toro è destinato a vivere di luci ed ombre fino alla campanella che ne segnerà la fine. Niente di nuovo, niente di diverso. Quanto mi piacerebbe credere alle parole di Beretta. E quanto avrei voluto partecipare al coro "compra il Torino, Beretta, compra il Torino!" che i fratelli granata presenti a Pinzolo gli hanno riservato!
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Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.
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