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Il granata della porta accanto

Toro, undici anni di Serie(t)A’

Cairo

Mantenere la società nel massimo campionato è fondamentale, ma non può essere l'unico obiettivo gestionale e sportivo…

Alessandro Costantino

Ha fatto clamore la statistica riportata su Toronews secondo la quale il Torino si appresterà con il prossimo campionato a giocare per l'undicesima volta consecutiva il campionato di Serie A, una statistica che dietro ai freddi numeri nasconde tutto il dramma del tifo granata "costretto" nell'ultimo quarto di secolo a vedere la propria squadra equiparata ad una provinciale qualunque. Il Torino, vale sempre la pena ricordarlo, è al settimo posto tra le squadre italiane per numero di partecipazioni alla Serie A da quando è stato istituito il girone unico nel 1929-30: dopo l'Inter, infatti, che è l'unico club ad aver preso parte a tutti i 90 campionati sin qui disputati, il Torino con 78 presenze si piazza dietro solo a Juve (89), Roma (89), Milan(88), Fiorentina (84) e Lazio (79). Un certificato di "nobiltà" che stride con le vicende sportive (ed extra sportive) del club granata da metà degli anni Novanta ad oggi. Dal 1996, infatti, il Toro ha disputato ben 10 campionati di B contro i due soli del periodo 1929-1996. Gli undici consecutivi in A, quindi, sono una "notizia", ma di sicuro non rappresentano un vanto. Il tifoso granata ha giustamente l'ambizione di vedere la sua squadra competere con le altre migliori della serie A perché questo è stato da sempre il DNA sportivo del Torino ed il futuro, con qualunque presidente ci sarà al comando, non può prescindere da questo.

La Serie A è una questione di serietà (da qui il gioco di parole del titolo): una gestione oculata dei conti del club, come quella che va riconosciuta a Cairo, è chiaramente indispensabile per mantenere la società nel massimo campionato, ma non può essere l'unico obiettivo gestionale e sportivo. Il calcio è cambiato proprio a partire dagli anni Novanta con l'avvento dei soldi delle pay tv, ma il Torino a distanza di una trentina d'anni avrebbe già dovuto trovare il suo equilibrio in questo "nuovo" calcio. Invece, e qui i 17 anni di presidenza Cairo vanno chiamati in causa eccome, siamo ancora qua a "festeggiare" una striscia di permanenza in serie A di undici anni come una provinciale qualunque. Il Toro avrebbe già da tempo dovuto trovare un assetto societario ed un'ambizione consolidata pari almeno a quella dell'Atalanta che nel "calcio moderno" ha ritrovato un progetto imprenditoriale e sportivo degno dei valori storici del club, ma coniugato con le risorse "normali" di una società, quella bergamasca, che non è di prima fascia e non lo è praticamente mai stata.

Il Torino, oltre a salvarsi tutti gli anni, dovrebbe avere la potenzialità di proporsi, almeno ciclicamente come avveniva in passato, ad alti livelli. La Coppa Italia deve tornare ad essere un vero obbiettivo così come la partecipazione alle coppe europee. La ricetta per farlo è chiara a tutti ed è un mix di tradizione (vivaio forte e grande senso di appartenenza) e modernità (strutture all'avanguardia e tecnici e scout di altissimo livello). Nessuno chiede la luna ma semplicemente competenza e serietà, oltre alla giusta voglia di investire per crescere. Il calcio non è matematica e la storia del Toro lo dimostra con andamenti spesso sinusoidali tra lotta per lo scudetto e salvezze sudate. È più preoccupante invece che negli ultimi trent'anni la sinusoide granata abbia avuto come vertici positivi e negativi il settimo posto e la serie B. La sensazione che Cairo stia facendo "galleggiare" il Toro è ormai quasi certezza e non va bene a nessuno: nelle crisi ci sono le opportunità e il ridimensionamento del calcio che probabilmente ci sarà a causa dei due anni di Covid va sfruttato rilanciando le ambizioni della società e, inevitabilmente, anche della squadra. Non provarci nemmeno potrebbe avere effetti devastanti sulle generazioni future di tifosi granata: un'estinzione lenta peggiore di qualunque fallimento…

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Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.

Disclaimer: gli opinionisti ospitati da Toro News esprimono il loro pensiero indipendentemente dalla linea editoriale seguita dalla Redazione del giornale online, il quale da sempre fa del pluralismo e della libera condivisione delle opinioni un proprio tratto distintivo.

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