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Un Toro da “mal di testa”, in attesa di evoluzione

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Il Granata Della Porta Accanto / Non è questione di ottimismo o pessimismo di noi tifosi, ma di evoluzione di questa squadra: se ci sarà, certi obiettivi potranno diventare raggiungibili
Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 

Tifare Toro non è una roba da mezze misure. Dalle stelle alle stalle e ritorno è il percorso emotivo più praticato dal tifoso granata, vuoi per i continui alti e bassi che a cicli più o meno lunghi caratterizzano la squadra (e parliamo di range temporali che vanno dal decennio all'arco di una stessa partita come accaduto ad esempio col Milan giovedì sera), vuoi per una tara quasi atavica del tifoso stesso che, dalla tragedia di Superga in poi, non ha più saputo ritornare a credere fino in fondo nelle certezze granitiche (e d'altronde è comprensibile dopo un trauma talmente unico e grande come quello di veder scomparire in un attimo la più forte squadra di tutti i tempi…).

Allora prendendola sul ridere si può dire che il Toro è una squadra da "mal di testa" giocando sul fatto che nella partita col Milan l'ha fatto venire a noi tifosi disputando una gara a due volti, da Dottor Jekyll e Mister Hyde, e col Lecce invece ha avuto il "mal di testa di classifica" fallendo la partita che l'avrebbe lanciata al primo posto.

Tornando alle considerazioni serie, invece, è veramente difficile capire qual è il vero volto del Toro di quest'anno. Tanti segnali sono positivi, ma alcuni un pochino più preoccupanti. I numeri dicono che il Toro nell'anno solare 2019 è una squadra da zona Champions League e i numeri di solito hanno uno stretto collegamento con la realtà dei fatti, quindi sono tendenzialmente "credibili". Inoltre la sensazione diffusa è che il gruppo di Mazzarri sia solido e compatto e non si faccia abbattere dalle difficoltà. Sirigu, Belotti, Izzo, Ansaldi, Rincon e, fino al "fattaccio col Wolverhampton" anche N'Koulou, sono gli elementi che per classe, carisma e voglia sono i fari della squadra, quelli che con le prestazioni e l'esempio fino ad oggi hanno trascinato i compagni il più delle volte. Forse il vero problema, però, è il rendimento e la personalità del resto della squadra. Troppi giocatori ad oggi hanno un approccio incostante e alternano partite buone ad altre meno buone senza trovare una dimensione precisa negli equilibri tecnico-tattici dello scacchiere di Mazzarri.

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A complicare il tutto in questa stagione, e qui secondo me ci sono i veri motivi di preoccupazione, la preparazione affrettata (causa preliminari di Europa League) e non omogenea per tutti gli elementi della rosa (sappiamo che molti giocatori hanno incominciato il ritiro più tardi per gli impegni di giugno e luglio con le Nazionali) unita ad una serie di infortuni che hanno coinvolto elementi importanti della rosa come Iago, Djidji, Lukic e Lyanco, oltre ai "promettenti" Edera e Parigini, potrebbe incidere negativamente visto il modo di fare calcio di Mazzarri che fa dell'intensità e della corsa un elemento imprescindibile nel rendimento delle sue squadre.

A mio parere lo spartiacque dello sperato salto di qualità del Torino si giocherà su un doppio binario: da un lato il recupero completo, e per completo intendo con i 90' nelle gambe unitamente al ritmo gara, degli infortunati (si è visto, ad esempio, che Djidji e Lyanco sono ancora lontani da una forma ed un rendimento ideale), in modo da dare a Mazzarri un ventaglio di scelte tattiche più ampio e variegato, dall'altro un'omogeneizzazione dello stato di forma dell'intera rosa in modo tale che l'intensità in campo sia sempre la stessa per tutti gli undici (o quattordici, come ama dire Mazzarri) giocatori che il mister sceglie di partita in partita. È chiaro poi che gente come Berenguer, Meité, Aina, Bonifazi, Bremer, Lyanco o Parigini devono decidere "cosa fare da grandi", cioè mostrare di avere la personalità di affermarsi in una squadra che lotta per le prime 6/7 posizioni della Serie A. A questo si deve aggiungere l'impatto che Laxalt e soprattutto Verdi potranno avere sul tasso globale di qualità che il Toro potrà mettere in campo. Migliorare una squadra in fondo vuol dire anche questo: aumentare il numero di giocatori che, come Belotti e Sirigu, sono decisivi per fare più punti possibili. Va bene l'organizzazione che ha dato Mazzarri, va bene la consapevolezza della forza del gruppo che il mister sta plasmando, ma alla fine della fiera sono i colpi dei giocatori che spesso decidono le partite o le indirizzano verso il risultato sperato.

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E allora non è questione di ottimismo o pessimismo di noi tifosi verso il Toro e i suoi risultati, ma è semplicemente questione di evoluzione di questa squadra: se ci sarà nei modi a cui abbiamo accennato, certi obiettivi potranno diventare raggiungibili, altrimenti si rimarrà al di sopra della mediocrità aggrappandosi alle parate miracolose di Sirigu o ai gol incredibili di Belotti, ma senza poter ambire ad un vero salto di qualità. Con buona pace dei nostri mal di testa…

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.

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